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SONDAGGI

SONDAGGI DE il SOLE 24 ORE

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2009-10-13

Immunità parlamentare: la reintrodurreste

- Sì 14%

- No 86%

2009-10-09

Secondo voi Berlusconi è perseguitato dalla magistratura?

Alle ore 15 del 2009-10-09

- Si 35%

- No 65%

Alle ore 11,20 del 2009-10-10

- Si 36%

- No 64%

Alle ore 18,00 del 2009-10-10

- Si 35%

- No 65%

SONDAGGI DEL CORRIERE della SERA

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2009-10-09

Il ministro Alfano apre alla possibilità di reintrodurre l’immunità parlamentare. Siete d’accordo?

Alle ore 15,20 del 2009-10-09

- No - 84.5%

- Sì - 15.5%

Numero votanti: 19370

Alle ore 18,00 del 2009-10-10

- No 83.3%

- Sì 16.7%

Numero votanti: 31430

I sondaggi online di Corriere.it non hanno un valore statistico, si tratta di rilevazioni non basate su un campione elaborato scientificamente. Hanno l'unico scopo di permettere ai lettori di esprimere la propria opinione sui temi di attualità. Le percentuali non tengono conto dei valori decimali. In alcuni casi, quindi, la somma può risultare superiore a 100

CORRIERE della SERA

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http://www.corriere.it

2009-10-10

"SI' AL DIALOGO CON IL COLLE, MA BASTA CON LE IPOCRISIE, NESSUNO è SUPER PARTES"

Berlusconi: "Non darò le dimissioni,

sono il miglior premier di sempre"

Il premier: "Sono stato sempre assolto, la prescrizione non è una condanna. I processi di Milano sono farse"

Silvio Berlusconi (LaPresse)

Silvio Berlusconi (LaPresse)

ROMA - "Non darò le dimissioni sono il miglior premier di sempre. Sono stato sempre assolto, la prescrizione non è una condanna. I processi di Milano sono autentiche farse. Andrò in tv e lo spiegherò agli italiani. Io sono un argine alla sinistra e vogliono sovvertire il voto degli elettori. Sono in assoluto il maggior perseguitato dalla magistratura di tutta la storia di tutte le epoche del mondo". Silvio Berlusconi conclude alla sua maniera le polemiche politiche susseguenti alla bocciatura da parte della Consulta del Lodo Alfano la legge che prevedeva l'immunità per le 4 principali cariche dello Stato.

GAFFE SULLA MAGISTRATURA - Poi nella sua dura critica alla magistratura di sinistra il premier cade anche in una gaffe involontaria: "Sono un perseguitato dalla magistratura. Il più grande perseguitato della storia, visto che sono stato sempre assolto, con due prescrizioni. Ho speso 200 milioni di euro per i giudici... scusate, per gli avvocati".

RAPPORTO CON NAPOLITANO - Poi Berlusconi ne ha anche per Napolitano: "Non bisogna essere ipocriti. Io sono di destra, Napolitano è di sinistra. Non si deve offendere". Accuse anche contro la Consulta, che, per il premier: "E' stata sleale con il Parlamento".

E dire che dopo gli attacchi dei giorni scorsi contro Corte Costituzionale e Quirinale, Berlusconi aveva tentato in mattinata di smorzare i toni. Il premier affermava che è ancora possibile una "leale collaborazione" con il Colle. All'indomani della nota diffusa dopo l'incontro tra Giorgio Napolitano e i presidenti di Camera e Senato, Fini e Schifani ("Napolitano rispetta la Costituzione"), dunque, il premier aveva tentato un riavvicinamento con il Presidente della Repubblica. A proposito delle frasi degli ultimi giorni ("si sa da che parte sta Napolitano"), Berlusconi però ribadiva la sua idea: "È chiaro a tutti che in Italia non c'è nessuno che si può considerare super partes. Bisogna sgombrare il campo dalle troppe ipocrisie perché la coabitazione tra due parti politiche non è mai facile". Nessuna marcia indietro, insomma, sulle critiche rivolte al Capo dello Stato: "È un fatto che il presidente è sempre stato un protagonista della sinistra e nulla può cambiare la sua storia politica". Berlusconi conclude tuttavia: "Per il futuro sono convinto che sia possibile una leale dialettica tra Quirinale e Governo e sono certo che non ci sarà nessun ostacolo al nostro programma di riforme per cambiare l'Italia".

CONSENSO - E a proposito dell'idea di lanciare una manifestazione di piazza, Berlusconi affermava che non è necessaria. "Siamo al governo - dice il presidente del Consiglio al Tg5 - abbiamo il consenso popolare, un consenso che è aumentato. Se c'è un governo legittimato dal sostegno degli elettori è il nostro. È chiaro che siamo maggioranza e governeremo per cinque anni".

ATTACCO AL CORRIERE DELLA SERA - Poi il premier ha attaccato anche il nostro giornale. "Il Corriere della Sera per nostra sfortuna" è passato da essere "un foglio della borghesia conservatrice a un foglio di sinistra". Questo "ci dispiace molto: sentiamo la mancanza del Corriere che fu".

 

 

La forte irritazione di Napolitano

Quella richiesta arrivata al Colle

Mossa per cercare una sponda sui giudici. L’intervento "riparatore" di Letta

Napolitano e Berlusconi (Ap)

Napolitano e Berlusconi (Ap)

Che cosa intendeva Silvio Berlusconi l’altra sera, quando, nell’attacco a Napolitano, ha detto: "Mi sento preso in giro...", aggiungendo poi "non ho nulla da modificare delle mie dichiarazioni, che potrebbero essere anche più esplicite"? Su quelle frasi lasciate in sospeso il mondo politico ha almanaccato a lungo, ieri, alla ricerca di messaggi nascosti, di secondo grado. Tra i tanti boatos e letture interpretative, la ricostruzione che sembra più attendibile, e finora segreta, è questa.

Mancano pochi giorni alla convoca­zione della Corte costituzionale sul lo­do "immunitario" (come l’hanno bat­tezzato gli inglesi, prescindendo dal no­me del proponente), quando Angelino Alfano chiede udienza al Quirinale. Il ministro della Giustizia si fa portavoce di un messaggio delicatissimo, che sta molto a cuore a Silvio Berlusconi. Chie­de, in sostanza, un intervento del presi­dente della Repubblica sui giudici della Consulta. Infatti, il verdetto è in bilico e la con­tabilità dei voti dentro la Corte sembra via via scivolare verso l’esito più sfavo­revole al Cavaliere.

Così nel governo qualcuno decide di giocare l’ultima car­ta. Quella estrema, perché chiunque co­nosca un po’ Giorgio Napolitano sa che considera una proposta del genere qua­si una forma di istigazione a compiere un delitto contro la Costituzione. Inevi­tabile, dunque, il suo secco diniego al­l’appoggio invocato. Come inevitabile si rivela, poco tempo dopo, un passag­gio sul Colle di Gianni Letta, plenipo­tenziario del premier e suo ambasciato­re nelle stagioni difficili, per provare a ricomporre l’incidente e sanare il vul­nus. Una versione che il ministro Alfano smentisce (in un’intervista sul Corriere di oggi), stoppando dal suo punto di vi­sta la rincorsa a ricamare sulle allusio­ni che hanno appunto aperto un’inevi­tabile, e fino a sera non risolta, disputa. Tanto che qualcuno si è perfino sbilan­ciato ad azzardare su basi assai vaghe l’ipotesi, sbagliata, che il premier si rife­risse a un preciso impegno quirinalizio contro la bocciatura del lodo. Meno vago, invece, un riferimento del presidente del Consiglio a Paolo Grossi, unico giudice costituzionale no­minato da Napolitano. Sarebbe stato scelto — sostiene il Cavaliere — secon­do criteri che dimostrerebbero una vol­ta di più "da che parte sta" il capo dello Stato. Quasi a indicare "un consesso di toghe rosse".

E questo è un punto — si ragiona in ambienti vicini al Quirinale — davvero incomprensibile delle accuse del pre­mier. Per almeno due motivi: 1) perché Grossi, giurista di fama internazionale, è semmai considerato nella sua Firenze uno studioso di estrazione cattoli­co- tradizionalista; 2) perché, se il Colle avesse voluto puntare davvero su qual­cuno orientato a sinistra, avrebbe sem­mai optato tra Luciano Violante e Giu­liano Amato, i cui nomi sono stati in corsa. Non a caso quando Silvio Berlu­sconi salì al Quirinale per siglare il de­creto che avrebbe ratificato l’insedia­mento del giudice Grossi, pare abbia detto: "Firmo ad occhi chiusi, perché ho visto il suo curriculum straordina­rio ". Sono soltanto alcune controverità che emergono in queste ore sulla crisi senza precedenti apertasi tra il premier e il capo dello Stato. Una situazione di vera e propria "emergenza istituziona­le ", che ha spinto Napolitano a convo­care i presidenti di Camera e Senato per "salvaguardare" il lesionato equili­brio tra istituzioni. Non poteva replicare di nuovo, accet­tando un botta e risposta con chi lo ha messo sulla graticola in quanto "eletto da una maggioranza di sinistra che non è più maggioranza nel Paese", in quan­to uomo che "ha radici totali nella sini­stra, e la sua storia lo dimostra". La no­ta congiunta che Schifani e Fini hanno diramato al termine del lungo incontro pomeridiano al Quirinale è dunque un ombrello protettivo offerto dalle due al­te cariche che — insieme a lui — com­pongono il vertice della Repubblica. Una dichiarazione di rispetto che è an­che un provvisorio, e comunque parzia­le, risarcimento rispetto agli attacchi subìti. Certo, resta la ferita verso la Con­sulta. Alla quale è dedicato "l’auspicio" che, assieme a "tutti gli organismi isti­tuzionali e di garanzia" agisca ("in ade­renza al dettato costituzionale e alla vo­lontà del corpo elettorale", un cenno, quest’ultimo, di trasparente richiamo all’investitura popolare rivendicata dal premier), "per determinare un clima di leale e reciproca collaborazione nell’in­teresse esclusivo della Nazione".

Insomma: un passaggio utile, ma forse non ancora risolutivo, per il ca­po dello Stato. La precondizione per­ché la Corte sia pie­namente rilegittima­ta è che si smetta di definire "politica" la sua sentenza e che, prima di criti­carla ancora, si at­tendano almeno le motivazioni. Que­sto vale per chiude­re la partita istitu­zionale. Per ripristi­nare invece su livel­li accettabili la coa­bitazione con Berlu­sconi, la partita per­sonale tra i due già esposta a intermit­tenti alti e bassi (con più bassi che alti), ci vorrà molto altro. Il giorno dopo la bufera, da Palazzo Chigi non è giunta alcuna telefonata al Quirinale. Dove si è continuato a lavo­rare, tra un’udienza e l’altra, tentando di dare l’impressione di una impossibi­le normalità. In serata, al termine di un concerto al quale ha assistito al fianco di papa Benedetto XVI, a chi gli ha chie­sto come stia vivendo questo travaglia­to momento, Napolitano ha risposto con un sorriso stanco: "Sto bene. Di momenti difficili ne ho passati tanti, su­pereremo anche questo".

Marzio Breda

09 ottobre 2009

 

 

 

 

IL PATTO DA ONORARE CON GLI ELETTORI

La svolta necessaria

Innovando la sua stessa giurisprudenza— e pertanto smentendo la presidenza della Repubblica, la quale al momento della promulgazione del Lodo Alfano si era attenuta per l’appunto alla precedente sentenza della Corte, e non aveva ravvisato nell’uso della legge ordinaria alcuna incostituzionalità— questa volta la Consulta ha invece stabilito che no, che una legge ordinaria in tale materia non basta, che ci vuole una legge costituzionale, e ha dunque decretato, soprattutto per questa ragione sembra di capire, l’illegittimità del Lodo Alfano medesimo. Non resta che prenderne atto, e sarebbe bene che lo facesse anche il presidente del Consiglio senza abbandonarsi a considerazioni temerarie e giudizi offensivi verso altri organi dello Stato. Da lui non ci aspettiamo certo che si trasformi in un istituzionale monsignor Della Casa, ma che ci risparmi lo spettacolo di certe uscite sì. La sentenza di mercoledì è la riprova che in Italia si è instaurato un perverso cortocircuito tra giustizia e politica. Tale cortocircuito, oltre a rappresentare un perenne potenziale d’instabilità, è destinato periodicamente a lacerare il Paese: tra chi pensa che esso sia provocato solo dalla presenza sulla scena politica di Silvio Berlusconi, e chi invece, come il sottoscritto, pensa che questa sia una faccia solamente della verità. Che l’altra faccia è costituita sia dai non infrequenti comportamenti abnormi di alcuni magistrati sia da un certo numero di regole sbagliate del nostro ordinamento giudiziario. Alla fine, però, una sentenza è solo una sentenza. Proprio la tormentata esperienza dell’ultimo quindicennio della nostra storia dovrebbe farci convinti di una cosa (e mi pare che di ciò anche l’opposizione oggi sembri convinta, con la solita esclusione della frangia folle dei dipietristi): e cioè che in una democrazia la legittimazione politica non si conquista e non si perde nelle aule di giustizia. Se si è adatti o inadatti a governare non si decide né nelle redazioni dei giornali né nei tribunali. Berlusconi governa perché ha vinto le elezioni, non per altro: perché la maggioranza legale dei votanti ha approvato il patto politico programmatico da lui proposto. Ma non è che allora il presidente del Consiglio possa dormire sonni tranquilli. Nel suo stesso elettorato sta crescendo l’impressione, infatti, che quel patto debba ancora essere davvero onorato. Partita con slancio, l’azione del governo è andata poi infiacchendosi. Molte, troppe riforme, attendono ancora di essere messe in cantiere. L’abolizione dell’Ici, il provvedimento sul reato di immigrazione clandestina, gli indirizzi in tema di politica dell’istruzione e della pubblica amministrazione, ma soprattutto la politica anticrisi di Tremonti, hanno rappresentato senz’altro dei punti di forza, così come è stata apprezzata la capacità del premier di fronte alle emergenze dell’immondizia a Napoli e del terremoto in Abruzzo. Ma gli elettori si aspettano di più, si aspettano un colpo d’ala, il grande rinnovamento che li aveva convinti diciotto mesi fa a votare per la destra. Questa dovrebbe essere la vera preoccupazione di Berlusconi: è al tribunale della politica, non a quello dei giudici, che alla fine egli dovrà rispondere.

di ERNESTO GALLI DELLA LOGGIA

09 ottobre 2009

 

 

Il regime che non c'è

In Italia non c’è il regime. Un regime non prevede una Cor­te Costituzionale che boccia una legge di fondamentale importanza per il primo ministro. Un regime non contempla un’articolazione di poteri e di contrappesi, la voce dell’opposizione che si fa sentire attraverso la televisione (pubblica), la protesta sociale di chi patisce gli effetti della crisi, la magistratura che, presumibilmente, è in procinto di rimettere in moto un’attività ibernata per il tempo in cui un Lodo faceva da scudo al premier.

Il regime non c’è, nei fatti. Ma aleggia il suo fantasma, ne­gli spiriti. In quelli di sinistra che non sanno vivere senza la sindrome emergenzialista di una cittadella democratica sul punto di essere espugnata dal tiranno. E in quelli di destra che intravedono in ogni criti­ca un colpo di mano, in ogni critica un complotto nell’om­bra, in ogni sentenza (sfavore­vole) la traccia di un cospirato­re che trama nell’ombra. È come se l’Italia bipolare fosse incapace di vivere sen­za il pericolo del Nemico alle porte. E sono più di quindici anni che quest’ossessione ap­pare dominante. Nella legisla­tura 2001-2006, anch’essa go­vernata da Berlusconi, la pau­ra del regime, anzi la certezza che un regime si fosse già im­posto, portò l’opposizione sulle barricate, ridiede fuoco a una passione politica spen­ta, fece da sottofondo psicolo­gico- politico a quella riedizio­ne quasi ciellenistica del­l’Unione che riportò provviso­riamente il centrosinistra al governo, ma con la fragile e caotica eterogeneità che ne determinò lo squagliamento. A destra la percezione di un leader provvisto di uno strabi­liante consenso elettorale, ma costretto a subire le mano­vre del Palazzo (stampa e ma­gistratura, istituzioni e persi­no il Quirinale) che lo vorreb­be disarcionare, è stata il car­burante di una visione mani­chea quasi impossibile da ab­bandonare. La paura del "re­gime berlusconiano" compat­ta e galvanizza i suoi avversa­ri depressi dalla sconfitta.

La paura del "regime della sini­stra " giustifica l’arroccamen­to del centrodestra nella sua fortezza, il clima di conflitto permanente, l’impossibilità (intravista il 25 aprile attra­verso l’immagine di Berlusco­ni con il fazzoletto partigiano al collo) di pacificarsi con l’Italia, pur minoritaria, che non l’ha votato. Il fantasma del regime è però un veleno che agisce in profondità. Incendia la lotta politica, ma intossicandola con un clima di sospetti incrociati, di guerra civile a bassa intensità, di reciproca e permanente delegittimazione. Non il regime, ma il caos, un ininterrotto comizio che seppellisce la normalità politica rinfocolando un forsennato spirito di fazione che è la deformazione caricaturale del bipolarismo. Il regime non c’è, ma il suo spettro può generare frutti ancora peggiori. Travolgere istituzioni. Alimentare una rissa interminabile tra le truppe contrapposte, ma incomprensibile agli italiani che non sono militanti ma seguono allibiti la politica dei blitz e degli agguati, delle urla e dei proclami stentorei che ci perseguita implacabile da quindici anni. Incapaci, una buona volta, di voltare pagina.

Pierluigi Battista

09 ottobre 2009

 

 

 

 

2009-10-08

Il presidente della camera incontra napolitano assieme a schifani

Fini: "Berlusconi rispetti le istituzioni"

"Il suo diritto di governare non può fare venir meno il dovere di rispettare la Consulta e il Capo dello Stato"

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AUDIO - L'udienza della Corte Costituzionale sul Lodo Alfano del 6 ottobre 2009 (da Radio Radicale.it)

Gianfranco Fini (Ansa)

Gianfranco Fini (Ansa)

ROMA - Gianfranco Fini tenta di frenare Berlusconi e di smorzare i toni dell'attacco del premier contro le istituzioni, dopo la bocciatura del Lodo Alfano: "L'incontestabile diritto politico di Silvio Berlusconi di governare, conferitogli dagli elettori, e di riformare il Paese - ha detto il presidente della Camera - non può fare venir meno il suo preciso dovere costituzionale di rispettare la Corte Costituzionale e il capo dello Stato". Nel pomeriggio, poi, Fini è salito al Colle con il presidente del Senato, Renato Schifani, proprio per un colloquio con il Capo dello Stato Giorgio Napolitano.

BONDI CRITICA FINI: "NON CAPISCE LA SOSTANZA" - Bondi, anche se con cautela, prende le distanze da Fini: "Nei momenti più delicati si ha il dovere di esprimere chiaramente la propria opinione. La posizione espressa dal presidente della Camera è ineccepibile dal punto di vista formale, ma al pari di quella resa nota dal Capo dello Stato, appare a mio avviso incapace di comprendere la sostanza dei problemi storici e politici che stiamo vivendo da oltre un decennio" dice il coordinatore nazionale del Popolo della libertà, che aggiunge: "Le posizioni freddamente istituzionali a contatto con una realtà incandescente, che vive drammaticamente nella coscienza dei milioni di uomini e di donne, rischiano di tradire una forte assunzione di responsabilità non solo dal punto di vista politico, ma ancor più istituzionale".

MANCINO: "DA BERLUSCONI ROZZEZZA SENZA LIMITI" - "La rozzezza delle accuse stavolta non ha proprio avuto un limite" afferma invece il vice presidente del Csm, Nicola Mancino. "Non credo che tra le funzioni del Capo dello Stato - aggiunge Mancino - ci sia quella di persuadere i giudici costituzionali, anche per rispetto della loro autorevolezza scientifica". giudici della Corte Costituzionale sono di sinistra? "Che devono essere di destra, o celestiali?" ha poi detto Mancino commentando le dichiarazioni del premier Silvio Berlusconi che, dopo la sentenza della Consulta sul Lodo Alfano, li ha definiti giudici di sinistra. Mancino ha sottolineato come la Corte "svolge il suo ruolo, i giudici hanno le loro convinzioni, e dire che giudicano politicizzando le questioni in loro esame mi sembra il solito ritornello". "Gli effetti di questa sentenza non sono riproducibili sul terreno politico - ha poi aggiunto il vicepresidente del Csm. C'è una maggioranza espressa dal corpo elettorale, che va avanti con le proposte contenute nel suo programma".

CALDEROLI - Da segnalare anche l'intervento del ministro per la Semplificazione amministrativa Roberto Calderoli (Lega Nord) che rispondendo ai giornalisti che gli chiedevano se fosse "dalla parte di Napolitano o di Berlusconi" sottolinea: "Non sto dalla parte di nessuno. La Costituzione dice che tutti sono uguali davanti alla legge ma io chiedo che le leggi siano uguali per tutti". "Se vedo una persona presa in giro, devo dire che è il presidente della Repubblica, anzi diciamo che è "fifty - fifty"".

 

08 ottobre 2009

 

 

 

 

 

alfano: "non faremo legge costituzionale, immunità parlamentare NON IN AGENDA"

Berlusconi attacca la Corte e Napolitano

Il premier: "La Consulta è di sinistra, io vado avanti". Affondo sul Quirinale: "Sapete da che parte sta"

ROMA - "Mi sento preso in giro, Napolitano non mi interessa". Da Silvio Berlusconi piovono pietre sul Quirinale dopo la bocciatura del Lodo Alfano da parte della Corte Costituzionale. Poco prima il premier, riferendosi a Napolitano, aveva detto "sapete da che parte sta". Immediata la replica del Colle: "Il presidente sta dalla parte della Costituzione, con assoluta imparzialità". Quindi il nuovo attacco del premier, mentre rientra a palazzo Grazioli: "Non mi interessa quello che ha detto il capo dello Stato, non mi interessa... Mi sento preso in giro e non mi interessa. Chiuso".

"CONSULTA DI SINISTRA" - Il presidente del Consiglio sposa la tesi del giudizio politico: "Siamo assolutamente convinti dell'indispensabilità dell'essere noi qui a salvaguardare l'Italia e gli italiani di fronte a questa sinistra che si è impadronita della Corte Costituzionale e che ha prodotto una sentenza assolutamente politica" ha detto in serata. E poco prima, commentando a caldo il verdetto: "La Consulta è di sinistra, io vado avanti. Dobbiamo governare cinque anni, con o senza Lodo. Non ci ho mai creduto perché con una Corte Costituzionale con undici giudici di sinistra era impossibile che approvassero questo". Un Berlusconi visibilmente irato, mentre si dirigeva a Palazzo Venezia per la mostra "Il potere e la grazia", se la prende anche con il capo dello Stato facendo l'elenco di una certa Italia tutta in mano alla sinistra: "La sintesi qual è? Meno male che Silvio c’è. Se non ci fosse Silvio con tutto il suo governo, con un supporto del 70% degli italiani, saremmo in mano a una sinistra che farebbe del nostro Paese quello che tutti sapete. Quindi va bene così". E giù con l’elenco della presenza della sinistra in media e istituzioni: "Abbiamo una minoranza di magistrati rossi che è organizzatissima e che usa la giustizia a fini di lotta politica. Il 72% della stampa è di sinistra, gli spettacoli di approfondimento della tv pubblica pagata con i soldi di tutti, sono di sinistra, ci prendono in giro anche con gli spettacoli comici".

ATTACCO AL CAPO DELLO STATO - Poi l’accenno a Napolitano: "Il capo dello Stato sapete voi da che parte sta. Abbiamo giudici della Corte costituzionale eletti da tre capi dello Stato di sinistra, che fanno della Corte costituzionale non un organo di garanzia ma politico". Dopo la visita alla mostra "Il potere e la grazia" Berlusconi ha avuto un breve incontro privato con il segretario di Stato vaticano, cardinal Tarcisio Bertone, a palazzo Venezia. Poco prima Berlusconi aveva fatto una battuta: "La mostra è bellissima, ho detto a Sua Eminenza che c'è una grande lacuna, manca il ritratto di San Silvio da Arcore che fa sì che l'Italia non sia in mano a certi signori della sinistra...".

LA NOTA DI PALAZZO CHIGI - Da Palazzo Chigi arriva una nota, dai toni sempre duri ma più equilibrati: "Non posso non rispettare il responso della Corte Costituzionale nel quadro di un sistema democratico. Prendo atto tuttavia che questo sistema, soprattutto per le modalità con cui vengono eletti i membri della Corte, rischia di alterare nel tempo un corretto equilibrio fra i poteri dello Stato, i quali traggono tutti origine dalla sovranità del popolo - sottolinea il premier -. La solidità di questo governo non è in alcun modo intaccata da questo pronunciamento nè tantomeno la mia volontà di proseguire con determinazione nel mandato ricevuto dal popolo e rinnovato in tutte le più recenti competizioni elettorali. Una volontà che si rafforza e che riceve ogni giorno il sostegno compatto e solidale della volontà politica della maggioranza che sostiene l'attuale governo". "Per il resto, non ho il minimo dubbio che le accuse infondate e risibili che ancora mi vengono rivolte - conclude la nota diffusa da Palazzo Chigi - cadranno sotto il vaglio di magistrati onesti, indipendenti e ossequienti alla legge e alla propria coscienza".

TELEFONATA A "PORTA A PORTA" - Ma le dichiarazioni di Berlusconi non terminavano con la nota di Palazzo Chigi. Con una telefonata a Porta a Porta il premier ribadiva alcuni concetti espressi in precedenza e se possibile rincarava la dose. "La Consulta non è un organo di garanzia ma un organo politico" e con il pronunciamento odierno sul lodo Alfano "si è contraddetta rispetto a quanto fece 4 anni fa" sul lodo Schifani. "Oggi - aggiungeva il premier - la Corte è occupata e dominata da 11 giudici di sinistra e 4 che non sono di sinistra. Non c'è nessuna speranza di decisioni autonome".

"In Italia abbiamo una minoranza di giudici di sinistra, una stampa di sinistra con a capo "Repubblica", una Rai che, a parte lei signor Vespa, va contro il governo, e in più un capo dello Stato espressione della vecchia maggioranza di sinistra" proseguiva Berlusconi. "Su Napolitano - aggiungeva il premier, a proposito dei giudizi già espressi in precedenza - ho detto quello che penso: non ho nulla da modificare sulle mie dichiarazioni che potrebbero essere anche più esplicite e più dirette". Sempre nel corso della telefonata il premier esclude elezioni anticipate e annuncia la riforma della giustizia.

ALFANO: "CONFLITTO PREMIER-CITTADINO" - "È una sentenza che sorprende, e non poco, per l'evocazione dell'articolo 138 della Costituzione. La Corte Costituzionale dice oggi ciò che avrebbe potuto e, inevitabilmente, dovuto dire già nel 2004 nell'unico precedente in materia" ha commentato il ministro della Giustizia Alfano. "Con la bocciatura del lodo si crea un problema: da una parte c'è Silvio Berlusconi premier, legittimato da milioni di voti, che ha diritto di governare, e, dall'altra, vi è il cittadino Silvio Berlusconi, che ha il diritto di difendere se stesso nelle aule di tribunale - ha detto in serata il ministro, ospite di Porta a Porta -. Non abbiamo intenzione di seguire la via della legge Costituzionale. Questo aprirebbe il campo a un'ipotesi di immunità parlamentare che non è nella nostra agenda. Comunque sulle valutazioni faremo il punto giovedì quando è convocato un ufficio politico del Pdl".

FINI - Il presidente della Camera Gianfranco Fini ha chiamato invece il premier, dopo che era stata resa nota la sentenza della Consulta sul Lodo Alfano, rassicurandolo, secondo quanto si è appreso in ambienti parlamentari, sulla volontà di andare avanti in questa legislatura. La maggioranza è quella uscita dalle urne ed è solida, avrebbe tra l'altro detto Fini al presidente del Consiglio.

BOSSI: "PRONTI ALLA GUERRA" - Minacciosi i toni di Umberto Bossi: "Se si ferma il federalismo facciamo la guerra. Andiamo avanti, non ci piegano". E, parlando del suo incontro con Silvio Berlusconi: "Nemmeno lui vuole le elezioni anticipate. L'ho trovato forte e questo mi ha fatto molto piacere, l'ho trovato deciso a combattere".

GASPARRI: "CORTE NON PIÙ ORGANO DI GARANZIA" - Maurizio Gasparri, presidente del gruppo Pdl in Senato, spara invece ad alzo zero contro i giudici che hanno bocciato il Lodo Alfano: "La Corte, un tempo costituzionale, da oggi non è più un organo di garanzia, perché smentendo la sua giurisprudenza ha emesso una decisione politica, che non priverà il Paese della guida che gli elettori hanno scelto e costantemente rafforzato di elezione in elezione. È una giornata buia per che segna il tramonto di una istituzione che ha obbedito a logiche di appartenenza politica e non a valutazioni di costituzionalità".

GHEDINI: "PROCESSI EVANESCENTI" - "Con questa decisione si pretende - secondo Niccolò Ghedini, deputato Pdl e avvocato di Berlusconi -, contro la volontà popolare, che il presidente del Consiglio anziché occuparsi dei problemi nazionali e internazionali, sia costretto quotidianamente a seguire evanescenti processi". "Riprenderemo questi processi - ha annunciato il deputato Pdl - nella consapevolezza che con un giudice super partes sarà certamente riconosciuta l'estraneità di Silvio Berlusconi da qualsiasi ipotesi di reato".

TREMONTI E SACCONI - Attestato di stima al premier anche da parte del ministro dell'Economia Giulio Tremonti: "Fare parte del governo presieduto da Silvio Berlusconi è stato, è e sarà per me un grandissimo onore". E il ministro del Welfare Maurizio Sacconi: "Sono certo che, come me, la gran parte degli italiani esprime un immediato sentimento di solidarietà con il presidente del Consiglio democraticamente eletto, di fronte a una non casuale somma di azioni rivolte a destabilizzare il governo nel mezzo della grande crisi". Il presidente della regione Lombardia Roberto Formigoni: "Esprimo la massima solidarietà, la massima vicinanza e il mio grandissimo affetto al presidente Berlusconi".

 

07 ottobre 2009(ultima modifica: 08 ottobre 2009)

 

 

 

 

la decisione della consulta

Articoli 3 e 138, cosa prevedono

Ecco perché il lodo Alfano è stato dichiarato illegittimo

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La Consulta boccia il Lodo Alfano: "È illegittimo"

MILANO - Il lodo Alfano è stato dichiarato illegittimo perchè viola l'articolo 3 e 138 della Costituzione.

L'articolo 3 stabilisce che "tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese".

L'articolo 138 stabilisce che "le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione. Le leggi stesse sono sottoposte a 'referendum' popolare quando entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque consigli regionali. La legge sottoposta a 'referendum' non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi. Non si fa luogo a 'referendum' se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza dei due terzi dei suoi componenti".

07 ottobre 2009

 

 

 

 

 

 

 

Intervista del premier al gr1 dopo la sentenza della Consulta

Berlusconi: "Farò vedere agli Italiani

di che pasta sono fatto"

"Andremo avanti più forte di prima". Nuovo affondo su Napolitano: "Ha radici totali nella sua storia di sinistra"

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AUDIO - L'udienza della Corte Costituzionale sul Lodo Alfano del 6 ottobre 2009 (da Radio Radicale.it)

Berlusconi e Napolitano (Ansa)

Berlusconi e Napolitano (Ansa)

ROMA - Berlusconi, dopo una delle giornate più difficili della sua carriera politica, rimessa in discussione dalla bocciatura della Consulta del Lodo Alfano, riparte alla carica di buon mattino, con un'intervista al Gr1. Il tono è ormai quello della sfida aperta: "Farò vedere agli italiani di che pasta sono fatto". E ancora, come già ribadito mercoledì: "Andremo avanti più forte di prima".

NUOVO AFFONDO SU NAPOLITANO - Il premier è poi tornato a battere il tasto forse più delicato dello scenario politico: il conflitto aperto con il Quirinale. "Il presidente della Repubblica è stato eletto da una maggioranza di sinistra - ha detto Berlusconi al Gr1 -. Ha radici totali nella sua storia di sinistra e anche il suo ultimo atto di nomina di uno dei giudici della Corte Costituzionale dimostra da che parte stia".

"MENO MALE CHE SILVIO C'È" - Anche alla radio ha ripetuto un "concetto" già espresso mercoledì: "Per fortuna che Silvio c'è. Altrimenti - ha spiegato alla radio il Cavaliere - il Paese sarebbe nelle mani della sinistra che ha una organizzazione di una minoranza della magistratura che usa il potere giudiziario ai fini di lotta politica, ha più del 70% della stampa che è tutta di sinistra con in testa Repubblica e gli altri giornali, ha tutti i programmi di cosiddetto approfondimento politico con la tv pubblica pagata con i soldi di tutti".

FRANCESCHINI - "Il Capo dello Stato ha operato in modo ineccepibile nel rispetto del ruolo di garanzia che ricopre" ha detto il segretario del Pd, Dario Franceschini, intervistato da Sky Tg24 . Franceschini, dopo le posizioni espresse ieri, è tornato a commentare le reazioni del premier alla sentenza della Consulta sul lodo Alfano, afferma: "Direi a Berlusconi: 'la smetta con questi toni, non vada avanti con questi attacchi a organi istituzionali. Se andrà avanti troverà un muro nel Pd, un muro di compattezza". Franceschini ha affermato che il suo partito è pronto al voto, ma "non credo si possano ottenere le elezioni solo gridando che serve andare al voto", "Berlusconi si deve battere sul terreno politico".

 

08 ottobre 2009

 

 

 

 

 

Il presidente della Camera tenta di frenare il premier

Fini: "Berlusconi rispetti le istituzioni"

"Il suo diritto di governare non può fare venir meno il dovere di rispettare la Consulta e il Capo dello Stato"

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AUDIO - L'udienza della Corte Costituzionale sul Lodo Alfano del 6 ottobre 2009 (da Radio Radicale.it)

Gianfranco Fini (Ansa)

Gianfranco Fini (Ansa)

ROMA - Gianfranco Fini tenta di frenare Berlusconi e di smorzare i toni dell' attacco del premier contro le istituzioni, dopo la bocciatura del Lodo Alfano: "l'incontestabile diritto politico di Silvio Berlusconi di governare, conferitogli dagli elettori, e di riformare il Paese - ha detto il presidente della Camera - non può fare venir meno il suo preciso dovere costituzionale di rispettare la Corte Costituzionale e il capo dello Stato".

MANCINO: "DA BERLUSCONI ROZZEZZA SENZA LIMITI" - "La rozzezza delle accuse stavolta non ha proprio avuto un limite". Lo ha detto il vice presidente del Csm Nicola Mancino a proposito dell'attacco rivolto da Silvio Berlusconi al Presidente della Repubblica dopo la sentenza sul "lodo Alfano". "Non credo che tra le funzioni del Capo dello Stato - aggiunge Mancino - ci sia quella di persuadere i giudici costituzionali, anche per rispetto della loro autorevolezza scientifica". I giudici della Corte Costituzionale sono di sinistra? "Che devono essere di destra, o celestiali?" ha poi detto Mancino commentando le dichiarazioni del premier Silvio Berlusconi che, dopo la sentenza della Consulta sul Lodo Alfano li ha definiti giudici di sinistra. Mancino ha sottolineato come la Corte "svolge il suo ruolo, i giudici hanno le loro convinzioni, e dire che giudicano politicizzando le questioni in loro esame mi sembra il solito ritornello". "Gli effetti di questa sentenza non sono riproducibili sul terreno politico - ha poi aggiunto il vicepresidente del Csm. C'è una maggioranza espressa dal corpo elettorale, che va avanti con le proposte contenute nel suo programma".

 

08 ottobre 2009

 

 

 

 

alfano: "non faremo legge costituzionale, immunità parlamentare NON IN AGENDA"

Berlusconi attacca la Corte e Napolitano

Il premier: "La Consulta è di sinistra, io vado avanti". Affondo sul Quirinale: "Sapete da che parte sta"

ROMA - "Mi sento preso in giro, Napolitano non mi interessa". Da Silvio Berlusconi piovono pietre sul Quirinale dopo la bocciatura del Lodo Alfano da parte della Corte Costituzionale. Poco prima il premier, riferendosi a Napolitano, aveva detto "sapete da che parte sta". Immediata la replica del Colle: "Il presidente sta dalla parte della Costituzione, con assoluta imparzialità". Quindi il nuovo attacco del premier, mentre rientra a palazzo Grazioli: "Non mi interessa quello che ha detto il capo dello Stato, non mi interessa... Mi sento preso in giro e non mi interessa. Chiuso".

"CONSULTA DI SINISTRA" - Il presidente del Consiglio sposa la tesi del giudizio politico: "Siamo assolutamente convinti dell'indispensabilità dell'essere noi qui a salvaguardare l'Italia e gli italiani di fronte a questa sinistra che si è impadronita della Corte Costituzionale e che ha prodotto una sentenza assolutamente politica" ha detto in serata. E poco prima, commentando a caldo il verdetto: "La Consulta è di sinistra, io vado avanti. Dobbiamo governare cinque anni, con o senza Lodo. Non ci ho mai creduto perché con una Corte Costituzionale con undici giudici di sinistra era impossibile che approvassero questo". Un Berlusconi visibilmente irato, mentre si dirigeva a Palazzo Venezia per la mostra "Il potere e la grazia", se la prende anche con il capo dello Stato facendo l'elenco di una certa Italia tutta in mano alla sinistra: "La sintesi qual è? Meno male che Silvio c’è. Se non ci fosse Silvio con tutto il suo governo, con un supporto del 70% degli italiani, saremmo in mano a una sinistra che farebbe del nostro Paese quello che tutti sapete. Quindi va bene così". E giù con l’elenco della presenza della sinistra in media e istituzioni: "Abbiamo una minoranza di magistrati rossi che è organizzatissima e che usa la giustizia a fini di lotta politica. Il 72% della stampa è di sinistra, gli spettacoli di approfondimento della tv pubblica pagata con i soldi di tutti, sono di sinistra, ci prendono in giro anche con gli spettacoli comici".

ATTACCO AL CAPO DELLO STATO - Poi l’accenno a Napolitano: "Il capo dello Stato sapete voi da che parte sta. Abbiamo giudici della Corte costituzionale eletti da tre capi dello Stato di sinistra, che fanno della Corte costituzionale non un organo di garanzia ma politico". Dopo la visita alla mostra "Il potere e la grazia" Berlusconi ha avuto un breve incontro privato con il segretario di Stato vaticano, cardinal Tarcisio Bertone, a palazzo Venezia. Poco prima Berlusconi aveva fatto una battuta: "La mostra è bellissima, ho detto a Sua Eminenza che c'è una grande lacuna, manca il ritratto di San Silvio da Arcore che fa sì che l'Italia non sia in mano a certi signori della sinistra...".

LA NOTA DI PALAZZO CHIGI - Da Palazzo Chigi arriva una nota, dai toni sempre duri ma più equilibrati: "Non posso non rispettare il responso della Corte Costituzionale nel quadro di un sistema democratico. Prendo atto tuttavia che questo sistema, soprattutto per le modalità con cui vengono eletti i membri della Corte, rischia di alterare nel tempo un corretto equilibrio fra i poteri dello Stato, i quali traggono tutti origine dalla sovranità del popolo - sottolinea il premier -. La solidità di questo governo non è in alcun modo intaccata da questo pronunciamento nè tantomeno la mia volontà di proseguire con determinazione nel mandato ricevuto dal popolo e rinnovato in tutte le più recenti competizioni elettorali. Una volontà che si rafforza e che riceve ogni giorno il sostegno compatto e solidale della volontà politica della maggioranza che sostiene l'attuale governo". "Per il resto, non ho il minimo dubbio che le accuse infondate e risibili che ancora mi vengono rivolte - conclude la nota diffusa da Palazzo Chigi - cadranno sotto il vaglio di magistrati onesti, indipendenti e ossequienti alla legge e alla propria coscienza".

TELEFONATA A "PORTA A PORTA" - Ma le dichiarazioni di Berlusconi non terminavano con la nota di Palazzo Chigi. Con una telefonata a Porta a Porta il premier ribadiva alcuni concetti espressi in precedenza e se possibile rincarava la dose. "La Consulta non è un organo di garanzia ma un organo politico" e con il pronunciamento odierno sul lodo Alfano "si è contraddetta rispetto a quanto fece 4 anni fa" sul lodo Schifani. "Oggi - aggiungeva il premier - la Corte è occupata e dominata da 11 giudici di sinistra e 4 che non sono di sinistra. Non c'è nessuna speranza di decisioni autonome".

"In Italia abbiamo una minoranza di giudici di sinistra, una stampa di sinistra con a capo "Repubblica", una Rai che, a parte lei signor Vespa, va contro il governo, e in più un capo dello Stato espressione della vecchia maggioranza di sinistra" proseguiva Berlusconi. "Su Napolitano - aggiungeva il premier, a proposito dei giudizi già espressi in precedenza - ho detto quello che penso: non ho nulla da modificare sulle mie dichiarazioni che potrebbero essere anche più esplicite e più dirette". Sempre nel corso della telefonata il premier esclude elezioni anticipate e annuncia la riforma della giustizia.

ALFANO: "CONFLITTO PREMIER-CITTADINO" - "È una sentenza che sorprende, e non poco, per l'evocazione dell'articolo 138 della Costituzione. La Corte Costituzionale dice oggi ciò che avrebbe potuto e, inevitabilmente, dovuto dire già nel 2004 nell'unico precedente in materia" ha commentato il ministro della Giustizia Alfano. "Con la bocciatura del lodo si crea un problema: da una parte c'è Silvio Berlusconi premier, legittimato da milioni di voti, che ha diritto di governare, e, dall'altra, vi è il cittadino Silvio Berlusconi, che ha il diritto di difendere se stesso nelle aule di tribunale - ha detto in serata il ministro, ospite di Porta a Porta -. Non abbiamo intenzione di seguire la via della legge Costituzionale. Questo aprirebbe il campo a un'ipotesi di immunità parlamentare che non è nella nostra agenda. Comunque sulle valutazioni faremo il punto giovedì quando è convocato un ufficio politico del Pdl".

FINI - Il presidente della Camera Gianfranco Fini ha chiamato invece il premier, dopo che era stata resa nota la sentenza della Consulta sul Lodo Alfano, rassicurandolo, secondo quanto si è appreso in ambienti parlamentari, sulla volontà di andare avanti in questa legislatura. La maggioranza è quella uscita dalle urne ed è solida, avrebbe tra l'altro detto Fini al presidente del Consiglio.

BOSSI: "PRONTI ALLA GUERRA" - Minacciosi i toni di Umberto Bossi: "Se si ferma il federalismo facciamo la guerra. Andiamo avanti, non ci piegano". E, parlando del suo incontro con Silvio Berlusconi: "Nemmeno lui vuole le elezioni anticipate. L'ho trovato forte e questo mi ha fatto molto piacere, l'ho trovato deciso a combattere".

GASPARRI: "CORTE NON PIÙ ORGANO DI GARANZIA" - Maurizio Gasparri, presidente del gruppo Pdl in Senato, spara invece ad alzo zero contro i giudici che hanno bocciato il Lodo Alfano: "La Corte, un tempo costituzionale, da oggi non è più un organo di garanzia, perché smentendo la sua giurisprudenza ha emesso una decisione politica, che non priverà il Paese della guida che gli elettori hanno scelto e costantemente rafforzato di elezione in elezione. È una giornata buia per che segna il tramonto di una istituzione che ha obbedito a logiche di appartenenza politica e non a valutazioni di costituzionalità".

GHEDINI: "PROCESSI EVANESCENTI" - "Con questa decisione si pretende - secondo Niccolò Ghedini, deputato Pdl e avvocato di Berlusconi -, contro la volontà popolare, che il presidente del Consiglio anziché occuparsi dei problemi nazionali e internazionali, sia costretto quotidianamente a seguire evanescenti processi". "Riprenderemo questi processi - ha annunciato il deputato Pdl - nella consapevolezza che con un giudice super partes sarà certamente riconosciuta l'estraneità di Silvio Berlusconi da qualsiasi ipotesi di reato".

TREMONTI E SACCONI - Attestato di stima al premier anche da parte del ministro dell'Economia Giulio Tremonti: "Fare parte del governo presieduto da Silvio Berlusconi è stato, è e sarà per me un grandissimo onore". E il ministro del Welfare Maurizio Sacconi: "Sono certo che, come me, la gran parte degli italiani esprime un immediato sentimento di solidarietà con il presidente del Consiglio democraticamente eletto, di fronte a una non casuale somma di azioni rivolte a destabilizzare il governo nel mezzo della grande crisi". Il presidente della regione Lombardia Roberto Formigoni: "Esprimo la massima solidarietà, la massima vicinanza e il mio grandissimo affetto al presidente Berlusconi".

 

07 ottobre 2009(ultima modifica: 08 ottobre 2009)

 

 

 

 

dopo la bocciatura del lodo alfano

Quirinale: il presidente sta dalla parte

della Costituzione con totale imparzialità

La nota segue le dichiarazioni di Berlusconi: la decisione della Consulta accolta dal capo dello Stato "con rispetto"

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (Ansa)

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (Ansa)

ROMA - "Tutti sanno da che parte sta il presidente della Repubblica. Sta dalla parte della Costituzione, esercitando le sue funzioni con assoluta imparzialità e in uno spirito di leale collaborazione istituzionale". La risposta alle parole di Berlusconi ("Si sa da che parte sta") è affidata a una nota del Quirinale. Ma il premier non cede e, rientrando a palazzo Grazioli, sferra un nuovo attacco: "Non mi interessa cosa ha detto il capo dello Stato, mi sento preso in giro".

RISPETTO - Il giudizio di costituzionalità delle leggi, ricorda il Colle a proposito della bocciatura del Lodo Alfano, "spetta soltanto alla Corte Costituzionale", e la sua decisione è stata accolta dal presidente Giorgio Napolitano "con rispetto". Nella nota si sottolinea che, al momento della promulgazione della legge in questione, il 23 luglio 2008, si era rilevato che la sentenza della Corte Costituzionale numero 24 del 2004, che aveva bocciato il Lodo Schifani, non aveva sancito che la norma dovesse essere adottata con legge costituzionale.

"INACCETTABILE" - I capigruppo del Pd alla Camera e al Senato, Antonello Soro e Anna Finocchiaro, al termine della riunione della segreteria allargata ai rappresentanti delle mozioni, definiscono "inaccettabili" le parole di Berlusconi contro Napolitano e Corte Costituzionale. Il Pd difende la Corte e la sentenza che "non è politica", nonché il capo dello Stato, e sottolinea che dal pronunciamento della Consulta non derivano le dimissioni del governo, che devono avvenire in Parlamento su questioni politiche. "Il presidente del Consiglio ha fatto dichiarazioni inaccettabili, dettate dall'ira del momento e dall'incapacità di controllarsi" afferma la Finocchiaro. "La sensazione - ha aggiunto Soro - è che qualcuno stia perdendo la testa. È invece bene avere una certezza, e cioè quella dell'indipendenza della Corte e del presidente della Repubblica, che vanno difesi".

 

07 ottobre 2009

 

 

 

 

 

 

Bersani: "Frasi inaccettabili". Donadi: "Dite al senatur che asterix non esiste"

Bossi: "Pronti a trascinare il popolo"

Il ministro: "Se il lodo Alfano fosse bocciato le elezioni regionali diventerebbero politiche"

Umberto Bossi (Ansa)

Umberto Bossi (Ansa)

MILANO - "Io sono per la saggezza. Perché sfidare l'ira dei popoli?". Umberto Bossi poche ore prima della bocciatura della Corte costituzionale del Lodo Alfano, era ottimista. "Non sarà bocciato, speriamo bene - aggiunge. - Non si può sfidare l'ira dei popoli...".

COLLOQUIO - Dichiarazioni che arrivano dopo l'incontro con il presidente della Camera, Gianfranco Fini: "Ci siamo chiariti le idee, mentre aspettiamo la decisione. Io e Fini non vogliamo le elezioni, perché dobbiamo fare le riforme, altrimenti cosa andiamo a dire alle persone?". E Se il Lodo Alfano venisse bocciato? Allora, spiega il Senatùr, "noi potremmo entrare in funzione solo trascinando il popolo. E il popolo lo abbiamo, sono i vecchi Galli". Più tardi il ministro chiarisce: in caso di bocciatura del provvedimento, le elezioni regionali diventerebbero "politiche". Lì "il popolo si esprimerà su Berlusconi", che "naturalmente vincerebbe".

REAZIONI - Le dichiarazioni di Bossi provocano immediate reazioni politiche. "È inaccettabile la pressione di Bossi sulla Corte Costituzionale" afferma Pier Luigi Bersani, candidato alla segreteria nazionale del Pd. "Le decisioni che arriveranno dalla Consulta - continua Bersani - devono essere in ogni caso rispettate, per non mettere a rischio gli elementi fondamentali di convivenza civile e le fondamenta stesse delle istituzioni democratiche. In ogni caso - conclude - vorrei ricordare a Bossi che il monopolio del popolo non ce l'ha lui". "Bossi vuole trascinare il popolo e precisa che si riferisce ai vecchi Galli? - afferma in una nota il capogruppo IdV alla Camera, Massimo Donadi - Qualcuno spieghi al 'senatur' che Asterix e Obelix non esistono. E gli ricordino anche che è un ministro della Repubblica e che certi toni sono pericolosi perché infuocano gli animi e incitano alla violenza. Poi saremmo noi gli eversori".

 

07 ottobre 2009

 

 

 

 

 

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Gianfranco Fini (Ansa)

Gianfranco Fini (Ansa)

ROMA - Gianfranco Fini tenta di frenare Berlusconi e di smorzare i toni dell' attacco del premier contro le istituzioni, dopo la bocciatura del Lodo Alfano: "l'incontestabile diritto politico di Silvio Berlusconi di governare, conferitogli dagli elettori, e di riformare il Paese - ha detto il presidente della Camera - non può fare venir meno il suo preciso dovere costituzionale di rispettare la Corte Costituzionale e il capo dello Stato".

MANCINO: "DA BERLUSCONI ROZZEZZA SENZA LIMITI" - "La rozzezza delle accuse stavolta non ha proprio avuto un limite". Lo ha detto il vice presidente del Csm Nicola Mancino a proposito dell'attacco rivolto da Silvio Berlusconi al Presidente della Repubblica dopo la sentenza sul "lodo Alfano". "Non credo che tra le funzioni del Capo dello Stato - aggiunge Mancino - ci sia quella di persuadere i giudici costituzionali, anche per rispetto della loro autorevolezza scientifica". I giudici della Corte Costituzionale sono di sinistra? "Che devono essere di destra, o celestiali?" ha poi detto Mancino commentando le dichiarazioni del premier Silvio Berlusconi che, dopo la sentenza della Consulta sul Lodo Alfano li ha definiti giudici di sinistra. Mancino ha sottolineato come la Corte "svolge il suo ruolo, i giudici hanno le loro convinzioni, e dire che giudicano politicizzando le questioni in loro esame mi sembra il solito ritornello". "Gli effetti di questa sentenza non sono riproducibili sul terreno politico - ha poi aggiunto il vicepresidente del Csm. C'è una maggioranza espressa dal corpo elettorale, che va avanti con le proposte contenute nel suo programma".

 

08 ottobre 2009

 

 

 

 

 

"Putin e Gheddafi, amicizie inquietanti. Michelle Obama si è rifiutata di abbracciarlo"

Times: "Berlusconi si deve dimettere"

"Ha gettato vergogna su se stesso e sull'Italia con le sue buffonate sessuali e i tentativi di evitare i processi"

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Le reazioni a caldo della stampa estera (7 ottobre 2009)

Silvio Berlusconi (Afp)

Silvio Berlusconi (Afp)

MILANO - I principali giornali del mondo riportano la notizia della boccciatura del Lodo Alfano e i commenti, specie nel mondo anglosassone, non sono politicamente teneri con Silvio Berlusconi. Fino ad arrivare al Times, di proprietà di Rupert Murdoch, che dice esplicitamente che il primo ministro italiano "ora deve dimettersi".

TIMES - "Silvio Berlusconi ha gettato vergogna su se stesso e sul suo paese con le sue buffonate sessuali e i suoi tentativi di evitare i processi. Ora si deve dimettere", scrive il quotidiano londinese nel commento intitolato Gotico italiano.

L'articolo di cronaca titola: "I giudici danno un colpo mortale a Silvio Berlusconi". Secondo il giornale "Berlusconi è ora un imputato che affronta un processo penale. Può restare al suo posto solo se il suo partito e i suoi alleati lo sostengono. Ma sarebbero sciocchi a farlo. La disintegrazione della litigiosa sinistra ha convinto molti elettori che non c'è alternativa a Berlusconi, il quale può quindi immaginare di essere ancora popolare. È la classica auto-illusione di un uomo che si è convinto della propria propaganda, in larga parte portata dai giornali e dalle stazioni tv che possiede. Un'altra cosa che non ha capito è l'inquietudine generata dalla sua vicinanza con Putin e Gheddafi, e il ridicolo che si è gettato addosso con le sue buffonate sessuali. Molti italiani hanno visto le rivelazioni sulle prostitute con indulgente divertimento. Ma il danno alla reputazione del suo Paese, simboleggiato dal rifiuto di Michelle Obama di accettare il suo abbraccio, ha iniziato a mostrarsi: i suoi indici di popolarità hanno iniziato a cadere". "Berlusconi - conclude Times - ha visto questo, così come la vicenda della Corte costituzionale, come un complotto ordito dai suoi nemici politici. Non lo era. È nato dalla seria preoccupazione sull'onestà e la capacità di giudizio di un uomo che guida il governo di un'importante democrazia occidentale. Ha tentato di vivere al di sopra della legge; ora essa lo consumerà. È sicuramente il momento che Berlusconi smetta di mettere i suoi interessi prima di quelli del suo Paese. Dovrebbe dimettersi". Il Guardian osserva che la sentenza "sprofonda l’Italia in una tempesta politica" ed è "un serio colpo per Berlusconi, già costretto sulla difensiva dai danni derivanti dallo scandalo di sesso e droga in cui è stato accusato di beneficiare dei servizi di prostitute". L'Independent nota che ora "Berlusconi è un'anatra zoppa".

ALTRI - Il New York Times spiega che "le conseguenze pratiche della decisione della Corte costituzionale non sono chiare ma la decisione è un colpo molto forte in un momento difficile per il premier la cui immagine internazionale è già appannata". Il Nyt ricorda che ora Berlusconi dovrà pensare a difendersi in un momento di grave crisi economica in Italia dove deficit e spesa pensionistica sono tra le maggiori nell'Ue. In Francia Le Figaro parla in prima pagina di "Berlusconi in difficoltà dopo la perdita dell’immmunità", mentre Libèration titola: "Invalidata l’immunità penale di Berlusconi", una decisione, spiega, che "potrebbe avere importanti conseguenze sul suo mandato". In Spagna El Pais titola citando lo stesso premier: "Il tribunale è di sinistra, vado avanti lo stesso", mentre anche El Mundo si concentra con lo scontro con la magistratura: "Berlusconi accusa i giudici rossi di utilizzare la giustizia come forma di lotta politica". Apertura o taglio molto alto su tutte le edizioni online dei giornali tedeschi per la sentenza della Corte costituzionale. Numerosi anche i commenti e gli editoriali: "Alla fine è stato messo un freno a Berlusconi", titola Die Zeit, che giudica la "coraggiosa" decisione della Consulta una "sorpresa". Per Der Spiegel i "giudici sguinzagliano la giustizia su Berlusconi. Nulla ha finora danneggiato il primo ministro, né le concubine, né le festicciole con una minorenne; ma adesso la Corte costituzionale ha tolto l’immunità a Berlusconi. È l’ultima possibilità per la giustizia di portarlo sul banco degli imputati. O troverà ancora una volta qualche trucchetto?". Per Die Welt "la Corte toglie l’immunità a Berlusconi" e sulla Süddeutsche Zeitung "Berlusconi potrà essere processato". Titoli di primo piano anche sui quotidiani svizzeri e austriaci: "La Corte costituzionale cancella una legge controversa", scrive la Neue Zürcher Zeitung e "Berlusconi perde l’immunità" titola l’austriaco Der Standard, sottolineando la gioia dell’opposizione.

08 ottobre 2009

 

 

 

LA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE

I danni di un conflitto

Per quanto tormen­tata e contestata, la decisione della Corte costituzio­nale ha avuto il merito della chiarezza. Forse troppa, perché Silvio Ber­lusconi potesse incassare un verdetto di illegittimi­tà del "Lodo Alfano" sen­za reagire. I suoi giudizi li­quidatori e irrispettosi sulla Consulta "di sini­stra " e sul presidente del­la Repubblica, Giorgio Na­politano, tacciato di esse­re di parte, non hanno nulla di emotivo né di estemporaneo. Il capo del governo ha deciso di contrapporre la propria legittimazione elettorale a quelle istituzioni che, nella sua ottica, lo delegit­timano senza avere die­tro "il popolo". Si tratta di una sfida al rialzo, fi­glia di un azzardo calcola­to.

Il paradosso è che fa di­ventare il Quirinale il pa­rafulmine del premier e del suo più acerrimo av­versario, Antonio Di Pie­tro. Ed ha come contrac­colpo un conflitto istitu­zionale aggravato dalla frustrazione di un Berlu­sconi che sostiene di sen­tirsi preso in giro: come se avesse confidato fino all’ultimo in una senten­za favorevole. Sui prossi­mi mesi si proietta il peri­colo di fratture a ripetizio­ne fra le massime cariche del Paese. È come se insie­me al "Lodo Alfano" che sospendeva i processi per le prime quattro, fos­se stata spazzata via an­che la tregua, se non la concordia, che aveva ret­to in questi mesi fra palaz­zo Chigi e Quirinale. Inve­ce di far dimenticare le parole in libertà dette da maggioranza e opposizio­ne negli ultimi giorni, la decisione della Consulta le moltiplica.

Non è l’epilogo di una stagione, però. L’offensi­va segna l’inizio dell’en­nesimo scontro dopo una sentenza non attesa, ma certamente temuta: un conflitto che Berlusco­ni ritiene di poter affron­tare da posizioni magari disperate ma di forza. Co­stringe il centrodestra a guardare in faccia la real­tà di una maggioranza scossa da una decisione che colpisce il suo presi­dente del Consiglio. Se pure non sarà facile go­vernare e affrontare i pro­cessi sospesi dal "Lodo Alfano", già in passato Berlusconi lo ha fatto. No­nostante la sua ira fred­da, il sentiero che deve percorrere appare obbli­gato anche adesso. Perfi­no più di prima: se non al­tro per l’investitura che il centrodestra ha ricevuto nel 2008; e che le Euro­pee della primavera scor­sa hanno puntellato.

Il paradosso di un lea­der consacrato dal voto popolare e a rischio di lo­goramento per una sen­tenza che gli riapre le por­te dei tribunali è destina­to a pesare sul futuro poli­tico dell’Italia.

L’eco internazionale, spesso malevo­la, che circonda la saga berlusconiana, promette di crescere fino a diventare as­sordante. Ma se vengono lette corretta­mente, le sconfitte si possono gestire. Il presidente del Consiglio rimane l’unico punto di equilibrio non solo della mag­gioranza, ma del sistema. Non c’è trac­cia di un’opposizione in grado di candi­darsi alla guida del Paese. E nel governo c’è piena consapevolezza che i rapporti di forza saranno verificati alle Regionali del 2010; e d’accordo con Berlusconi, non contro di lui.

Per questo non esiste altra strada che andare avanti; e concentrarsi ancora di più sull’attività di governo, pur con il Ca­valiere nella doppia veste di presidente del Consiglio e di imputato. Non signifi­ca esorcizzare la battuta d’arresto di ieri, né sottovalutarne l’impatto politico e psicologico. Si tratta semmai di capire che il suo peso è stato esagerato dal so­vraccarico di significati più o meno stru­mentali che parte della maggioranza e dei suoi avversari hanno voluto assegna­re alla sentenza. In più, la decisione è ar­rivata dopo l’approvazione dello "scudo fiscale", per il quale è stato criticato lo stesso Quirinale. Insomma, l’impressio­ne è che le chiavi della stabilità continui­no a essere nelle mani di Berlusconi e dei suoi alleati: della Lega, soprattutto.

I segnali arrivati da Umberto Bossi, quando ancora non era stata comunica­ta la sentenza della Corte costituzionale sul "lodo Alfano", sono stati ambigui: una miscela di aggressività demagogica e di cautela politica.

Minacciare, come ha fatto il ministro, "l’ira del popolo" in caso di bocciatura, è apparso un gesto ai limiti dell’irre­sponsabilità. In parallelo, però, Bossi e con lui il presidente della Camera, Gian­franco Fini, hanno escluso il voto antici­pato, riconoscendo il dovere di governa­re; e confermando che saranno le Regio­nali a dire quanto non solo Berlusconi ma l’intera coalizione siano ancora forti. D’altronde, a volere la scorciatoia eletto­rale in un momento come questo posso­no essere soltanto i teorici del "tanto peggio tanto meglio". L’incognita è se, pur senza volerlo, il centrodestra finirà per assecondare la deriva.

Massimo Franco

08 ottobre 2009

 

 

 

 

Retroscena Nel collegio la volontà di respingere la Costituzione materiale evocata dai difensori del Cavaliere

Il no dei cinque giudici nominati dal Quirinale

È arrivata la decisione che s’intravedeva già prima della discussione e della camera di consiglio. Nelle ultime settimane i giudici costituzionali avevano studiato e cominciato ad affrontare tra loro il nodo del Lodo Alfano, sciogliendolo (a maggioranza) con l’idea di rispedire al mittente una legge illegittima.

L’altro ieri hanno ascoltato gli avvocati, tutti schierati a difesa della norma bloc­ca- processi per le più alte cariche dello Stato, ma senza cambiare idea. Anzi. Qualche accen­no nelle arringhe ha convinto almeno un pa­io di indecisi a dire che proprio no, un Lodo così fatto e così scritto non andava bene.

Qualcuno nella minoranza di chi voleva salvare la norma, almeno nella parte che so­spendeva il processo milanese a carico di Sil­vio Berlusconi per la presunta corruzione del­l’avvocato Mills, ha provato a proporre le co­siddette "soluzioni intermedie": sancire l’in­costituzionalità ma sanandola con una sen­tenza che lasciasse intatta la parte che più in­teressava il governo e la maggioranza che lo sostiene. Non ce l’ha fatta, e nemmeno ha in­sistito più di tanto. Ha capito in fretta, dopo la decisa introduzione del relatore Gallo, che le sue argomentazioni erano troppo deboli ri­spetto al "macigno" già individuato dalla maggioranza dei giudici: una legge illegitti­ma due volte, nella forma e nella sostanza. Perché doveva essere costituzionale e non or­dinaria; e perché il principio di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge è uno di quei capisaldi che per essere intaccato ha bisogno di tali giustificazioni, filtri e controfiltri (co­m’era ad esempio la vecchia immunità parla­mentare abrogata nel ’93) che forse il Lodo Alfano non sarebbe andato bene nemmeno nella veste di una riforma della Costituzione. Ovviamente bisognerà attendere le moti­vazioni della sentenza, ma ieri sera era que­sta la più accreditata interpretazione della de­cisione della Corte. Le voci che filtrano dalla riservatezza che avvolge il palazzo della Con­sulta parlano di una votazione finita 9 a 6 in favore della bocciatura, ma qualcuno ipotiz­za un scarto addirittura maggiore, 10 a 5 o anche di più. Circolano liste di nomi coi voti espressi, verosimili ma senza certezze. Nel­l’elenco di chi avrebbe voluto mantenere in vita la legge ci sono i tre giudici votati dal Parlamento e indicati dal centrodestra (Fri­go, Mazzella e Napolitano) più due o tre elet­ti dalle alte magistrature. Tutti gli altri si so­no detti contrari (compresi i cinque nomina­ti dal capo dello Stato e il presidente della Corte Amirante, che nel 2004 aveva steso le motivazioni della bocciatura del Lodo Schifa­ni), al termine di una camera di consiglio dai toni rimasti sempre pacati e tutto sommato sereni. Anche da parte di chi vedeva profilar­si la sconfitta e ha tentato di scongiurarla confidando sui desideri istituzionali di una soluzione meno traumatica.

Nemmeno l’argomento che ancora ieri se­ra veniva sbandierato dai parlamentari del centrodestra (la sentenza sul Lodo Schifani non aveva detto che serviva una legge costi­tuzionale) ha fatto breccia tra i giudici. Che in grande maggioranza, 11 su 15, non faceva­no parte del collegio del 2004. Però sanno leg­gere le motivazioni dei giuristi; è vero che nel precedente verdetto è scritto che il vec­chio Lodo era illegittimo "in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione", senza men­zionare il 138 che regola le riforme della Car­ta, ma subito dopo c’era un’aggiunta: "Resta assorbito ogni altro profilo di illegittimità co­stituzionale ". Il che può significare che una volta individuate le due violazioni citate pote­vano essercene anche altre, ma si decise di non entrare nel merito. Perché considerate "assorbite", appunto, dalla prima bocciatu­ra.

Questa dunque la sintesi della discussione di palazzo della Consulta, per come s’è svolta sul piano tecnico e giuridico. Però tutti i giu­dici erano consapevoli che la loro decisione avrebbe avuto anche significati ed effetti poli­tici, e quindi può esserci una lettura anche "politica" della sentenza. C’è chi pensa, ad esempio, che con questo verdetto la maggio­ranza degli inquilini della Consulta ha voluto rivendicare la propria autonomia rispetto a qualunque pressione o tentativo di influenza­re le proprie decisioni; dai più felpati ai più espliciti, come la drammatizzazione dell’atte­sa nei palazzi della politica, gonfiata dalle di­chiarazioni sempre più allarmate accavallate­si fino a pochi minuti prima della sentenza.

La Corte ha fatto vedere di essere imperme­abile a tutto ciò, e ha fatto sapere che se si vogliono riformare la Costituzione e i suoi principi fondamentali bisogna farlo con chia­rezza e con le procedure previste, non attra­verso qualche scorciatoia. È come se le argo­mentazioni usate nell’udienza pubblica dai difensori di Berlusconi su una Costituzione materiale ormai diversa da quella scritta — quando l’avvocato Pecorella ha evocato un capo del governo eletto direttamente dal po­polo; o quando l’avvocato Ghedini ha soste­nuto che la legge è uguale per tutti ma la sua applicazione no — avessero svelato un tenta­tivo di cambiare le regole (o darle per cambia­te) senza rispettare le procedure. Disegnan­do una situazione di fatto diversa da quella scritta nelle leggi, e prima ancora nella Costi­tuzione. Così non è e non può essere, hanno stabilito i giudici della Consulta. Certamente alcune immunità o protezioni dai processi penali si possono prevedere e stabilire, ma as­sumendosi la responsabilità di farlo con gli strumenti adeguati. Che non a caso prevedo­no l’ipotesi del referendum confermativo. Passando da quella porta la riforma è pratica­bile, altrimenti no. Anche quando le esigenze della politica fossero diverse.

Giovanni Bianconi

08 ottobre 2009

 

 

 

 

LODO ALFANO, LA SENTENZA DELLA CASSAZIONE

Le reazioni della stampa estera:

"Berlusconi lotta per la carriera"

Prima notizia del sito della Bbc in grande evidenza

MILANO - La notizia della bocciatura del ’lodo Alfano’ apre quasi tutti i grandi siti web internazionali. Grande evidenza sul sito del britannico The Times, che ha seguito con attenzione le vicende del governo italiano negli ultimi mesi: "La massima corte italiana toglie l’immunità a Berlusconi. Il premier italiano lotta per la sua carriera".

Il francese Le Monde scrive sulla banda gialla dell’ultim’ora: "L’immunità di Silvio Berlusconi giudicata incostituzionale". Titolone su Liberation sempre in Francia: "Invalidata l’immunità penale di Berlusconi. Questa decisione della Corte costituzionale potrebbe aprire la porta a procedimenti giudiziari contro il presidente del Consiglio".

In Spagna per El Pais è il terzo titolo: "La Consulta apre la porta ai processi di Silvio Berlusconi. La legge d’immunità nota come Lodo Alfano tiene paralizzati quattro processi contro di lui" scrive il corrispondente del quotidiano di sinistra. Prima notizia invece sul sito de El Mundo: "Berlusconi smette di essere immune davanti alla giustizia. I 15 giudici della Corte costituzionale invalidano la legge che dava l’immunità alle 4 massime cariche dello Stato". Prima notizia anche sul sito del Wall Streer Journal: "Corte annulla l’immunità di Berlusconi" e il quotidiano americano aggiunge "La sentenza potrebbe mettergli pressione per dare le dimissioni e aprire a elezioni anticipate". Seconda posizione per il sito del New York Times con il medesimo titolo. La notizia è la prima del sito della inglese Bbc: "Bocciata la legge sull’immunità di Berlusconi". La Corte Costituzionale, prosegue la Bbc, ha annullato la legge che "gli aveva evitato diversi casi giudiziari. In uno, doveva affrontare accuse di corruzione".

 

07 ottobre 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2009-10-06

Se fosse bocciato, le alte cariche non godranno più della sospensione dei processi

Lodo Alfano, al via l'esame alla Consulta

Pecorella: "La decisione non sia politica". Ghedini: la legge è uguale per tutti, ma non la sua applicazione

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Parte l'esame del Lodo Alfano Consulta divisa, possibile rinvio (6 ottobre 2009)

Francesco Amirante, presidente della Corte Costituzionale (Imagoeconomica)

Francesco Amirante, presidente della Corte Costituzionale (Imagoeconomica)

ROMA - Il lodo Alfano, ovvero la norma che sospende i processi nei confronti delle quattro più alte cariche dello Stato, è al vaglio della Corte costituzionale. I quindici giudici del massimo organismo giuridico italiano, riuniti nel palazzo della Consulta, dovranno stabilire se la legge - che ha permesso la sospensione dei processi a carico del premier Silvio Berlusconi - sia in linea con la Costituzione. In caso contrario decadrà e da quel momento si apriranno diversi possibili scenari, considerando che il leader del Pdl potrà nuovamente finire in tribunale. Anche per questo motivo la seduta è seguita da vicino dagli inviati dei media italiani e stranieri, presenti in massa, al punto che per ospitarli tutti è stato allestito un collegamento televisivo con circuito interno nella Sala avvocati attigua a quella dove si svolgono le udienze.

"LA DECISIONE NON SIA POLITICA" - L'avvocato del premier, Gaetano Pecorella, dice di aspettarsi "che la Corte decida con grande serenità tenendo conto solo degli aspetti giuridici e dimenticando le questioni politiche". A chi gli fa notare che la discussione di oggi avviene proprio all'indomani delle polemiche scoppiate sulla sentenza sul Lodo Mondadori, Pecorella risponde: "Il Lodo Mondadori non c'entra nulla, abbiamo fiducia in questi giudici, perchè pensiamo che non si lasceranno influenzare da altre questioni". Sul verdetto della Consulta, e sui tempi di attesa di questo, il legale del premier non si sbilancia: "Meglio non fare mai previsioni - afferma - io sono fiducioso. Certo, se c'è un giudice che chiede più tempo per approfondire la questione, di solito il presidente lo concede, e potrebbe esserci un rinvio, ma io credo che la Corte deciderà nei prossimi giorni". Pecorella, poi, ricorda come il Lodo Alfano sia "una legge anche frutto delle indicazioni che diede la Corte nel 2004", quando bocciò il Lodo Schifani. "Ci auguriamo che i giudici apprezzino e condividano ciò". La legge che prevede l'immunità per le quattro più alte cariche dello Stato dai procedimenti penali, conclude, "non è una anomalia europea, in quasi tutti i Paesi d'Europa esiste uno strumento simile".

NON AMMESSA LA PROCURA DI MILANO - Nel frattempo, la Corte non ha ammesso l'intervento della Procura di Milano nel giudizio riguardante la legittimità del Lodo Alfano. La decisione è stata comunicata dal presidente della Corte, Francesco Amirante, alla ripresa dell'udienza dopo che i giudici si erano ritirati in camera di consiglio per decidere in proposito. Il professor Alessandro Pace, che aveva presentato memorie alla Consulta per sostenere l'illegittimità del Lodo a nome della Procura di Milano, non potrà dunque intervenire nell'udienza pubblica. E' passato così al relatore Franco Gallo il compito presentare le questioni di illegittimità avanzate dal Tribunale di Milano e dal gip di Roma, ovvero le sedi che ospitano tre procedimenti a carico del premier.

Niccolò Ghedini, uno degli avvocati del premier (Afp)

Niccolò Ghedini, uno degli avvocati del premier (Afp)

"UGUALE PER TUTTI, MA..." - Poi è stato il turno dei legali di Berlusconi (oltre a Pecorella anche Niccolò Ghedini e Piero Longo). "La legge è uguale per tutti ma non sempre lo è la sua applicazione" ha detto Niccolò Ghedini in un passaggio del suo intervento, durato 15 minuti. L'avvocato del presidente del Consiglio, che è anche parlamentare, ha sottolineato che con il Lodo "è stato realizzato, con una legge ordinaria, un edificio costituzionalmente resistente". "Con le modifiche apportate alla legge elettorale - ha aggiunto Pecorella -, il presidente del Consiglio non può più essere considerato uguale agli altri parlamentari, ossia non è più 'primus inter pares', ma deve essere considerato 'primus super pares"'. Pecorella ha aggiunto che bisogna prendere atto del fatto che "con la legislazione di oggi sulle elezioni delle cariche politiche, la posizione del presidente del Consiglio si è venuta staccando da quella che era stata disegnata dalle tradizioni liberali".

GLI SCENARI - Secondo alcune anticipazioni, è possibile un rinvio della camera di consiglio - il cui inizio è previsto per oggi pomeriggio - se un giudice chiederà tempo per lo studio degli atti. Rinvio che potrebbe andare anche alla settimana prossima, visto che giovedì cinque giudici sono attesi a un incontro internazionale all'estero. Tre sono le possibili soluzioni: il no ai ricorsi e quindi l'ok al Lodo Alfano così com'è; l'accettazione parziale con la dichiarazione di parziale incostituzionalità del Lodo, le cui parti non approvate dalla Consulta potrebbero essere modificate con un disegno di legge; e infine la bocciatura integrale della legge, come avvenuto per il precedente Lodo Schifani.

 

06 ottobre 2009

 

 

 

 

 

 

LA LEGGE ALFANO E LA CORTE

L'anomalia di quel lodo

Poco più di sette an­ni fa — era il 2002 — scrivevo dell'im­munità parlamen­tare e avanzavo una propo­sta: "consentire al parla­mentare di scegliere tra sottomettersi al giudizio della magistratura o invo­care l'immunità. Però nel secondo caso non si potrà ripresentare alle elezioni e dovrà affrontare, a manda­to scaduto, il corso della giustizia. Questa proposta protegge il rappresentan­te nell'esercizio delle sue funzioni ma non consente a nessuno di sfuggire alla giustizia per tutta la vita. Immunità sì; ma non un’immunità che trasfor­mi le Camere in un santua­rio di indiziati in altissimo odore di colpevolezza".

Va da sé che questa pro­posta non fu accolta. Ven­ne invece approvata una legge che fu poi bocciata, nel 2004, dalla Corte Costi­tuzionale. Così ora ci risia­mo con il cosiddetto Lodo Alfano. Le novità sono due. Intanto scompare la parola immunità sostitui­ta dalla melliflua dizione "sospensione del proces­so penale". In secondo luogo questa immunità (perché tale è) si applica soltanto alle più alte cari­che dello Stato, e così di­venta, in apparenza, "im­munità salva-quattro".

In apparenza, perché an­che questo è un camuffa­mento. I presidenti delle due Camere non hanno mai chiesto un’immunità privilegiata, speciale, né si capisce perché ne abbiano bisogno, e cioè perché debbano essere insostitui­bili. Quanto al capo dello Stato, l'inquilino del Quiri­nale è già tutelato dall'arti­colo 90 della Costituzione, che lo rende indiziabile soltanto per "alto tradi­mento e per attentato alla Costituzione"; e in tal ca­so "è messo in stato d'ac­cusa dal Parlamento" (non dalla magistratura). Ne consegue che la "sal­va- quattro" è in realtà una cortina fumogena per una leggina ad personam (dav­vero con fotografia) che è soltanto "salva-uno" che è soltanto salva-Cavaliere.

Il fatto è che in tutte le democrazie un capo del governo viene sostituito senza drammi e senza che questo evento "possa osta­colare seriamente l'eserci­zio delle funzioni politica­mente più elevate" (come sostiene melodrammatica­mente l'Avvocatura dello Stato). Melodrammatico o no, l'argomento (discutibi­lissimo) non è un argo­mento giuridico. La Corte, che udirà il caso domani, dovrà soltanto valutare se il privilegio di intoccabili­tà a vita appetito da Berlu­sconi sia costituzional­mente accettabile.

Già, a vita. Il Lodo parla di sospensione tempora­nea; ma sembra che lasci aperto, senza dare nell'oc­chio, un varco fatto su mi­sura per Berlusconi. Nel te­sto Alfano, articolo 5, la "sospensione non è reite­rabile " se applicata a suc­cessive investiture in altre cariche; ma tace su succes­sive investiture nella stes­sa carica. Pertanto basta che Berlusconi si faccia sempre rieleggere presi­dente delConsiglioperes­sere salvaguardato sine die , senza termine. Intravedo già che l’ono­revole avvocato Ghedini di­rà proprio così. Mi chiedo se la mia pro­posta del 5 agosto 2002 non fosse meglio dei mo­striciattoli escogitati da al­lora.

Giovanni Sartori

05 ottobre 2009

 

 

 

 

 

Ma quel Lodo non è una vera immunità

Caro direttore,

quando la Consulta de­ve affrontare questioni non solo di notevole com­plessità giuridica, ma an­che di innegabile delicatez­za politico- istituzionale, credo sia per essa essenzia­le attenersi ai propri prece­denti. Nella materia cui il Lodo Alfano si riferisce, il precedente è del 2004. La Corte chiarì allora che la so­luzione del Lodo Schifani introduceva nell’ordina­mento un caso di sospen­sione processuale, per la durata del mandato, in rela­zione a reati comuni com­messi dalle alte cariche del­lo Stato. Questo fu scritto con chiarezza nella senten­za: non di una immunità si tratta, ma di una sospensione processuale. Tant’è che il Lodo Schifani fu dichiarato incostituzionale, ad esempio, perché non consentiva al titolare del­la carica di rinunciare alla sospensione. Se la Corte avesse ritenuto di trovarsi di fronte a una immunità, quel rilievo non avrebbe avuto sen­so, perché le immunità, in quanto riferite alla funzione, non sono liberamente rinunciabili dal titolare della carica "protetta". L’attuale Lodo Alfano segue la stessa impo­stazione, con le correzioni di cui dirò. E que­sto mi serve a dire che l’argomento fondamen­tale spesso usato dai sostenitori dell’incostitu­zionalità del Lodo — ci vuole la legge costitu­zionale, non basta la legge ordinaria — è in­fondato.

Solo se si trattasse di una vera immu­nità, essi avrebbero ragione. Certo, la Corte po­trà cambiare opinione, ma si tratterebbe di un revirement abbastanza clamoroso. In generale, poi, il legislatore attuale ha tenu­to conto dei rilievi che la Corte fece al preceden­te lodo Schifani. Come ricordavo, la carica isti­tuzionale imputata può ora rinunciare alla pro­tezione in ogni momento. Inoltre, la durata del­lo scudo processuale parrebbe non più indefini­ta, poiché la legge stabilisce che la sospensione opera per la sola durata della carica o funzione e non è reiterabile, salvo il caso di nuova nomi­na nel corso della stessa legislatura, né si appli­ca in caso di successiva investitura in altra delle cariche o funzioni. Ancora, la vittima del reato ha ora agevolazioni procedurali per trasferire la causa in sede civile, onde ottenere comunque in tempi stretti un risarcimento. La prescrizio­ne del reato, a sua volta, non decorre per tutta la durata della sospensione del processo.

Il legislatore ha qui operato un bilanciamen­to non irragionevole fra due esigenze contrap­poste, ma entrambi meritevoli di protezione: quella per cui nessuno può sottrarsi all’eserci­zio della giurisdizione, e quella per cui l’eletto a cariche di vertice deve poter affrontare le pro­prie responsabilità istituzionali senza essere co­stretto a trascurare le esigenze della propria di­fesa in giudizio, ovvero non deve essere costret­to a scegliere fra le une e le altre. Bilanciamento ragionevole in un contesto costituzionale che non conosce più l’immunità parlamentare e in cui non è raro che iniziative giudiziarie possa­no essere utilizzate come arma contro avversari politici. So bene che la soggezione di chiunque alla giurisdizione è un principio essenziale del costituzionalismo. Ma vorrei ricordare che ha un peso non indifferente anche l’esigenza di ga­rantire che chi ha avuto il consenso democrati­co possa esercitare le proprie funzioni in piena legittimazione morale e politica. Aggiungo, infine, che la scelta del legislato­re è stata esplicitamente non disprezzata dal Capo dello Stato, che in più occasioni ha ri­chiamato proprio l’adeguamento della nuova legge alle prescrizioni contenute nella senten­za del 2004. Vero che la pervasività del con­trollo di costituzionalità operato dalla Corte non è paragonabile a quello che il Capo dello Stato può svolgere, ad esempio in sede di pro­mulgazione delle leggi. Ma sono convinto che il dato non sia senza peso.

Nicolò Zanon

Costituzionalista

 

REPUBBLICA

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2009-10-10

Il senatore Malan ha presentato un disegno di legge per reintrodurla

"Con la volontà di riportare l'armonia e l'equilibrio fra le istituzioni"

Immunità, il Pdl accelera

ma le opposizioni fanno muro

Casini: "E' pura follia". Bersani: "Prima servono altre riforme"

Immunità, il Pdl accelera ma le opposizioni fanno muro

Pierluigi Bersani

ROMA - Dopo la bocciatura del Lodo Alfano da parte della Corte Costituzionale, si fa avanti nella maggioranza l'idea di ripristinare l'immunità parlamentare. Il senatore del Pdl Lucio Malan ha presentato un disegno di legge per reintrodurla e il capogruppo Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto ipotizza di aprire, dopo il congresso del Pd, il dialogo con le opposizioni sulle riforme e mette l'immunità tra i temi di un'organica riforma della giustizia. Ma le opposizioni fanno muro.

Nel ddl, presentato a Palazzo Madama, Malan ricorda che l'immunità fu introdotta dai padri Costituenti e "fu un errore modificarlo nel '93 sull'onda della piazza". Lo spirito della proposta del senatore Pdl è "la volontà di riportare l'armonia e l'equilibrio tra le istituzioni". Ed è ai padri costituenti, "a partire da Oscar Luigi Scalfaro", che fa riferimento anche il ministro Renato Brunetta per spiegare la sua posizione sul ritorno dell'immunità parlamentare.

Cicchitto inserisce la proposta in un pacchetto di riforme necessarie e da affrontare in un clima di dialogo con le opposizioni, ben diverso da quello attuale. "Nessun tema - sostiene il capogruppo Pdl - può essere considerato un tabù intoccabile se si vuole riformare lo Stato, rinnovare le istituzioni e ridisegnare quei rapporti tra politica e magistratura che sono stati devastati nel '92-'94 dal circolo mediatico-giudiziario".

L'opposizione è contraria. Per Pier Luigi Bersani più che l'immunità è il caso di affrontare altre riforme, come quella della legge elettorale, mentre il leader Udc Pier Ferdinando Casini taglia corto: "Ripristinarla è pura follia".

(10 ottobre 2009)

 

 

 

 

 

2009-10-10

LA LETTERA

Le due ottime ragioni della Consulta

di ALESSANDRO PACE

Caro direttore, da più parti, e non solo dal centro-destra, si muovono alla sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato l'incostituzionalità del cosiddetto Lodo Alfano due rilievi critici: il primo, di aver rinnegato ciò che nel 2004 aveva affermato, e cioè che l'"assicurazione del sereno svolgimento delle rilevanti funzioni che ineriscono" alle alte cariche dello Stato costituirebbe "un interesse apprezzabile"; il secondo, di non aver esplicitato che il Lodo Schifani violava l'articolo 138 oltre agli articoli 3 e 24 della Costituzione.

Il primo rilievo è inesatto, perché se è vero che tali parole figurano nel paragrafo 4 della sentenza, è anche vero che esse vanno lette alla luce della frase conclusiva dello stesso paragrafo, che suona così: "Occorre ora accertare e valutare come la norma incida sui principi del processo e sulle posizioni e sui diritti in esso coinvolti". Una frase, quest'ultima, che rende chiaro, al lettore attento, come l'effettiva rilevanza costituzionale di quell'interesse costituisse, per la Corte, non la conclusione di un iter argomentativo, ma un problema (ancora) da valutare alla luce dei principi costituzionali. Ciò che la Corte ha poi fatto nei paragrafi 6, 7 e 8 evidenziando il contrasto della legge Schifani con il "principio della parità di trattamento rispetto alla giurisdizione, il cui esercizio, nel nostro ordinamento, sotto più profili è regolato da precetti costituzionali".

Il secondo rilievo è altrettanto inesatto. È vero che in quella sentenza non si parla dell'articolo 138, ma il riferimento a questa norma, per quanto implicito, è trasparente (almeno per un costituzionalista). Non si può infatti sostenere, nel contempo: a) che la Costituzione sia superiore alle leggi ordinarie; b) che essa sia posta allo stesso livello delle leggi ordinarie che possono modificarla.

Ne segue che, nel momento stesso in cui la Corte ha annullato il Lodo Schifani alla luce degli articoli 3 e 24 della Costituzione, essa - nel riaffermare la superiorità della nostra Carta fondamentale (che è un "prius logico" di tutte le sentenze della Corte costituzionale dichiarative dell'incostituzionalità di una legge) - ha altresì certificato anche l'insufficienza formale della legge ordinaria come strumento normativo idoneo a modificare le disposizioni costituzionali alla luce delle quali la legge è stata annullata.

Pertanto, qualora, nonostante la sentenza n. 24 del 2004, il governo e il Parlamento avessero voluto - come è appunto avvenuto - riprodurre, pur con taluni (insufficienti) ritocchi, la norma derogatoria del principio costituzionale d'eguaglianza già dichiarata incostituzionale, avrebbero dovuto seguire la procedura dell'articolo 138, essendo già stata accertata l'insufficienza della procedura ordinaria.

In conclusione, è bensì vero che la sentenza non forniva, in positivo, questa indicazione (la Corte non era tenuta a farlo); ma è altrettanto vero che, dato il contenuto decisorio della sentenza, non c'era, per il legislatore, altra via da tentare.

Dico "tentare", perché è assai discutibile che una legge ad personam, come le leggi Schifani e Alfano volute nell'interesse di un solo soggetto, potrebbe superare il vaglio del sindacato di costituzionalità non solo con riferimento all'articolo 3 della Costituzione ma anche (e soprattutto) all'articolo 1 comma 2, secondo il quale "la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione". Da cui chiaramente deriva che nel nostro ordinamento costituzionale non esistono "sovrani" o "unti del signore" che si pongano al di sopra dei cittadini.

*L'autore è professore di Diritto costituzionale presso l'Università La Sapienza di Roma

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La campagna mediatica del premier in vista delle regionali di marzo

Il premier si sente "sotto assedio" e rivela: "I servizi temono un attentato contro di me"

Il Cavaliere cerca un'exit strategy

"Devo far dimenticare i processi"

di FRANCESCO BEI

Il Cavaliere cerca un'exit strategy "Devo far dimenticare i processi"

ROMA - È il Sud la nuova frontiera che Berlusconi si è dato per uscire dall'angolo, per rompere quell'accerchiamento che vede intorno a sé. Perché, si è sfogato, "vorrebbero che d'ora in poi mi occupassi solo dei processi". È quello di Tremonti il braccio a cui si aggrappa per uscire dall'angolo, per chiudere in fretta, pur senza perderci la faccia, quello scontro istituzionale che ha innescato con il Quirinale.

"Ci vuole un'exit strategy da questa guerriglia quotidiana - ragiona uno dei suoi collaboratori - e Berlusconi dà il meglio di sé quando riesce a darsi una missione". Ecco, il "piano Berlusconi" per il Sud, che ha impegnato Tremonti e il premier in un lungo faccia a faccia a palazzo Grazioli due giorni fa, è tra le priorità "tattiche" del governo. Visto che a marzo andranno al voto milioni di elettori in Campania, Puglia, Calabria e Basilicata. Solo che anche su questo fronte non mancano le spine, come si è visto ieri con la mezza rivolta proprio dei forzisti meridionali - Raffaele Fitto, Stefania Prestigiacomo - contro il decisionismo solitario del ministro dell'Economia sul mezzogiorno. E a Berlusconi non è rimasto altro da fare che rinviare tutto a un altro Consiglio dei ministri.

Raccontano che il premier sia in cerca di una via d'uscita, molto preoccupato per la situazione economica che non migliora (così lo descrivono gli imprenditori che hanno cenato con lui a Gernetto) e angosciato per gli "agguati" che la magistratura starebbe ordendo ai suoi danni. Con i suoi è persino arrivato a evocare lo spettro di un aggressione fisica, un rischio che gli sarebbe stato segnalato dall'intelligence. "Questa campagna mediatica contro di me - ha confidato infatti durante l'ufficio di presidenza del Pdl - ha messo in allarme i Servizi. Mi hanno detto di stare in guardia, temono che possa essere vittima di qualche squilibrato in cerca di notorietà mondiale. E mi hanno invitato caldamente a non stare troppo in mezzo alla gente, ma come si fa?".

Nel frattempo - proprio sul Mezzogiorno, il terreno scelto da Berlusconi per il rilancio - nel Pdl altri leader stanno prendendo l'iniziativa. Oggi a Salerno, organizzato da Farefuturo e da MezzogiornoNazionale di Pasquale Viespoli, si terrà un convegno che vedrà come protagonisti Gianfranco Fini e Giulio Tremonti. E al tavolo prenderà posto Guglielmo Epifani, leader di quella Cgil che l'ala dura del governo vorrebbe invece mettere all'indice. "La Cgil - spiega Viespoli - è un soggetto importante e noi non abbiamo chiusure". È il segno che anche nel Pdl, in questa fase "liquida", qualcosa si sta muovendo e non a caso i primi a venire allo scoperto sono i due leader che più hanno rapporti con l'altra sponda: Tremonti con l'Aspen e, appunto, Fini. "Oggi - osserva Adolfo Urso - nel Pdl o ti confronti sulle idee di Tremonti o su quelle di Fini, sono loro due i motori del dibattito. Ed entrambi tendono a parlare anche all'altra metà del paese". È l'idea di poter aprire una stagione di riforme condivise o, per lo meno, non osteggiate dall'opposizione. Un obiettivo, insomma, distante da quello che ha in mente Berlusconi. E non a caso un fedelissimo del Cavaliere come Giorgio Stracquadanio lancia provocatoriamente l'idea di una riforma della Costituzione approvata a colpi di maggioranza. "Occorre - spiega - uno scatto di impronta gollista perché andare avanti con i "lodi" significa prendere l'aspirina per curare un tumore. Berlusconi deve intestarsi la riforma e poi, come De Gaulle, imporre lui stesso un referendum". Altrimenti? "Se aspettiamo ancora il domani, a Berlusconi fanno fare la fine di Craxi: invece che ad Hammamet andrà ad Antigua".

(10 ottobre 2009)

 

 

 

 

 

 

 

2009-10-09

Conferenza stampa del premier al termine del Consiglio dei Ministri

Il Cavaliere torna ad accusare la Consulta: "Non leale". Ma è conciliante con Napolitano

Berlusconi: "Sono il più perseguitato della Storia

I giudici vogliono sovvertire il voto degli elettori"

E ricorda il numero delle udienze: 2500. Poi un lapsus quando si lamenta dell'esborso

"Ho speso 200 milioni di euro per i giudici... Scusate, per gli avvocati"

Berlusconi: "Sono il più perseguitato della Storia I giudici vogliono sovvertire il voto degli elettori"

Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi

ROMA - "Sono sempre stato assolto. Due volte ho avuto la prescrizione, che non è una condanna. Sono l'uomo politico più perseguitato di tutta la Storia, di tutte le epoche del mondo, con 2500 udienze. Non sono comunque impensierito". Il premier Silvio Berlusconi nella conferenza stampa seguita al Consiglio dei ministri si è nuovamente scagliato contro quelli che da sempre definisce gli attacchi della magistratura, assicurando che per difendersi in tribunale in questi anni ha speso "200 milioni di euro per i giudici... Scusate, per gli avvocati" (un lapsus corretto immediatamente dopo che i ministri al suo fianco gliel'hanno fatto notare).

"Sono sempre stato assolto. Due volte ho avuto la prescrizione, che non è una condanna. Ho tutte queste cause perché sono presidente del Consiglio e rappresento un argine alla sinistra in Italia", ha detto nuovamente Berlusconi, tornando a definirsi "il miglior premier di sempre". " "I processi di Milano sono autentiche farse. Andrò in tv e lo spiegherò agli italiani. Vogliono sovvertire il voto degli elettori".

Il premier è tornato anche sulla sentenza della Corte Costituzionale sul lodo Alfano: "Il comportamento della Consulta è stato non leale verso il Parlamento e io credo che la lealtà sia importante nei rapporti tra istituzioni". Niente più recriminazioni invece nei confronti del presidente della Repubblica Napolitano (che in un primo momento aveva accusato di non aver usato la sua influenza nei confronti della Corte Costizionale): "Per il futuro sono convinto che sia possibile una leale dialettica tra il Quirinale e il governo e sono certo che non ci saranno ostacoli al programma di riforme per cambiare l'Italia".

Anche se ha sottolineato il fatto che Napolitano è di sinistra, come la maggioranza della Corte Costituzionale: "Non è sicuramente super partes la Corte Costituzione con i suoi cinque giudici di sinistra nominati dagli ultimi tre presidenti della Repubblica di sinistra. Questo è un fatto, come è un fatto che Napolitano sia sempre stato un protagonista della sinistra e nulla può cambiare la sua storia. Non credo di non dire nulla fuori di ragione - ha detto Berlusconi- se mi permetto di ricordare che questa è la situazione".

(9 ottobre 2009) Tutti gli articoli di politica

 

 

 

 

 

Ancora grande spazio sulla stampa straniera alle vicende politiche italiane

Il Financial Times: "Senza Berlusconi il Paese starebbe sicuramente meglio"

NYT: "Mercoledì un bel giorno

per la democrazia italiana"

di ANGELO AQUARO e ENRICO FRANCESCHINI

NYT: "Mercoledì un bel giorno per la democrazia italiana"

LONDRA - Nella marea di articoli sul caso Berlusconi pubblicati oggi dalla stampa internazionale, spiccano gli editoriali non firmati, dunque espressione del pensiero della direzione del giornale, come usa nel mondo anglosassone, di quattro dei più autorevoli quotidiani del mondo: Financial Times, New York Times, Wall Street Journal, Guardian. Quello del più importante quotidiano finanziario d'Europa suggerisce senza mezzi termini agli alleati del presidente del Consiglio di liberarsi di lui per il bene dell'Italia. Una valutazione condivisa dall'altra parte dell'Atlantico dal Nyt, secondo il quale "l'era Berlusconi è durata troppo".

L'editoriale del giornale newyorkese, intitolato "La Legge e Silvio Berlusconi", inizia con un giudizio tranciante: "Mercoledì è stato un brutto giorno per Silvio Berlusconi ma un bel giorno per la democrazia italiana". Il riferimento è alla sentenza della Corte costituzionale su quella che il New York Times definisce "la vergognosa legge approvata dopo le elezioni dello scorso anno che garantiva a Berlusconi l'immunità dai processi per tutto il tempo in cui rimaneva in carica". Il quotidiano osserva poi che "la Corte Costituzionale ha ricordato il principio fondamentale della democrazia che nessuno, neppure il più ricco o il più potente, può ergersi sopra la legge, anche se un Parlamenteo compiacente gli costruisce per legge l'immunità". Dopo aver ricordato i processi che riprenderanno, il Nyt scrive: "Gli avvocati di Berlusconi sostengono che la necessità di difendersi nei processi distrarrano il premier dai suoi doveri. Ma lui già sembra aver speso molta più energia a difendersi dai suoi controversi casi personali che a reagire ai problemi che attanagliano l'Italia... Non è una situazione accetabile per l'Italia e per l'Europa. L'era Berlusconi è durata troppo a lungo, con troppi pochi risultati positivi. E' tempo per entrambe le coalizioni di sviluppare una nuova generazione di leader più costruttivi e competenti da presentare agli elettori".

"La sentenza della Corte Costituzionale (che gli ha tolto l'immunità) è il più serio smacco subito da Berlusconi nel suoi 15 anni in politica", afferma l'editoriale del Financial Times. "Da un anno il premier è coinvolto in uno scandalo di prostitute e veline, ma la decisione della Corte lo colpisce dove fa più male. Il premier dovrà ora affrontare una serie di processi in cui è accusato di corruzione ed evasione fiscale". Il giornale della City ricorda la reazione di Berlusconi secondo cui si tratta di un complotto politico orchestrato contro di lui dalla sinistra, ma obietta: "Il giudizio della Corte è giusto. Il capo di governo, in una democrazia, non può essere al di sopra della legge". Il risultato è che Berlusconi, "chiaramente indebolito", dovrà passare più tempo a occuparsi dei suoi problemi legali e meno a occuparsi degli affari di governo, mentre l'immagine internazionale dell'Italia "soffrirà ulteriormente". Berlusconi entrò in politica dopo la crisi creata da Tangentopoli, "per darsi una piattaforma da cui difendersi dalle accuse di corruzione" che già lo riguardavano, scrive il Ft, "ed è una tragedia, per l'Italia e per l'Europa, che lo abbia fatto". L'Italia, per causa sua, "non è riuscita a maturare politicamente". Molti italiani ancora appoggiano Berlusconi, conclude l'editoriale del Financial Times, "ma i suoi alleati di centrodestra dovrebbero contemplare l'idea di disfarsi di lui. L'Italia starebbe certamente meglio senza Berlusconi".

Anche l'editoriale del Guardian, uno dei più autorevoli quotidiano britannici, rammenta la tesi di Berlusconi di un complotto della sinistra contro di lui che coinvolgerebbe i tre ultimi presidenti della Repubblica, uno dei quali, Scalfaro, era "un fervente cattolico anticomunista", e un altro, Ciampi, "un banchiere e un tecnocrate". E allora, osserva il Guardian, di che cospirazione si tratta? "Non c'è stato alcun complotto. La persona che è pericolosa, nel senso che sta attivamente danneggiando le istituzioni italiane, è Berlusconi". Per questo, afferma il giornale londinese, è necessario che ora, abolita l'immunità, i processi contro di lui riprendano e vadano avanti: "Ogni altro corso di eventi spingerebbe ancora di più l'Italia lontano dal suo presente democratico e indietro verso il suo passato fascista".

Con un titolo che parafrasa il famoso romanzo di Kundera, "L'insostenibile nudità legale di Silvio Berlusconi", l'editoriale del Wall Street Journal riassume quello che è accaduto e fa le ipotesi su quel che accadrà, inclusa la possibilità che i processi avanzino lentamente, che il premier non venga condannato per la scadenza dei termini processuali e che tutto continui più o meno come ora. Ma in tal caso, conclude il quotidiano finanziario americano, "il vero perdente sarebbe il popolo italiano".

Il Financial Times dedica alla vicenda anche un'intera pagina di servizi, con un'ampia infografica sulla galassia del potere economico di Berlusconi, notando la ridda di supposizioni sui mercati all'indomani della sentenza che ha condannato la Finivest a pagare 750 milioni di euro di risarcimento alla Cir di Carlo De Benedetti come conseguenza della corruzione con cui Berlusconi ottenne il possesso della Mondadori. Una possibilità, scrive il Ft citando un "senior Milan banker", un importante banchiere milanese, che chiede di restare anonimo, è che "le ambizioni di espansione all'estero" del Cavaliere saranno ridotte, per esempio per quanto riguarda il tentato acquisto di TeleCinco in Spagna. Un'altra è che Berlusconi decida di vendere il Milan, come lo spingerebbe a fare, secondo il Ft, "sua figlia Marina".

In un altro articolo, il giornale nota che, nonostante le affermazioni ufficiali di solidarietà al premier da parte dei suoi alleati, la sentenza della Corte "ha esposto divisioni nella coalizione di maggioranza". Il Ft nota che Gianfranco Fini ha preso seccamente le distanze dalle critiche di Berlusconi al presidente della repubblica Napolitano. E nota che anche il ministro del Tesoro Giulio Tremonti, "come Fini un possibile contendente per la successione a Berlusconi", ha evitato di criticare il capo dello Stato. Quale che sia l'esito dei processi contro il premier, osserva l'articolo, "un governo indebolito, in conflitto con il potere giudiziario e con il Quirinale, esaspererebbe una lotta intestina per il potere, rischiando di trasformare Berlusconi in un'anatra zoppa".

E' la medesima previsione di una news analyses del corrispondente da Roma del Times di Londra, Richard Owen: "L'Houdini della politica italiana potrebbe finire per diventare un'anatra zoppa". Anche il quotidiano londinese dedica una pagina intera alle conseguenze della sentenza della Consulta, condividendo l'impressione di "divisioni" crescenti all'interno della maggioranza.

Un analogo corsivo sul Daily Telegraph, uno dei principali quotidiani conservatori britannici, rammenta che "in Occidente il concetto di uguaglianza di tutti davanti alla legge è uno dei capisaldi della democrazia" e l'idea che un leader voglia mettersi al di sopra della legge "crea paralleli con dittatori di mezzo mondo". E in ogni caso la linea di difesa del premier italiano, secondo cui i processi toglierebbero tempo prezioso alla sua attività di governo, non regge, ironizza Adrian Michels, il caporedattore esteri del Telegraph, considerato che Berlusconi "sembra avere trovato un sacco di tempo per le attività extra-governative che hanno spinto sua moglie a chiedere il divorzio".

Il Guardian di Londra scrive che, dopo la sentenza, nel breve spazio di 24 ore, Berlusconi ha "insultato la Corte Costituzionale, messo in dubbio l'imparzialità del presidente della Repubblica e dei suoi predecessori, e ridicolizzato una parlamentare in diretta tivù". Lo spagnolo El Pais afferma che Berlusconi ha risposto alla decisione della Corte "attaccando i poteri istituzionali con isteria, brutalità e insulti"; e in un altro articolo ricorda che il parlamento europeo ha criticato la concentrazione dei media in Italia.

Ci sono moltissimi altri articoli e commenti sulla Berlusconi-story, dal tedesco Die Welt al francese Le Monde, dall'Irish Times alla svizzera Tribune de Geneve, dal Figaro all'Australian. Una segnalazione la merita un editoriale sul quotidiano parigino Liberation, che partendo dalle frasi pronunciate dal premier subito dopo la sentenza, "Viva l'Italia, Viva Berlusconi", commenta parafrasando il celebre motto del Re Sole: "Berlusconi dice, l'Italia sono io. Poveri italiani".

(9 ottobre 2009)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2009-10-08

LODO ALFANO COMMENTI STAMPA ESTERA 2009-10-08

Lodo Alfano, Berlusconi attacca

"Vedrete di che pasta sono fatto"

Fini e Schifani al Quirinale

Il premier dopo gli attacchi alla Consulta e a Napolitano ("Mi sento preso in giro dal presidente") dice: "Il governo andrà avanti con più grinta di prima". Ma Fini: "Rispettare Napolitano e Consulta". Esplode il caso Bindi. I presidenti di Camera e Senato a colloquio con Napolitano

 

16:28 Fini e Schifani da Napolitano

I presidenti di Camera e Senato, Gianfranco Fini e Renato Schifani, si stanno recando al Colle per un colloquio con il Capo dello Stato Giorgio Napolitano. E' quanto si apprende da fonti parlamentari.

16:16 Draghi: "Nessuna ricaduta economica"

"La bocciatura del Lodo Alfano non avrà conseguenze sull'economia" dice il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi.

16:05 Bersani: "No alle picconate della convivenza civile"

No alle "picconate alle mura portanti della nostra convivenza civile. Bisogna richiamare tutti, l'opinione pubblica, ad un presidio fondamentale della nostra Costituzione" e con essa alla Corte costituzionale, al Parlamento, al presidente della Repubblica". Lo ha detto Pier Luigi Bersani candidato alla segretaria del Pd,

15:40 Franceschini: "Solidarietà a Rosy Bindi"

Questa mattina il segretario del Pd Dario Franceschini ha telefonato a Rosy Bindi per esprimere alla vicepresidente della Camera la sua solidarietà "per le offese volgari e maleducate a lei rivolte dal presidente del consiglio Berlusconi" durante la puntata di 'Porta a porta' andata in onda ieri sera.

15:33 Monaca (Pd): "Aprire gli occhi"

"Di che altro c'è bisogno perchè centristi e terzisti aprano gli occhi?" Così Franco Monaco, ulivista del Pd.

15:23 Cacciari: "Solidarietà a Napolitano"

Massimo Cacciari ha inviato un telegramma di solidarietà al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. "Il Paese ha bisogno di lei più che mai" scrive il sindaco di Venezia. "Carissimo Presidente - prosegue Cacciari - per quel che vale, vorrei esprimerle la mia piena solidarietà di fronte ai vergognosi attacchi di cui è stato fatto oggetto in questi ultimi giorni".

15:15 Bondi a Fini: "Non capisce la sostanza del problema"

"La posizione espressa dal presidente della Camera è ineccepibile dal punto di vista formale, ma al pari di quella resa nota dal Capo dello Stato, appare a mio avviso incapace di comprendere la sostanza dei problemi storici e politici che stiamo vivendo da oltre un decennio". Lo dice il coordinatore nazionale del Popolo della libertà, Sandro Bondi, che aggiunge: "Le posizioni freddamente istituzionali a contatto con una realtà incandescente, che vive drammaticamente nella coscienza dei milioni di uomini e di donne, rischiano di tradire una forte assunzione di responsabilità non solo dal punto di vista politico, ma ancor più istituzionale".

14:52 Sinistra e libertà: "Emergenza democratica, opposizione sia unita"

''Di fronte ad un'emergenza democratica, nessun partito dell'opposizione si muova da solo''. Lo afferma Claudio Fava del Coordinamento Nazionale di Sinistra e Liberta'. ''Sinistra e Liberta' - prosegue Fava - chiede a Franceschini, Di Pietro, Casini, alle altre forze politiche fuori dal Parlamento, di incontrarsi subito per lanciare una mobilitazione nazionale in difesa della Costituzione''

 

14:38 Bonaiuti: "Oggi Pdl decide la linea"

"Oggi c'è un comitato di presidenza del Pdl che deciderà la linea per i prossimi giorni. Parteciperanno certamente anche gli ex-An. Ieri prima della sentenza Fini aveva parlato con Bossi, che in seguito è venuto da Berlusconi e tra i tre c'era un'assoluta concordia, come del resto hanno scritto tutti i giornali". Lo afferma il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Paolo Bonaiuti, alla trasmissione '28 minuti'.

14:18 Soro: "Parole incivili sulla Bindi"

"Le rozze e incivili parole con cui il presidente del consiglio e il sottosegretario Castelli si sono rivolti all'on. Rosy Bindi sono segno ulteriore della degenerazione di una stagione politica in cui al governo siedono persone prive di equilibrio e di senso delle istituzioni".

13:50 Donne Pd: "Indignate con Berlusconi"

"Grande è lo sgomento, grande è l'indignazione, ma ancor più grande è la nostra convinzione: la democrazia è un bene non disponibile per Berlusconi, così come non lo è la dignità delle donne". Insorgono le donne del Pd dopo gli insulti in diretta a Porta a Porta del premier a Rosy Bindi.

13:22 Donadi: "Berlusconi antidemocratico"

"Il nostro presidente del consiglio esprime il vero volto di una cultura antidemocratica e crede di poter fare ciò che vuole solo perché è stato votato dagli italiani". Lo ha detto Massimo Donadi dell'Idv

13:18 Calderoli: "Rispetto la sentenza"

Non si deve necessariamente stare da una parte o dall'altra, si può stare da tutte o da nessuna. Rispetto la sentenza di ieri e dico che è giusto che tutti, come dice l'articolo 3 della Costituzione, siano uguali davanti alla legge ma la legge deve anche essere uguale per tutti". Lo ha detto il ministro della Semplificazione normativa, Roberto Calderoli. 'Se vedo una

persona presa in giro, devo dire che e' il presidente della Repubblica, anzi diciamo che è 'fifty - fifty''.

13:16 Rotondi: "No alle elezioni anticipate"

"Nè elezioni nè manifestazioni di piazza: i nostri elettori ci chiedono di attuare integralmente il nostro programma, a cominciare dalla riforma di una giustizia divenuta la culla del conservatorismo anzichè la garanzia dei cittadini". Lo afferma il ministro per l'attuazione del Programma Gianfranco Rotondi.

13:12 Sacconi: "Andiamo avanti"

"Andiamo avanti forti di un indiscutibile mandato popolare nella consapevolezza di avere il dovere di guidare il Paese in un momento di crisi globale". Lo ha detto il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi

13:04 Franceschini: "Risponderemo con le primarie"

Il Pd è pronto a dare una risposta di "popolo" agli attacchi del premier agli organi costituzionali, e cioè con i propri elettori che si recheranno ai gazebo il 25 ottobre alle primarie. Lo ha detto Dario Franceschini durante una conferenza stampa nella sede del suo comunicato.

12:56 Chiti: "Grave l'attacco di Berlusconi"

"E' gravissimo l'attacco che il presidente del Consiglio muove al presidente della Repubblica: Berlusconi è l'uomo della divisione. Per tutelare i suoi interessi sarebbe pronto a distruggere il Paese. Le sue parole e quelle dei suoi corifei non offendono soltanto Napolitano ma la maggioranza dei cittadini italiani, che vede e apprezza il ruolo di equilibrio, di garanzia della Costituzione, di imparzialità svolto dal Presidente. Ritengo giusta e importante a questo proposito l'autorevole dichiarazione del presidente della Camera Fini" dice il vicepresidente del Senato Vannino Chiti.

12:20 Anm: "Sentenza da rispettare"

"Le sentenze della Corte Costituzionale si rispettano e l'ANM non intende commentarle". Lo ha detto il Presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati Luca Palamara, interpellato da Sky TG24

12:18 Di Pietro: "In piazza per far dimettere Berlusconi"

Una grande manifestazione, una piazza Navona 2 per chiedere a gran voce le dimissioni del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi dopo la bocciatura del lodo Alfano. Ad annunciarla è stato questa mattina Antonio Di Pietro, nel corso di una conferenza stampa. "Organizzeremo una manifestazione di piazza per chiedere che si vada alle urne", ha detto, e "per chiedere a gran voce al Silvio Berlusconi di andare davanti al suo giudice".

12:02 Epifani: "Serve serenità"

"Serve serenità ma ora è arrivato il momento che il Governo affronti i problemi del Paese". A dirlo è il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, commentando il lodo Alfano

12:00 Lombardo: "Stima per Berlusconi"

Sono venuto a trovare Berlusconi per esprimergli la mia stima incondizionata, la nostra grande amicizia e vicinanza, e per fargli sapere che può contare su di noi". Lo ha detto il governatore siciliano, Raffaele Lombardo, dopo un colloquio a palazzo Grazioli con il presidente del Consiglio.

11:49 Lupi: "Si torni alla normalità"

"In questi giorni abbiamo assistito ad attacchi del 'tutti contro tutti'. Mi auguro che il nostro Paese democratico torni alla normalità". Lo ha detto il vice presidente della Camera Maurizio Lupi.

11:40 Finocchiaro: "Attacchi eversivi"

"Chi è stato legittimamente nominato presidente del consiglio (non eletto direttamente) ha il diritto di governare e tutti i doveri che derivano dalla sua funzione e che sono stabiliti dalla nostra costituzione. Berlusconi invece ritiene di avere solo diritti" dice la presidente dei senatori del Pd Anna Finocchiaro. "Questo suo modo di concepire il ruolo di presidente del consiglio - prosegue in una nota - è fuori dai limiti previsti dalla nostra carta. E' da questa sua concezione del suo ruolo che deriva l'attacco eversivo a napolitano e alla Corte che in nessun paese democratico sarebbe consentito e che noi non consentiremo".

11:15 Soro: "Berlusconi preda di una crisi di nervi"

E' evidente che il presidente del Consiglio è in preda a una crisi di nervi e che ha bisogno di riposo" dice Antonello Soro, presidente deputati Pd.

11:00 Mancino: "Nessuna ricaduta politica"

"Gli effetti di questa sentenza non sono riproducibili sul terreno politico - continua manicno - C'è una maggioranza espressa dal corpo elettorale, che va avanti con le proposte contenute nel suo programma"

10:58 Mancino: "Giudici di destra o celestiali?"

I giudici della Corte costituzionale sono di sinistra? "Che devono essere di destra, o celestiali?". Così il vice presidente del Csm Nicola Mancino commenta le dichiarazioni del presidente del consiglio Silvio Berlusconi che, dopo la sentenza sul lodo Alfano, ha detto che i giudici della Consulta sono di sinistra. "La corte svolge il suo ruolo - rileva Mancino - i giudici hanno le loro convinzioni e dire che giudicano politicizzando le questioni in loro esame mi sembra un ritornello".

10:48 Franceschini: "Farneticazioni inqualificabili"

"Ieri sera è stato un elenco di farneticazioni inqualificabili" da parte del presidente del Consiglio contro la Consulta e Napolitano che è invece stato "ineccepibile". Lo dice Dario Franceschini, segretario del Pd, criticando anche le parole "giuridicamente sbagliate e politicamente suicide" di Antonio Di Pietro contro il capo dello Stato.

10:45 Letta, Romani e Confalonieri a palazzo Grazioli

Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, il viceministro con delega alle Comunicazioni, Paolo Romani, e il presidente di mediaset, Fedele Confalonieri, sono usciti da palazzo Grazioli

10:38 Schifani: "Maggioranza e opposizione decise dal popolo"

"La maggioranza e l'opposizione sono decise dal voto del popolo. Via di fuga parallele non sono praticabili: opporsi alla maggioranza è innanzitutto compito dell'opposizione parlamentare, che si esprime con l'autorevolezza che le ha conferito l'esito elettorale" dice il presidente del Senato Renato Schifani.

10:37 Mancino: "Da Berlusconi accuse rozze"

"La rozzezza delle accuse stavolta non ha proprio avuto un limite". Lo dice il vice presidente del Csm Nicola Mancino a proposito dell'attacco rivolto ieri da Silvio Berlusconi al Presidente della Repubblica dopo la sentenza sul 'lodo Alfano'.

10:29 Fini: "Sostengo il premier ma rispetti la Consulta e Napolitano"

"L'incontestabile diritto politico di Silvio Berlusconi di governare, conferitogli dagli elettori, e di riformare il Paese, non può far venir meno il suo preciso dovere costituzionale di rispettare la Corte Costituzionale e il Capo dello Stato". Lo dice il presidente della Camera dei deputati, Gianfranco Fini, in una nota.

10:28 Scajola: "Intralci contro Berlusconi"

"Nulla fermerà il dovere del governo di governare il Paese. Tanto più in un momento di difficoltà, nonostante gli intralci che molti mettono sul cammino dell'esecutivo Berlusconi" lo ha detto il ministro delle Attività produttive Claudio Scajola.

10:20 Di Pietro: "Il premier si dimetta"

Chiedo le dimissioni di Berlusconi per ragioni tecniche, non per odio personale. Berlusconi o si difende o fa il premier. Da domani succederà che tra un rinvio e l'altro i processi non si faranno e non sapremo se è colpevole o innocente. Quindi si dimetta e vada a fare ciò che da 15 anni sfugge, l'imputato". Lo ha detto Antonio Di Pietro, leader dell'Idv, ospite di Radio 24,

10:17 Schifani e Bagnasco: "La sentenza? No comment"

"No comment, no comment": così il presidente del Senato, Renato Schifani, ha risposto alla richiesta di un commento sul verdetto della Consulta sul Lodo Alfano. Nessun commento nemmeno dal presidente della Cei, Angelo Bagnasco, presente all'incontro.

10:04 Gasparri: "La Consulta sezione di partito di sinistra"

La Corte Costituzionale ''da ieri non e' piu' un organo di garanzia'', ''ha ingannato il Capo dello Stato facendo una scelta gravissima''. Insomma, ''ci troviamo di fronte ad una Corte Costituzionale che e' una sezione di partito di sinistra''. Lo ha detto il presidente del gruppo Pdl al Senato Maurizio Gasparri, intervenendo a 'La Telefonata' su Canale 5.

09:56 Di Pietro: "Dal Lodo bocciato una vittoria per Berlusconi"

Il lodo Alfano e' stato bocciato dalla Consulta ma questa legge incostituzionale ha permesso a Silvio Berlusconi di ''portare a casa un risultato'' e cioe' la quasi certa prescrizione del premier nel processo Mills. Lo ha detto il leader dell'Idv, Antonio Di Pietro, a Radio anch'io. ''Berlusconi ha gia' vinto'', ha detto Di Pietro, ricordando che l'introduzione del lodo Alfano obbligo' i giudici del Tribunale di Milano a stralciare la posizione del premier. Ora, decaduto lo 'scudo', il processo deve ricominciare da capo, spiega Di Pietro e ''non si fara' certo in tempo a concluderlo entro il termine" della prescrizione.

09:47 La Ue: "Sentenza prova che Paesi tutelano diritti fondamentali"

La Commissione europea non è l'unica istanza a tutelare i diritti fondamentali nell'Ue, lo fanno anche gli stati membri come dimostra la sentenza della Consulta sul Lodo Alfano. Lo ha detto il commissario europeo per l'informazione, Viviane Reding, durante il dibattito al Parlamento Europeo sulla libertà d'informazione in Italia. "La Commissione - ha detto - non ha competenza sull'intera tutela dei diritti fondamentali. Gli stati membri dispongono di Corti costituzionali, corti di appello, tribunali, che garantiscono i diritti fondamentali. Proprio ieri in Italia abbiamo avuto un esempio" con la sentenza della Consulta sul Lodo.

09:38 Di Pietro: "Napolitano si è messo in imbararazzo da solo"

Antonio Di Pietro torna a criticare Giorgio Napolitano dopo la pronuncia della Corte Costituzionale sul lodo Alfano. ''E' il Capo dello Stato che si e' messo in imbarazzo - dice il leader dell'Idv intervenendo a Radio anch'io - non solo firmando una legge incostituzionale ma dicendo che questa era costituzionale''. Tornando al premier, Di Pietro ribadisce la sua posizione: "Berlusconi deve dimettersi e vada a fare l'imputato nei processi che lo attendono''.

09:32 Avvenire: "Istituzioni sull'orlo del baratro"

Il quotidiano dei vescovi critica il premier Berlusconi per i commenti sulla bocciatura del Lodo Alfano da parte della Consulta e per le accuse al presidente Napolitano. Scrive Avvenire: "Una giornata tra le più difficili della storia repubblicana, presenta tinte talmente fosche da alimentare paradossalmente un`unica speranza: che tutti si rendano conto del rischio di avvitamento istituzionale che si sta correndo. E che in un soprassalto di saggezza si arrestino sull`orlo del precipizio che si affaccia davanti ai loro piedi".

09:05 Gasparri: "Consulta occupata da militanti di parte"

"C'è un'occupazione politica della Corte costituzionale, un vulnus. La Corte è occupata da militanti di parte". Lo ha detto il capogruppo Pdl al Senato, Maurizio Gasparri, nel programma "Mattino Cinque".

08:45 Berlusconi: "Meno male che Silvio c'è, se no Paese alle sinistre"

"Per fortuna che Silvio c'è, altrimenti il Paese sarebbe nelle mani della sinistra" che "usa il potere giudiziario ai fini di lotta politica". Lo ha detto Silvio Berlusconi al Gr1 Rai. Il premier è tornato ad attaccare la stampa: "E' tutta di sinistra con in testa 'Repubblica' e gli altri giornali"; la sinistra, ha aggiunto il prmeier, "ha tutti i programmi di approfondimento politico con la tv pubblica".

08:39 Berlusconi: "Mi difenderò in tribunale e in tv"

Berlusconi conferma che "il governo va avanti tranquillamente, se possibile con più grinta di prima, perchè si sente assolutamente indispensabile alla democrazia". Quanto al suo ruolo di imputato, il premier ha detto: "Ci sono due processi farsa, risibili, assurdi, che illustrerò agli italiani, anche andando in tv. Mi difenderò nelle aule dei tribunali, mostrando agli italiani di che pasta sono fatto".

08:31 Berlusconi: "Napolitano è di sinistra"

"C'è un capo dello Stato di sinistra e c'è una Corte Costituzionale con undici giudici di sinistra che non è certamente un organo di garanzia, ma è un organo politico come si è visto in questa occasione". Lo afferma il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, al Gr Rai. Su Napolitano il premier aggiunge: "E' stato eletto da una maggioranza di sinistra che non è più maggioranza nel Paese, e ha le radici della sua storia nella sinistra. Credo che anche l'ultimo atto di nomina di un magistrato della Corte dimostri da che parte sta"

08:29 Palamara: "Rispetto per la Corte"

"Rispetto per la Corte costituzionale": lo chiede Luca Palamara, presidente dell'Associazione nazionale magistrati, nel corso di un'intervista a Sky Tg24

08:17 Berlusconi: "Andiamo avanti"

Silvio Berlusconi: "Il governo andrà avanti con più grinta di prima"

08:15 Berlusconi: "Vedrete di che pasta sono fatto"

"Ci sono due processi-farsa, assurdi. Farò esporre al ridicolo i miei accusatori e farò vedere a loro e agli italiani di che pasta sono fatto". Lo ha detto il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi in una intervista al Gr1 mandata in onda questa mattina.

 

 

 

 

Pronuncia a maggioranza (nove a sei) della Corte costituzionale

"Non basta una legge ordinaria, violato il principio di uguaglianza"

La Consulta: lodo Alfano illegittimo

Berlusconi: "Vado avanti, giudici di sinistra"

Il premier attacca la Corte e il capo dello Stato: "Non mi interessa cosa dice Napolitano"

Giudizi durissimi ribaditi in tarda sera in una telefonata a Porta a Porta

di CLAUDIA MORGOGLIONE

La Consulta: lodo Alfano illegittimo Berlusconi: "Vado avanti, giudici di sinistra"

Palazzo della Consulta, sede della Corte costituzionale

ROMA - Il lodo Alfano è illegittimo, perché viola ben due norme della nostra Carta costituzionale: l'articolo 3, che stabilisce l'uguaglianza di tutti i cittadini (anche di fronte alla legge); e l'articolo 138, che impone l'obbligo, in casi del genere, di far ricorso a una legge costituzionale e non ordinaria. Lo hanno deciso, a maggioranza, i giudici della Consulta, riuniti in seduta plenaria dalla mattinata di ieri, a proposito del provvedimento che sospende i processi per le prime quattro cariche dello Stato. A questo link il testo della sentenza.

LE REAZIONI DEL MONDO POLITICO

Berlusconi: "Giudici di sinistra". La bocciatura a tutto campo, da parte della Corte costituzionale, colpisce un provvedimento fortemente voluto da Silvio Berlusconi. Che, prima, lascia commentare l'esito della vicenda al sottosegretario Paolo Bonaiuti: "Una sentenza politica, ma il presidente, il governo e la maggioranza continueranno a governare come, in tutte le occasioni dall'aprile del 2008, hanno richiesto gli italiani con il loro voto". Poi, uscendo da Palazzo Grazioli, non si tiene: "Vado avanti. La Consulta è politicizzata. E' di sinistra". E aggiunge: "Dobbiamo governare per cinque anni con o senza il Lodo. Non ci ho mai creduto perché una Corte Costituzionale con 11 giudici di sinistra era impossibile che approvasse tutto questo". Insieme, una filippica contro i giornali e i giornalisti di sinistra, i programmi di approfondimento di sinistra, il capo dello Stato "che sapete da che parte sta". Per concludere così: "A me queste cose mi caricano. Andiamo avanti. Viva Berlusconi". Più tardi, quando gli riferiscono le parole di imparzialità che arrivano da Quirinale ("Il capo dello Stato sta dalla parte della Costituzione con assoluta imparzialità"), il Cavaliere perde quasi le staffe: "Non mi interessa quello che dice Napolitano. Mi sento preso in giro".

Concetti che il premier ha poi ripetuto in una telefonata a Porta a Porta: "In Italia abbiamo una minoranza di giudici di sinistra, una stampa di sinistra con a capo Repubblica, una Rai che, a parte lei signor Vespa, va contro il governo, e in più un capo dello Stato espressione della vecchia maggioranza di sinistra". "Su Napolitano - ha insistito Berlusconi riferendosi ai giudizi espressi in precedenza - ho detto quello che penso: non ho nulla da modificare sulle mie dichiarazioni che potrebbero essere anche più esplicite e più dirette".

Più tecnico il primo commento del ministro della Giustizia che ha dato il nome al Lodo: "E' una sentenza che sorprende, e non poco, per l'evocazione dell'art.138 della Costituzione. La Corte Costituzionale - afferma il Guardasigilli - dice oggi ciò che avrebbe potuto e, inevitabilmente, dovuto dire già nel 2004 nell'unico precedente in materia". Poi, Alfano spiega: "E' incomprensibile come abbiano potuto spendere, nel 2004, pagine su pagine di motivazioni relative alla rinunciabilità della sospensione processuale, alla sospensione della prescrizione e tanto altro ancora senza fare alcun riferimento alla necessità di una legge costituzionale. Tale argomento, preliminare e risolutivo, è inspiegabile che venga evocato quest'oggi". E, a "Porta a porta", comunque, fa sapere che il governo non intende proporre un disegno di legge costituzionale.

Duro l'avvocato Niccolò Ghedini, avvocato del premier: "Questa è una sentenza con cui la Corte rinnega principi da se stessa già enunciati. Si pretende, contro la volontà popolare, che il presidente del Consiglio anzichè occuparsi dei problemi nazionali ed internazionali, sia costretto a seguire evanescenti processi".

Berlusconi ritorna imputato. La sentenza, sul piano pratico, sblocca i due processi milanesi a carico del premier (per corruzione in atti giudiziari dell'avvocato inglese Mills, e per reati societari nella compravendita dei diritti tv Mediaset), congelati proprio a causa del lodo. La Corte ha quindi accolto i dubbi di legittimità sollevati dai magistrati del capoluogo lombardo. La Consulta ha invece dichiarato inammissibile il terzo ricorso, proposto dal gip di Roma chiamato a decidere se archiviare (come chiesto dalla procura) la posizione di Berlusconi - indagato per istigazione alla corruzione di alcuni senatori, eletti all'estero durante la scorsa legislatura.

Corte divisa. I giudici costituzionali sono entrati in camera di consiglio ieri, ma la giornata si è conclusa con una fumata nera. Da qui la seconda riunione, quella odierna: mattinata ancora con un nulla di fatto, e poi, nel pomeriggio, la pronuncia è arrivata. Una scelta non facile, quella dei giudici. Anche perché tra i membri della Corte si è consumato uno scontro tra i favorevoli e i contrari. Fino alla decisione finale: a quanto sembra nove dei quindici membri si sono espressi per l'illegittimità, sei erano di parere diverso.

Il caso Bossi. Prima della pronuncia della Consulta, le parole più forti le ha pronunciate Umberto Bossi: "Non sarà bocciato, speriamo bene: ma non si può sfidare l'ira dei popoli. Se il lodo sarà bocciato la Lega trasformerà le elezioni regionali in un referendum sul premier". Parole, le sue, che hanno provocato reazioni forti di condanna, da parte di tutti i partiti di opposizione.

Le motivazioni della sentenza. Si conosceranno solo tra qualche settimana, quando il giudice relatore, Franco Gallo, le avrà messe nero su bianco, per poi sottoporle nuovamente al voto dei giudici in camera di consiglio.

CITTADINO LEX Tutti i documenti sul lodo Schifani e su quello Alfano

 

 

 

 

 

 

Berlusconi: "Napolitano mi aveva garantito, se chiamava i giudici

la legge passava. Gli italiani sono sempre stati la mia vera immunità"

Il Cavaliere a raffica contro tutti

"Giudici di sinistra, l'Italia è con me"

di FRANCESCO BEI

"IO VADO avanti, con o senza Lodo Alfano". Dopo un vertice di guerra a Palazzo Grazioli con lo stato maggiore di Lega e Pdl, messa da parte ogni prudenza, come pure gli aveva consigliato Fini, Berlusconi carica a testa bassa.

E la sua furia travolge tutti: il presidente della Repubblica, "espressione della vecchia maggioranza di sinistra", la Corte costituzionale, la magistratura, la stampa, le trasmissioni televisive. "Abbiamo - esordisce davanti ai giornalisti chiusi in un recinto di transenne a palazzo Grazioli - una minoranza di magistrati rossi che usano la giustizia ai fini di lotta politica. Abbiamo il 72% della stampa che è di sinistra. Abbiamo tutti gli approfondimenti della tv pubblica che sono di sinistra. Ci prendono in giro anche con gli spettacoli comici. Il capo dello Stato sapete da che parte sta... Abbiamo inoltre i giudici della Corte eletti da tre capi di Stato di sinistra, che fanno della Consulta non un organo di garanzia ma politico".

Il Cavaliere non risparmia nessuno, è furibondo. E la stessa atmosfera di via del Plebiscito è elettrica, con decine di agenti e carabinieri schierati per tenere lontana la folla. L'incubo del premier è ora quello di una condanna a Milano con interdizione dai pubblici uffici. "I processi che mi scaglieranno contro sono autentiche farse. Andrò là a sbugiardarli tutti". La sera, in una telefonata a Porta a Porta, annuncia che andrà a difendersi "non solo in tribunale ma anche alla radio, in tv, sui giornali".

In un crescendo, attacca come un toro: "Queste cose qua a me mi caricano, agli italiani li caricano. Viva Berlusconi!". Entra poi a passo spedito a palazzo Venezia, per visitare una mostra sui santi insieme al cardinal Bertone. E persino lì dentro non rinuncia alla stoccata: "Manca il ritratto di san Silvio da Arcore che fa sì che l'Italia non sia in mano a certi signori di sinistra".

Quanto alla replica del Quirinale, Berlusconi non se ne cura e risponde seccato: "Mi sento preso in giro, non mi interessa cosa dice". Da Vespa aggiungerà poi un retroscena destinato a suscitare altre polemiche: "Il presidente della Repubblica aveva garantito con la sua firma che la legge sarebbe stata approvata dalla Consulta, posta la sua nota influenza sui giudici di sinistra della Corte". Su Napolitano, aggiunge, "le mie dichiarazioni potrebbero essere anche più esplicite e più dirette".

Tanta rabbia, sostengono i berlusconiani, è dovuta al fatto che proprio dal Quirinale erano arrivati segnali tranquillizzanti sulla sorte del Lodo. Per questo il Cavaliere ieri era convinto di essere finito in una "trappola", si è sentito "tradito", e la sua irritazione è esondata anche contro gli avvocati e il ministro Alfano. "Mi avevate detto - ha tuonato - che il lodo era inattaccabile, che l'avevate scritto a quattro mani con Napolitano". Uno sfogo tanto duro che il Guardasigilli sarebbe arrivato ad offrire le proprie dimissioni sul tavolo.

Nella lunga riunione a palazzo Grazioli sfilano uno dopo l'altro tutti i big della coalizione, da Alfano a Cicchitto, da La Russa a Quagliariello e Gasparri. E poi Letta, Nicolò Ghedini, molti leghisti. Ma soprattutto Umberto Bossi, che Paolo Bonaiuti definisce "un vero amico sincero". Quasi a distinguerlo da altri leader. Si valutano insieme scenari, qualcuno suggerisce di andare subito in piazza convocando una manifestazione "oceanica", il Cavaliere vorrebbe ripartire con la riforma della Corte costituzionale, rimettendo immediatamente in pista la separazione delle carriere tra pm e giudici. E si pensa a un decreto legge per anticipare alcune norme della riforma del processo penale in modo da far saltare il processo Mills.

Un altro momento clou della giornata è la telefonata di Gianfranco Fini, che manifesta solidarietà e spinge Berlusconi ad andare "avanti" con il governo. Su questo, del resto, Fini aveva convenuto all'ora di pranzo in un faccia a faccia con Umberto Bossi. "Silvio, io e Bossi siamo con te, rispettiamo i patti", gli ha ripetuto il presidente della Camera. Salvo consigliare "prudenza" e "toni bassi", quelli che si convengono a "un uomo di Stato" nella risposta. Così a Montecitorio, quando Fini legge la nota ufficiale di palazzo Chigi, tira un sospiro di sollievo. "Non posso non rispettare il responso della Corte nel quadro di un sistema democratico", fanno dire al premier. Ma è un illusione che dura poco, il tempo che Berlusconi incontri le telecamere piazzate sotto casa sua. E la rabbia esplode incontrollabile.

È soprattutto l'attacco al capo dello Stato, a impensierire il presidente della Camera. Che i suoi descrivono ora come "molto preoccupato" per l'eccesso di reazione del premier. L'inquilino di Montecitorio mantiene fede all'asse con il Colle. Adesso Berlusconi è convinto di poter ribaltare la situazione con un colpo di forza e il terreno scelto è quello delle prossime regionali. Il premier ne vuole fare un'ordalia, un "referendum" per stabilire chi ha torto o ragione nell'eterna contesa tra lui e i giudici. "La mia vera immunità - ha ripetuto ieri ai suoi - sono sempre stati gli elettori italiani".

(8 ottobre 2009) Tutti gli articoli di politica

 

 

 

Con la bocciatura per illegittimità costituzionale, il premier perde la temporanea immunità

e deve affrontare i due procedimenti (Mills e diritti Mediaset) ancora aperti contro di lui

Due processi ancora aperti

Berlusconi torna imputato normale

Diventa quasi impossibile sanare il provvedimento perché ora

occorrerebbe una legge costituzionale e circa un anno di tempo

Due processi ancora aperti Berlusconi torna imputato normale

Silvio Berlusconi

ROMA - Con la bocciatura per incostituzionalità del Lodo Alfano, le quattro più alte cariche dello Stato perdono quella sorta di "immunità temporanea" stabilita dal provvedimento legato al nome del Guardasigilli e Silvio Berlusconi torna ad essere un normale imputato nei processi che lo riguardano e che ora possono ripartire. Segnatamente quelli denominati "Mills" per corruzione in atti giudiziari e "Mediaset sui diritti tv" (reati societari nella compravendita di diritti tv). Un terzo procedimento, quello cosiddetto Mediatrade è ancora in fase di indagini preliminari e il pm Fabio De Pasquale starebbe lavorando per redigere l'avviso di chiusura delle indagini che, di norma, prelude alla richeista di rinvio a giudizio.

 

Il no della Consulta per violazione dell'art. 138 (sulla revisione della Costituzione e sulle leggi costituzionali) era la pronuncia più temuta dai legali di Berlusconi: comporta infatti una bocciatura totale del 'lodo' (considerandolo una vera e propria immunità) e afferma che la materia andava trattata con legge costituzionale e non ordinaria.

La Consulta ha citato anche l'art. 3 (principio di uguaglianza) stabilendo, dunque, che la questione, al di là del suo trattamento "costituzionale" configura anche una violazione a una parte della Carta fondamentale che non può essere facilmente modificata.

Il premier torna dunque sotto processo. E il governo, per sanare l'incostituzionalità, dovrebbe (ma, a quanto ha detto Alfano, non lo farà) ricorrere a un ddl costituzionale che richiede una doppia lettura da parte di ciascuna Camera e una maggioranza qualificata se si vuole evitare il referendum confermativo. In sostanza: quasi un anno di lavoro facendo correre il Parlamento a rotta di collo. I giudici di Milano potrebbero essere più veloci nell'arrivare a sentenza.

(7 ottobre 2009)

 

 

 

 

 

Il premier a "Porta a porta". Imbarazzo in studio. la replica: "Non sono a sua disposizione"

Poi attacca il capo dello Stato: "La sua firma garantiva che il Lodo sarebbe passato"

Berlusconi attacca Rosy Bindi

"E' più bella che intelligente"

Berlusconi attacca Rosy Bindi "E' più bella che intelligente"

Berlusconi e Napolitano in un'immagine di un mese fa

ROMA - "Lei è più bella che intelligente. Non mi interessa nulla di ciò che eccepisce". Rosi Bindi, vicepresidente della Camera, sbianca in volto, Pier Ferdinando Casini si porta una mano alla fronte con aria disperata, persino Vespa sembra imbarazzato. Studio di Porta a porta, è quasi l'una di notte e Silvio Berlusconi interviene in diretta per ribadire l'attacco a Napolitano e insultare l'unica donna presente senza che nessuno degli uomini in trasmissione (oltre a Vespa e a Casini ci sono l'editorialista della Stampa Riccardo Barenghi, il ministro della Giustizia Angiolino Alfano e il suo predecessore Roberto Castelli) abbia il coraggio di intervenire. E' la stessa Bindi, con un filo di voce a rispondergli: "Evidentemente io sono una donna che non è a sua disposizione".

Ma lo "show" di Berlusconi a "Porta a porta" è andato anche oltre. Il premier, subito prima della battuta contro la Bindi, aveva ribadito il suo durissimo attacco a Napolitano. Con parole, se possibile, anche più pesanti di quelle usate nel pomeriggio e insinuando l'idea di un "ruolo" che il presidente della Repubblica avrebbe dovuto svolgere e che non avrebbe esercitato. Il ruolo, secondo Berlusconi, di fare pressione su un paio di giudici costituzionali di nomina presidenziale per far spostare il loro voto a favore del lodo: "Il presidente della Repubblica - ha detto esplicitamente Berlusconi - aveva garantito con la sua firma che la legge sarebbe stata approvata dalla Consulta, posta la sua nota influenza sui giudici di sinistra della Corte".

Rosy Bindi ha commentato subito scuotendo la testa: "E' gravissimo... quello che dice è gravissimo". E il premier è subito scivolato sulla battuta sulla bellezza e l'intelligenza.

Subito dopo anche il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini ha giudicato "un'accusa inaccettabile" nei riguardi di Napolitano le parole del premier.

"Non accuso il capo dello Stato - ha risposto Berlusconi - prendo atto di una situazione in cui c'erano certi suoi comportamenti e sappiamo tutti quali relazioni intercorrano tra i capi dello Stato e i membri della Consulta. Sono da anni in politica, so quali siano i rapporti che intercorrono".

(8 ottobre 2009)

 

 

 

 

Il Times: "Silvio deve dimettersi

ha gettato vergogna sull'Italia"

Il Times: "Silvio deve dimettersi ha gettato vergogna sull'Italia"

LONDRA - "Silvio Berlusconi ha gettato vergogna su se stesso e sul suo paese con le sue buffonate sessuali e i suoi tentativi di evitare i processi. Ora si deve dimettere": così il Times in un commento intitolato "Gotico italiano" a corredo dell'ampia copertura dedicata alla bocciatura del Lodo Alfano. L'articolo di cronaca titola: "I giudici danno un colpo mortale a Silvio Berlusconi". La vicenda ha grande spazio su tutti i giornali britannici.

Dopo la sentenza della Corte Costituzionale i processi contro il premier possono riprendere, dice il giornale: "Berlusconi è ora un imputato che affronta un processo penale. Può restare al suo posto solo se il suo partito e i suoi alleati lo sostengono - argomenta il quotidiano -, ma sarebbero sciocchi a farlo. La disintegrazione della litigiosa sinistra ha convinto molti elettori che non c'è alternativa a Berlusconi, se l'Italia vuole un governo abbastanza forte da farle attraversare l'attuale, seria crisi. Berlusconi può quindi immaginare di essere ancora piuttosto popolare. E' la classica auto-illusione di un uomo che si è convinto della propria propaganda, in larga parte portata dai giornali e dalle stazioni tv che possiede. Un'altra cosa che non ha capito è l'inquietudine generata dalla sua vicinanza con Vladimir Putin e Muammar Gheddafi, e il ridicolo che si è gettato addosso con le sue buffonate sessuali. Molti italiani hanno visto le rivelazioni sulle prostitute con indulgente divertimento. Ma il danno alla reputazione del suo paese, simboleggiato dal rifiuto di Michelle Obama di accettare il suo abbraccio, ha iniziato a mostrarsi: i suoi indici di popolarità hanno iniziato a cadere".

"Berlusconi - conclude Times - ha visto questo, così come la vicenda della corte costituzionale, come un complotto ordito dai suoi nemici politici. Non lo era. E' nato dalla seria preoccupazione sull'onestà e la capacità di giudizio di un uomo che guida il governo di un'importante democrazia occidentale. Se il processo di Milano ricomincia, Berlusconi deve, come ogni altro cittadino, apparire in aula. Lì potrà esercitare il diritto di ogni cittadino a difendersi contro le accuse. Resta innocente finchè non sarà provato colpevole. Il processo, comunque, sarà un'enorme distrazione dal suo lavoro di primo ministro. Ha tentato di vivere al di sopra della legge; ora essa lo consumerà. E' sicuramente il momento che Berlusconi smetta di mettere i suoi interessi prima di quelli del suo paese. Dovrebbe dimettersi".

(8 ottobre 2009)

 

 

 

NEW YORK TIMES - 7 ottobre

Italian Court Rejects Prime Minister’s Immunity

Italy's top court ruled on Wednesday that a law granting Prime Minister Silvio Berlusconi immunity from prosecution violates the constitut

EL PAIS - 7 ottobre 2009

El Constitucional echa por tierra la ley de inmunidad que protege a Berlusconi

La decisión del tribunal italiano, por nueve votos a seis, abre la puerta al procesamiento de 'Il Cavaliere'

LE MONDE - 7 ottobre 2009

La Cour constitutionnelle italienne invalide la loi d'immunité protégeant Berlusconi

La Cour constitutionnelle italienne a invalidé, mercredi 7 octobre, la loi d'immunité qui protégeait Silvio Berlusconi depuis son retour au pouvoir, en 2008

TIMES ONLINE - 7 ottobre 2009

Berlusconi faces fight for career as top Italian court strips PM of immunity

Silvio Berlusconi suffered perhaps the greatest setback in his long career today when Italy's top court stripped him of immunity from prosecution

AL JAZEERA ONLINE - 7 ottobre 2009

Court 'annuls Berlusconi immunity'

Italy's constitutional court has annulled a law that protects Silvio Berlusconi, the country's prime minister, and other senior officials from prosecution while they are in office

FINANCIAL TIMES - 7 ottobre 2009

Italian court rejects Berlusconi immunity

Italy’s highest court threw out a law granting Silvio Berlusconi, Italy’s prime minister, immunity from prosecution on Wednesday, a judicial source told Reuters.

THE GUARDIAN - 7 Ottobre 2009

Italian court rules Berlusconi's immunity law unconstitutional

Judges reject prime minister's act which would exempt him from facing a series of trials for fraud, tax evasion and bribery

BLOOMBERG - 7 Ottobre 2009

Berlusconi Immunity Law Struck Down by Italy’s Highest Court

Italy’s struck down an immunity law that has shielded Prime Minister Silvio Berlusconi from two corruption trials that he says are politically motivated

EL PAIS / 7 ottobre

El abogado de Berlusconi: "La ley es igual para todos, no su aplicación"

El Tribunal Constitucional italiano empezó a debatir ayer, bajo enormes presiones del Gobierno y sus medios y rodeado de gran expectación nacional e internacional, la ley conocida como Laudo Alfano, diseñada por los abogados del primer ministro, Silvio Berlusconi, para bloquear los procesos penales que pesan sobre el magnate milanés

THE TIMES / 7 ottobre

Berlusconi lawyers use ‘Animal Farm’ defence in plea to keep him above law

Silvio Berlusconi’s lawyers fought to save his political career yesterday by arguing that the law should regard him as "first above equals" and continue to protect him from prosecution.

THE TIMES / 7 ottobre

Silvio Berlusconi's lawyer believes Italian President is above the law

It was an interesting piece of legal doublethink: although the law was equal for all, said Niccolo Ghedini, the wily and cadaverous personal lawyer for Silvio Berlusconi, "application of the law is another matter".

THE TELEGRAPH / 6 ottobre

Silvio Berlusconi's lawyers: Italian PM is above the law

Silvio Berlusconi's lawyers said he should be considered above the law, as Italy's highest court deliberated on whether legislation giving him immunity from prosecution is unconstitutional.

FINANCIAL TIMES / 6 ottobre

Italy’s top court weighs Berlusconi’s immunity

Silvio Berlusconi, Italy’s billionaire prime minister weakened by sex scandals and friction in his centre-right coalition, was on Tuesday night left waiting for a critical ruling by the constitutional court on whether he would continue to enjoy immunity from prosecution with two corruption trials pending against him

LE MONDE / 6 ottobre

La Cour constitutionnelle se penche sur l'immunité pénale de M. Berlusconi

Friedrich Nietzsche ne fait pas partie des auteurs de chevet de Silvio Berlusconi. Pourtant, c'est vers lui que ce dernier s'est tourné pour commenter, lundi 5 octobre, les motivations du jugement rendu par le tribunal de Milan condamnant la Fininvest, holding du président du conseil, à verser 749 995 millions d'euros de dédommagement à la CIR, le groupe de Carlo De Benedetti, éditeur des journaux d'opposition L'Espresso et La Repubblica

EL MUNDO / 6 ottobre

El TC italiano estudia la inmunidad de Berlusconi

Los quince magistrados que componen el Tribunal Constitucional de Italia abordan desde hoy el 'Laudo Alfano', la ley de inmunidad para los cuatro mayores cargos del Estado, en virtud de la cual han sido suspendidos los procesos judiciales contra el primer ministro, Silvio Berlusconi

THE GUARDIAN / 6 ottobre

Court considers stripping Silvio Berlusconi of immunity

Italian prime minister's lawyer says Berlusconi should be considered 'first above equals' before the law

THE TELEGRAPH / 6 ottobre

Silvio Berlusconi could face new prosecutions if immunity lost

Italy's embattled prime minister, Silvio Berlusconi, could face a raft of new prosecutions when the country's highest court rules on Tuesday whether a law which shields him from criminal prosecution should be repealed.

SUD OUEST / 4 OTTOBRE

Le langage des gestes

La scène, dont cette photo témoigne, baigne dans un silence assourdissant. Personne n'ouvre la bouche, mais les expressions, les regards et les mains des trois protagonistes parlent bruyamment pour eux. Silvio Berlusconi est en train de prendre, avec Michelle Obama, une veste si magistrale qu'on en est gêné pour luI

EL PAIS / 4 OTTOBRE

El buscavidas de las gafas oscuras

Entre la abundante fauna vulgar y abrasada por el sol que puebla Berluscolandia, Flavio Briatore es probablemente el tipo más viscoso del catálogo

LE MONDE / 4 OTTOBRE

Les tensions s'exacerbent en Italie entre Silvio Berlusconi et les médias rebelles

Des dizaines, voire des centaines de milliers de manifestants étaient attendus, samedi après-midi 3 octobre, Piazza del Popolo, à Rome, à l'appel de la Fédération nationale de la presse, pour "défendre la liberté d'information"

EL SIGLO / 4 OTTOBRE

Bitácora del Presidente

Mientras en Panamá nos debatimos sobre la idoneidad o no de los nuevos personeros del gobierno entrante, en Italia, Silvio Berlusconi, su primer ministro, se debate entre hermosas mujeres para su gobierno

THE TIMES / 3 ottobre

Thousands to march on Rome in protest at Berlusconi’s press clampdown

Thousands of protesters are expected to march through Rome today to defend press freedom and demand answers from Silvio Berlusconi about his conduct

THE INDEPENDENT / 2 ottobre

Prostitute tells all about Berlusconi on live TV

Call-girl says Premier knew she had been paid for attending parties in Rome and Sardinia

THE TELEGRAPH / 2 ottobre

Patrizia D'Addario claims Silvio Berlusconi knew she was a prostitute

The call-girl who allegedly slept with Silvio Berlusconi has claimed that the prime minister was well aware that she was a prostitute, during her first interview on Italian state television

THE GUARDIAN / 2 ottobre

Patrizia D'Addario: Silvio Berlusconi knew I was an escort

Live television interview with escort at centre of sex scandal adds to pressure on Italian prime minister

NEW YORK TIMES / 2 ottobre

Woman Says Berlusconi Knew She Was Prostitute

The woman at the centre of a scandal involving Prime Minister Silvio Berlusconi added a new twist to the saga that has riveted Italians, saying he knew she was a prostitute when she spent the night with him.

NEW YORK TIMES / 2 ottobre

Woman Says Berlusconi Knew She Was Prostitute

The woman at the centre of a scandal involving Prime Minister Silvio Berlusconi added a new twist to the saga that has riveted Italians, saying he knew she was a prostitute when she spent the night with him.

THE ECONOMIST / 1 ottobre 2009

Muzzling the messengers

ON OCTOBER 3rd a demonstration will be held in Rome to defend media freedom not in a remote dictatorship, but in Italy itself.

EL PAIS / 1 ottobre

Berlusconi declara la guerra a la RAI

Los medios de Il Cavaliere llaman a no pagar el canon de la televisión pública italiana tras la emisión de unas declaraciones de la prostituta Patrizia D'Addario

LA REPUBBLICA

Economist: "Come con Mussolini museruola a chi informa"

Durissimo attacco del settimanale britannico: "I giornalisti hanno ragione a preoccuparsi e protestare. Italia democrazia fragile, come all'Est"

TIMES / 28 Settembre

Silvio Berlusconi targets Michelle Obama in new 'suntan' gibe

Most world leaders try to avoid repeating the same gaffe twice. Not Silvio Berlusconi. The Italian Prime Minister has called President Barack Obama "tanned" again, but this time he did miss the opportunity to joke about the First Lady’s skin colour as well.

TELEGRAPH.CO.UK / 27 settembre

Silvio Berlusconi calls Barack Obama tanned - again

Silvio Berlusconi, Italy's gaffe-prone prime minister, has again referred to US President Barack Obama as "suntanned", days after being snubbed by Michelle Obama at the G20 meeting in Pittsburgh.

LE MONDE / 27 settembre

Berlusconi évoque à nouveau le "bronzage" d'Obama

Le chef du gouvernement italien Silvio Berlusconi a qualifié dimanche le président américain Barack Obama et sa femme Michelle de "bronzés", dans un discours prononcé à l'occasion de la fête de son parti à Milan, reprenant une plaisanterie qui avait indigné l'opposition.

LA NACION / 27 settembre

A las italianas no las escandalizan los affaires de Berlusconi

Los escándalos de "papi", como se lo llama ahora al premier italiano, Silvio Berlusconi, que se autoelogia como el mejor de los latin lovers y que en los últimos meses ha creado gran revuelo en todo el mundo por su desenfrenada vida sexual, no han provocado en Italia ninguna rebelión femenina

INDEPENDENT.IE / 27 settembre

Post-scandal Silvio meets with Pope

Italian Premier Silvio Berlusconi yesterday had his first meeting with Pope Benedict XVI since the Italian leader was implicated in a sex scandal that broke last spring

LE FIGARO / 26 settembre

Michelle Obama garde ses distances avec Berlusconi

Des bises et des embrassades pour les Sarkozy et les Brown ou Angela Merkel mais pas pour Silvio Berlusconi. La presse anglo-saxonne épingle avec humour l'accueil plus réservé qu'a offert jeudi soir Michelle Obama au président du Conseil italien à Pittsburgh. Alors que Silvio Berlusconi ouvre chaleureusement les bras à l'approche de la première dame américaine comme pour lui donner l'accolade, l'épouse de Barack Obama lui tend simplement la main. Le tout sous l'œil attentif de son époux.

EL PAIS / 23 SETTEMBRE 2009

Berlusconi redobla sus ataques contra la prensa

La batalla política en Italia sigue jugándose entre Silvio Berlusconi y la prensa. El primer ministro atacó ayer de nuevo a los periodistas, y tras la reunión del Consejo de Ministros anunció que su Gobierno no responderá a "preguntas de cotilleo"

LE TEMPS / 22 settembre

Silvio Berlusconi pris sur "Le Fait"

Plusieurs journalistes, parmi les plus pugnaces, lancent à partir de mercredi un nouveau quotidien, "Il Fatto", qui entend répondre aux attaques du Cavaliere contre la presse d’opposition

DER STANDARD / 21 settembre

Berlusconi-Kritiker Travaglio gründet neue Zeitung

Ein Journalisten-Team um den bekannten Kritiker des italienischen Ministerpräsidenten Silvio Berlusconi, Marco Travaglio, trotzt der Krise in der Medienbranche und gründet eine neue Tageszeitung.

DIE WELT / 21 settembre

Der Herbst des Sultans

Eine Sommerpause hat es für Silvio Berlusconi in diesem Jahr nicht gegeben.Er hat sie sich nicht gegönnt.Luxuriös ausspannen, das war einmal - obwohl er zuletzt gerade für seine rauschenden Feste noch einmal neu berühmt geworden war. Sind ihm die Partys inzwischen vielleicht vergällt geworden? Das würde Italiens schillernder Premier weit von sich weisen

THE OBSERVER / 20 SETTEMBRE 2009

'Sexist' Berlusconi faces the backlash of Italian women's anger

A new generation of Italian women are finding a voice after a 'summer of sleaze' in Italian politics

EL PAIS / 20 SETTEMBRE 2009

Italia empieza a preparar el 'día después' de Berlusconi

El romance del líder con los votantes se agota - Los partidos toman posiciones para el relevo

20MINUTOS.ES / 18 settembre

La prensa italiana protesta contra Berlusconi por llamar a todos los periodistas "canallas"

El diario italiano La Repubblica ha pedido a los periodistas italianos y a sus lectores que les envíen una foto suya con un cartel que diga "Yo también soy un canalla"

LE MONDE / 18 SETTEMBRE

Une soirée particulière

Mardi en Italie, une émission a été déprogrammée à la demande du président du conseil, Silvio Berlusconi, de manière à lui assurer une forte audience sur une autre chaîne de télévision. Vous n'y croyez pas?

LES TEMPS / 18 SETTEMBRE

Berlusconi fait déprogrammer des talk-shows

Une manifestation pour défendre la liberté de la presse a été renvoyée à plus tard en mémoire des soldats italiens tués en Afghanistan

EL PERIODICO / 18 SETTEMBRE

La prensa internacional protesta contra Berlusconi en Bruselas

Tres organizaciones denuncian la ofensiva del Gobierno italiano para acallar los diarios. Los periodistas portan una pegatina a favor de la libertad de información

LE MONDE / 16 settembre 2009

Questions d’honneur

Directeur de "La Repubblica", Ezio Mauro est en première ligne face à Silvio Berlusconi. Visé par une plainte pour diffamation du chef du gouvernement italien, il se défend de toute intention politique et assure ne faire que son travail

FINANCIAL TIMES / 16 settembre

A serious soap opera

Trembling with excitement, the 19-year-old party activist leaps to her feet as Silvio Berlusconi finally enters the outdoor arena in Rome to the applause of a crowd that has been waiting more than an hour as the sun sets behind the nearby Colosseum.

FINANCIAL TIMES / 15 settembre

Italy hits at attacks by dark forces

Franco Frattini, Italy's foreign minister, insists that the scandals surrounding the private life of Silvio Berlusconi, the prime minister, have not had a direct influence on Italy's foreign policy but warns that rivals on the international scene are trying to exploit his troubles for their own ends.

TELEGRAPH / 15 settembre

Italy's speaker to sue Silvio Berlusconi newspaper

Gianfranco Fini, Italy's speaker of parliament, has announced that he is suing a newspaper owned by Silvio Berlusconi's family over allegations of involvement in a sex scandal

 

 

 

 

 

IL COMMENTO / Lodo Alfano, Berlusconi accusa la Corte, la magistratura e il capo dello Stato

Un gesto di disperazione ma anche la prova della sua instabilità istituzionale

La forza della democrazia

di EZIO MAURO

La forza della democrazia

Silvio Berlusconi

ERA dunque incostituzionale il lodo Alfano, come abbiamo sempre sostenuto, in un Paese dove è saltata l'intercapedine liberale, e l'estremismo del potere viene benedetto da un finto establishment e dai suoi cantori, incapaci di richiamare il rispetto delle regole perché incapaci di ogni responsabilità generale. Ecco dunque il risultato. Il presidente del Consiglio, insofferente dell'autonoma e libera pronuncia di un supremo organo di garanzia, che opera a tutela della Carta fondamentale, dà fuoco alla Civitas e al sistema dei poteri che la regola, travolgendo nelle sue accuse la Corte, la magistratura e persino il capo dello Stato. Un gesto certo di disperazione, ma anche la prova dell'instabilità istituzionale di questo leader che nessuna prova di governo, nessun picchetto d'onore, nessun vertice internazionale è riuscito a trasformare, quindici anni dopo, in uomo di Stato.

Terrorizzato dai suoi giudici, e più ancora dal suo passato, il premier non si è accorto di reagire pubblicamente alla sentenza della Corte come se fosse una condanna. Prima che la grande mistificazione d'abitudine cali sui cittadini dal kombinat politico-mediatico che ci governa, è bene ricordare due aspetti.

Prima di tutto, la Corte ha sollevato un problema di merito e uno di metodo, combinandoli tra di loro, e nel farlo ha guardato soltanto alla Costituzione, com'è sua abitudine e suo dovere. Nel merito, il lodo Alfano viola l'articolo 3 della Costituzione, che vuole tutti i cittadini uguali di fronte alla legge, qualunque sia il loro incarico, il loro potere, la loro ricchezza. Proprio per questa ragione - e siamo al metodo - se si vuole sottrarre alla legge il Presidente del Consiglio occorre adottare una norma di revisione costituzionale, e non una norma ordinaria. Dunque il Lodo è illegittimo, perché viola gli articoli 3 e 138 della Costituzione.

Il secondo aspetto riguarda il clima di lesa maestà che ha incendiato la serata della destra, dopo la pronuncia della Corte, come se il Capo del governo fosse stato consegnato dalla Consulta ai carabinieri. In realtà, anche se nessuno lo ricorderà oggi, è doveroso notare che il Primo Ministro attraverso questa sentenza costituzionale viene restituito allo status di normale cittadino, con la piena titolarità dei suoi diritti e naturalmente dei doveri: semplicemente, e com'è giusto e doveroso, dovrà rispondere ai giudizi che lo riguardano pendenti nei Tribunali, che il lodo aveva provvidamente sospeso.

Con questo status e in quelle sedi, uguale a tutti gli altri italiani che sono chiamati in giudizio per rispondere di reati, potrà far valere le sue ragioni, nel rispetto della legge ordinaria: che intanto - e non è cosa da poco - torna da oggi uguale per tutti.

Il puro riferimento alla Costituzione rende limpida la decisione della Corte. Ma oggi che cade il privilegio regale attribuito dal Premier a se stesso (rex è lex, anzi "non c'è limite legale al potere del re, vicario di Dio sulla terra", come diceva Giacomo I nel 1616) bisogna pur notare che quella specialissima guarentigia non era una norma esistente nel nostro ordinamento, ma una legge apposita costruita dal Presidente del Consiglio in fretta e furia per sfuggire al suo giudice naturale e alle sentenza ormai prossima per un reato commesso quando ancora era un semplice imprenditore, lontano dalla politica.

In una formula - aberrante, e salutata con applausi soltanto in Italia - si potrebbe dire che il Capo dell'esecutivo ha in questo caso usato il legislativo per sfuggire al giudiziario, fabbricando con le sue mani e con quelle di una maggioranza prona un salvacondotto su misura per la sua persona, in modo da mantenere il potere senza fare i conti con la giustizia.

La Corte non ha ovviamente considerato questo aspetto che è rilevante dal punto di vista della morale pubblica, della coscienza privata, dell'autorevolezza politica, ma non ha valore Costituzionale. Alla Corte è bastato rilevare ciò che il Paese (e anche alcuni giornali) non volevano vedere: e cioè che attraverso questa procedura d'eccezione, proterva e insieme impaurita, il Premier violava il principio fondamentale del nostro ordinamento che vuole i cittadini uguali di fronte alla legge. Nel ribadirlo, la Corte ha fatto semplicemente giustizia costituzionale. Ma non si può tacere che per giungere a questa pronuncia i giudici della Consulta hanno dovuto nella loro coscienza individuale e di collegio dare prova di libertà intellettuale e personale e di autonomia istituzionale: perché in questo sfortunato Paese sulla Corte Costituzionale, prima della pronuncia, si è abbattuta una tempesta di intimidazioni, di preavvisi e di minacce che tendeva proprio a coartarne la libertà e l'autonomia.

Se è ancora consentito dirlo, in mezzo agli strepiti, la democrazia ha invece dimostrato ieri la sua forza di libertà. Non tutto si lascia intimidire dalla violenza del potere e dei suoi apparati, nell'Italia 2009, non tutto è ricattabile, non tutto è acquistabile. Pur in epoca di poteri che si sentono sovraordinati a tutti gli altri, fuori dall'equilibrio istituzionale della Carta, pur in anni sventurati di unzione del Signore, pur davanti a legali-parlamentari che teorizzano per il Premier lo status nuovissimo di "primus super pares", vige ancora la Costituzione nata con la libertà riconquistata dopo la dittatura, e vige la sua trama di equilibri tra i poteri di una democrazia occidentale. Esistono ancora, anche in questo Paese che ha cupidigia di sovrani e di dominio, gli organismi di garanzia, essenziali nel loro equilibrio e nella loro responsabilità super partes, nonostante gli attacchi irresponsabili dei qualunquisti antipolitici e di quelle opposizioni interessate a lucrare soltanto qualche decimale elettorale in più.

E infatti la reazione rabbiosa del Presidente del Consiglio è tutta contro gli organi supremi di garanzia. La Corte, ridotta per rabbia iconoclasta a congrega di uomini di sinistra. E soprattutto il Capo dello Stato, additato al Paese e al popolo di destra - aizzato irresponsabilmente - come un uomo di parte ("sapete tutti da che parte sta") in uno sfogo sovraeccitato in cui tornano tutti i fantasmi fissi del berlusconismo sotto schiaffo, i magistrati, il Quirinale, la Consulta, i giornali, in un crescendo forsennato di "sinistre", "rossi" e "comunisti": per concludere con il titanismo spaventato di un urlo ("Viva l'Italia, viva Berlusconi") che rivela la concezione grottesca di un Premier che vede se stesso come destino perenne della Nazione.

Napolitano ha risposto ribadendo prima il rispetto per la pronuncia della Corte, poi ricordando che il Capo dello Stato sta, molto semplicemente, con la Costituzione. Viene da domandarsi piuttosto dove sta il Capo del governo, rispetto alla Costituzione, cioè al regolare gioco democratico tra le istituzioni. Ieri ha detto che il modo in cui i giudici costituzionali vengono designati altera l'equilibrio tra i poteri dello Stato: proprio lui che in pochi minuti ha tentato di delegittimare tre magistrature, attaccando i giudici, il Quirinale e la Corte. E siamo solo all'inizio.

Il peggio, infatti, deve ancora accadere. Altro che andare alle urne, come minacciavano nei giorni scorsi gli uomini di destra per far pesare il rischio di ingovernabilità e instabilità sulla Corte. Ieri Berlusconi si è affrettato a dire che il governo è solidissimo come la sua maggioranza, e andrà avanti. In realtà il Premier soffre il suo indebolimento progressivo, sente il rischio dei processi sospesi che tornano a pretendere il loro imputato, avverte soprattutto il peso della corruzione che la sentenza civile sulla Mondadori gli ha scaricato addosso, è consapevole di aver politicamente azzerato negli scandali dell'estate la forza della sua maggioranza parlamentare, sa che il suo sistema non produce più politica da mesi, prigioniero com'è di una vicenda di verità e di libertà.

Non è la Corte che lo denuda: è l'incapacità politica di fronteggiare la sua storia personale, nel momento in cui nodi grandi e piccoli vengono al pettine e l'unica reazione è la furia contro certi giornali. Il futuro del Premier dipende proprio da questo, dalla capacità di un'assunzione convincente di responsabilità, di fronte alla giustizia, al parlamento, alla pubblica opinione: finora non è stato capace di farlo, o forse non ha potuto farlo. Ed è per questo che con tutta la propaganda dei sondaggi che lo circonda, il Capo del governo sente che tutto il sistema politico è al suo capezzale, e ogni giorno gli tasta il polso politico.

Tutto è possibile, in questo quadro, soprattutto il peggio. Ma intanto ieri quindici giudici hanno ricordato al Premier che pretende di rappresentare il tutto, in unione col popolo, che esiste ancora la separazione dei poteri: quando non c'è più, avvertiva Norberto Bobbio quindici anni fa, ciò che comincia è il dispotismo.

© Riproduzione riservata (8 ottobre 2009)

 

 

 

IL COMMENTO

L'immunità illegittima

di GIUSEPPE D'AVANZO

SE SI mette la sordina alla rituale filastrocca di Berlusconi (giudici comunisti) e alle intimidazioni di Bossi; se si lasciano in un canto le stralunate favole dell'avvocato Ghedini (processi evanescenti) e si legge - lontano dal rumore - la decisione della Corte costituzionale, si può dire che è finita come doveva finire.

Come si sapeva sarebbe finita, perché non c'era nulla di più scontato che la bocciatura della legge immunitaria che l'Egoarca s'era apparecchiato. La Consulta dichiara illegittimo l'articolo 1 della "legge Alfano" - legge perché è del tutto improprio e abusivo parlare di "lodo" che è un arbitrato condiviso, mentre quella legge è al più un arbitrio. Nell'art. 1 si legge che "i processi penali nei confronti del (...) presidente del Consiglio (è il solo tra le quattro alte cariche dello Stato che ha di questi grattacapi, ndr) sono sospesi dalla data di assunzione e fino alla cessazione della carica o della funzione. La sospensione si applica anche ai processi penali per fatti antecedenti l'assunzione della carica o della funzione".

La previsione viola, dicono i giudici, due principi costituzionali perché "tutti i cittadini sono eguali davanti alla legge" (art. 3) e "le leggi di revisione della Costituzione sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni (...)" (art. 138). Ora è in discussione qui non il che cosa, ma il come. La Corte ha già riconosciuto, nella bocciatura della "legge Schifani", che è di "interesse apprezzabile" l'"esigenza di protezione della serenità dello svolgimento delle rilevanti funzioni connesse a quelle cariche". Detto in altro modo, i giudici costituzionali non ritengono avventato (incostituzionale) che si voglia offrire - nell'interesse dei governati - un "ombrello" protettivo a chi governa il Paese, presiede lo Stato e il Parlamento. D'altronde fino al 1993, la Costituzione ha previsto l'immunità per i parlamentari (potevano essere inquisiti, processati o arrestati solo con l'autorizzazione della Camera di appartenenza).

Dunque, va bene un'immunità che tuteli la "serenità" di chi governa, ma attraverso quale percorso legislativo la si deve garantire? L'iter deve essere quello ordinario che può essere combinato con una maggioranza semplice o quello più complesso che impone al Parlamento due deliberazioni a distanza di tre mesi e una maggioranza dei due terzi, senza la quale la legge - prima della sua entrata in vigore - può essere sottoposta a referendum popolare? Era questa la questione che doveva decidere la Corte.

Ecco, la Consulta ha concluso (e non è una sorpresa) che per assicurare serenità a chi governa, si deve correggere la Costituzione e quindi non è sufficiente una legge ordinaria. L'obiezione che governo e maggioranza oppongono, con furore, a questa conclusione è: potevate dircelo prima; ne avete avuto l'occasione, non lo avete fatto: perché? Esplicitamente, il ministro di Giustizia, Angelino Alfano, protesta: "È incomprensibile come i giudici costituzionali abbiano potuto spendere, nel 2004, pagine su pagine di motivazioni senza fare alcun riferimento alla necessità di una legge costituzionale. Tale argomento, preliminare e risolutivo, è inspiegabile che venga evocato quest'oggi". L'accusa di Alfano, che riecheggia anche nelle proteste di Berlusconi ("Sono stato preso in giro"), non ha fondamento.

Come hanno spiegato, più di un anno fa e in ogni occasione utile, cento costituzionalisti con un pubblico appello. Nel 2004, alla Corte fu sufficiente la constatazione preliminare dei difetti di legittimità della "legge Schifani" per affondare quello "scudo", "assorbito - si leggeva nella sentenza - ogni altro profilo di illegittimità costituzionale". Era, è la frase chiave di quella sentenza. Oggi chi protesta la dimentica o preferisce dimenticarla. La Corte non rinnega principi da se stessa già enunciati, come tende a dire la maggioranza, perché, nel 2004, "si limitò a constatare che la previsione legislativa difettava di tanti requisiti e condizioni (la doverosa indicazione dei reati a cui l'immunità andrebbe applicata, il doveroso pari trattamento dei ministri e dei parlamentari nell'ipotesi dell'immunità del premier e dei presidenti delle due Camere), tali da renderla inevitabilmente contrastante con i principi dello Stato di diritto".

Ma le osservazioni critiche della Consulta non pregiudicavano la questione di fondo: "la necessità che qualsiasi forma di prerogativa che comporta deroghe al principio di eguale sottoposizione di tutti alla giurisdizione penale debba essere introdotta necessariamente ed esclusivamente con una legge costituzionale". Ripetiamolo allora. Si può attenuare il principio dell'eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, ma soltanto se si riscrive la Costituzione e, per farlo, bisogna muoversi nel solco delle regole previste dalla revisione costituzionale, perché una legge ordinaria non è idonea a introdurre nel nostro ordinamento una disposizione che affievolisca il principio che ci rende tutti uguali davanti alle legge, anche se la volontà popolare ti ha spedito a Palazzo Chigi.

Le polemiche che infiammano ora la scena politica non parlano dell'esito - prevedibilissimo perché già scritto - della decisione della Corte Costituzionale, ma di un conflitto tra il primato del diritto e i diritti dell'investitura popolare. Berlusconi ritiene che, sostenuto dalla maggioranza del Paese, debba essere liberato da ogni controllo e reso immune da un potere che immagina sottordinato, subalterno. Egli si ritiene l'unico e solo depositario (proprietario?) del "vero e reale diritto del popolo" e, in quanto tale, gli deve essere concesso di agire e di decidere anche contra legem.

Il suo potere non deve trovare ostacoli, non deve essere limitato o condizionato dal contesto politico e istituzionale, dal Parlamento, dai contrappesi, dalla stessa Costituzione e dai suoi garanti. Egli è il popolo, è l'Italia e grida "Viva l'Italia, viva Berlusconi". Questa identificazione gli consente - lo pretende - di liberarsi di un passato oscuro, di avere mano libera nell'esercizio del comando e della decisione. Quando, imputato nel processo Sme, il 16 giugno del 2003 finalmente si presentò in un'aula di Tribunale non per essere interrogato (sempre si è avvalso della facoltà di non rispondere), ma per rendere dichiarazioni spontanee, Berlusconi esordì con la stessa prepotenza di queste ore.

Disse al presidente del Tribunale che gli ricordava che la legge è uguale per tutti, "Sì, è vero la legge è uguale per tutti ma per me è più uguale che per gli altri perché mi ha votato la maggioranza degli italiani". È quel che dice e ripete oggi e pretenderà che diventi reale, domani. Ci aspettano giorni tristi.

© Riproduzione riservata (8 ottobre 2009)

 

 

 

 

 

 

2009-10-06

Ghedini: "La legge è uguale per tutti, non la sua applicazione"

Il verdetto forse già entro la fine della settimana

Lodo Alfano, al via l'udienza

Presenti tutti i giudici

La Consulta non ammette l'intervento della Procura di Milano

"Amarezza per il no, ora possibile dichiarazione di legittimità"

Lodo Alfano, al via l'udienza Presenti tutti i giudici

Gli avvocati Piero Longo e Gaetano Pecorella

ROMA - E' iniziata questa mattina alle 9.30 l'udienza della Corte Costituzionale sul lodo Alfano, nella sala gialla di palazzo della Consulta, affollata di giornalisti italiani e stranieri - tredici quotidiani, tra cui il New York Times e dieci agenzie di stampa. La Consulta è al plenum, con tutti e 15 i giudici, e il lodo è al primo punto nell'ordine del giorno. Le prime polemiche per il no all'intervento della Procura di Milano: l'avvocato Alessandro Pace, che ha presentato le memorie a nome dei pm milanesi, si è dichiarato amareggiato e preoccupato per un giudizio favorevole su quella che invece "è una legge chiaramente ad personam".

L'udienza si è aperta con un minuto di silenzio per i morti dell'alluvione a Messina. Il presidente della Corte, Francesco Amirante, ha subito passato la parola al giudice relatore, Franco Gallo, per riassumere i motivi dei tre ricorsi contro la legge che sospende i processi contro le quattro più alte cariche dello stato. Nel frattempo televisione e fotografi sono stati fatti uscire dalla sala. Dopo una sospensione di 45 minuti, i giudici hanno deciso di non ammettere l'intervento della Procura di Milano, che non sarebbe titolata a intervenire in giudizio come parte. "Vedo negativamente l'inammissibilità", ha dichiarato l'avvocato dei pm milanesi, Alessandro Pace, "apre spiragli alla non accettazione dei ricorsi contro il lodo Alfano".

I ricorsi. Contro il lodo Alfano sono stati presentati tre ricorsi: due dai giudici di Milano, nell'ambito dei processi in cui il premier Silvio Berlusconi è imputato per corruzione in atti giudiziari dell'avvocato inglese David Mills (che nel frattempo è stato condannato in primo grado a 4 anni e 6 mesi) e per irregolarità nella compravendita dei diritti televisivi Mediaset. Il terzo è del gip di Roma chiamato a decidere se rinviare o meno a giudizio Berlusconi, indagato per istigazione alla corruzione di alcuni senatori eletti all'estero durante la scorsa legislatura.

Gli avvocati. Ai banchi della difesa sono seduti gli avvocati - e parlamentari - Gaetano Pecorella e Niccolò Ghedini, insieme a Piero Longo. Pecorella arrivando si è detto fiducioso: "Ci aspettiamo che la Corte decida con grande serenità tenendo conto solo degli aspetti giuridici e dimenticando le questioni politiche". E ha aggiunto: "Stiamo parlando di una legge anche frutto delle indicazioni che diede la Corte nel 2004, quando bocciò il Lodo Schifani, ci auguriamo che i giudici apprezzino e condividano ciò". Sui tempi, invece, non si è voluto pronunciare: "Meglio non fare previsioni: è vero che se un giudice chiede un rinvio il presidente di solito lo concede, ma credo che la decisione arriverà a giorni".

L'arringa dei difensori. "La legge è uguale per tutti, ma non necessariamente lo è la sua applicazione, come del resto la Corte ha già ribadito" è la motivazione con cui l'avvocato Ghedini ha aperto la sua arringa. L'avvocato cita come esempio "le norme sui reati ministeriali, dove la legge ordinaria distingue il comune cittadino dal ministro". E tira in ballo anche le norme particolari riservate a chi ha commesso reati rivestendo incarichi nella pubblica amministrazione o nelle Forze armate.

Ghedini ha difeso poi l'adozione del lodo con legge ordinaria, e ha rigettato la differenziazione per reato. "Questa legge" ha concluso "va letta secondo il principio di legittimo impedimento". Allo stesso principio si appella anche Piero Longo: "Non è possibile rivestire la duplice veste di alta carica dello Stato e di imputato per esercitare appieno il proprio diritto di difesa e senza il sacrificio di una delle due".

L'intervento di Gaetano Pecorella fa leva invece sulla differenziazione tra parlamentari e presidente del Consiglio: "Con le modifiche apportate alla legge elettorale non può essere considerato uguale agli altri parlamentari. Non è un primus inter pares ma un primus super pares". Pecorella ha fatto notare come siano cambiate le prerogative del premier rispetto al passato: "Rimangono certamente salde le prerogative del presidente della Repubblica, ma il presidente del Consiglio è l'unico che riceve la sua legittimazione dalla volontà popolare".

Le possibilità. E' molto ampio lo spettro delle possibili sentenze della Consulta. Plausibile il riferimento all'articolo 138 della Costituzione: il lodo, in quanto legge ordinaria dello stato, potrebbe essere giudicato incostituzionale perché va a legiferare su una materia (le prerogative di figure istituzionali) che richiederebbe una norma di rango costituzionale. In questo caso sarebbe praticamente impossibili ripresentare un "lodo bis", dato che una tale sentenza ne metterebbe in discussione proprio la natura di legge ordinaria.

Ma la Corte potrebbe chiamare in causa la violazione di altri articoli della Costituzione. Si va dai più generici, come l'articolo 3 (principio di uguaglianza), ad altri più specifici: il 111, sulla ragionevole durata del processo, l'obbligatorietà dell'azione penale sancita dal 112, e ancora gli articoli che regolano le immunità per i parlamentari, il presidente della Repubblica e i ministri. E ancora: la Consulta potrebbe invece rilevare nel lodo Alfano una irragionevole disparità di trattamento tra il presidente del consiglio e i ministri.

Nel caso in cui la Corte, invece, giudichi inammissibili o infondati i ricorsi presentati, il lodo resterebbe così com'è. Ma l'Italia dei Valori ha già preparato il referendum abrogativo.

I commenti. "Tempistica sospetta" secondo il ministro della Infrastrutture Altero Matteoli, che non ritiene una semplice coincidenza la sentenza sul lodo Mondadori a ridosso della riunione della Consulta. Ma dichiara anche di "aspettare con serenità la decisione, il la legge è stata scritta alla luce di provvedimenti che la Corte aveva preso in passato". Dello stesso parere anche il ministro della Difesa Ignazio La Russa, che afferma di confidare "nella correttezza della Consulta".

"La legge non è un'immunità, ma una sospensione dei processi", commenta il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Paolo Bonaiuti, che difende il lodo: "Si tratta di una misura legittima, ma anche dovuta, per consentire alle cariche istituzionali di esercitare il proprio mandato al meglio e nell'interesse del paese".

(6 ottobre 2009)

 

 

 

 

L'UNITA'

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2009-10-09

Berlusconi: Vado avanti, la Consulta è di sinistra. E anche Napolitano

Non si placa la furia polemica di Berlusconi che ritorna all'attacco dei giudici della Consulta - "di sinistra" - e del Colle, di sinistra anche questo, Napolitanio "non se la prenda", ma le cose stanno così. E' solo un apparente ramoscello d'ulivo quello che porge Berlusconi, intervistato dal Tg5 questa mattina. Il premier ha parlato di una "possibile leale dialettica tra Quirinale e governo". Ma di lì a qualche ora è ripartito lancia in resta, contro i giudici che vogliono sovvertire l'esito elettorale e sono immancabilmente di sinistra. Quanto a lui, povero Silvio, si definisce

"in assoluto il maggior perseguitato di tutta la storia" dai giudici. E in conferenza stampa al termine del Consigli dei ministri, si compiace di aver avuto i mezzi "per affrontare" centinaia di processi. Una disponibilità economica - dice scivolando in un lapsus - "che mi ha permesso di spendere 200 milioni di euro per pagare i consulenti e i giudici". Subito,

di fronte al brusio in sala, il ministro Renato Brunetta è stato costretto a precisare "per gli avvocati!". Berlusconi sorride e ribatte: "Certo, gli avvocati".

La giornata era cominciata su toni apparentemente più soft, dopo le accuse rivolte a Napolitano subito dopo la bocciatura del Lodo Alfano. "Non credo ci siano cose nuove ma bisogna sgomberare il campo da troppe ipocrisie". "In Italia c'e una dialettica insita nei ruoli diversi che la Costituzione assegna al presidente della Repubblica e al presidente del Consiglio. E non credo che questa dialettica venga modificata da una sentenza politica della Corte Costituzionale". Tuttavia: "È anche chiaro a tutti che non c'è nessuno che in Italia si possa considerare super partes".

Ce n'è per tutti e naturalmente per la Consulta: "Sicuramente non è la Consulta super partes, con i suoi ultimi 5 giudici di sinistra nominati dagli ultimi tre presidenti della Repubblica di sinistra". E anche su Napolitano ma con toni ben diversi da quelli usati il giorno prima: "Napolitano? È stato un protagonista della sinistra e nulla può cambiare la sua storia. E credo di non dire nulla fuori di ragione - prosegue Berlusconi - se mi permetto di ricordare che questa è la situazione".

La lunga giornata di tensione istituzionale tra Berlusconi e Napolitano ieri si era chiusa con vertice tra le tre più alte cariche dello stato che invitano il presidente del consiglio ad osservare più rispetto al dettato della Costituzione.

Più semplice portare su questa posizione Fini, che già in mattinata si era espresso a difesa di Napolitano. Più difficile far convergere Schifani, berlusconiano di ferro, su queste posizioni.

"I presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, Renato Schifani e Gianfranco Fini - si afferma in una nota congiunta, diffusa dopo l'incontro di circa un'ora che si è svolto al Quirinale - hanno dato atto al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, del suo rigoroso rispetto delle prerogative che la Costituzione gli riconosce; hanno espresso l'auspicio che tutti gli organismi istituzionali e di garanzia agiscano, in aderenza al dettato costituzionale e alla volontà del corpo elettorale, per determinare un clima di leale e reciproca collaborazione nell'interesse esclusivo della Nazione".

Ma lo "strappo" di Berlusconi è ancora difficile da ricucire. Gli attacchi diretti al Capo dello Stato, iniziati mercoledì sera dopo la bocciatura del Lodo Alfano, sono proseguiti a Porta a Porta ("Il Capo dello Stato aveva garantito con la sua firma che la legge sarebbe stata approvata dalla Consulta, posta la sua nota influenza sui giudici di sinistra".) Ma Berlusconi ha continuato anche giovedì mattina al giornale Radio Rai: "Napolitano è stato eletto da una maggioranza che non è più tale nel paese". Dicendo, riguardo ai processi che ora lo attendono: "Sono una "farsa", metterò in "ridicolo i miei accusatori", anche in tv e sui giornali".

Il presidente della Camera Fini aveva provato a farlo ragionare: "L'incontestabile diritto politico di Silvio Berlusconi di governare, conferitogli dagli elettori, e di riformare il Paese, non può fare venir meno il suo preciso dovere costituzionale di rispettare la Corte Costituzionale e il capo dello Stato".

"Giudici di sinistra? E che devono essere di destra, o celestiali?", è sobbalzato il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura: "La Corte Costituzionale ha svolto il suo ruolo. La sentenza sul lodo Alfano va rispettata. Dire che i giudici politicizzano le questioni al loro esame è un ritornello". Ma ciò che preoccupa di più il numero due del Csm è l'intenzione proclamata dal premier di procedere spianati sulle riforme della giustizia. "C'è bisogno di rasserenare il clima e di proposte di riforma che non siano né dispettose né minatorie", avverte Mancino, che prova a bloccare sul nascere l'assalto.

Questo esecutivo, aveva detto in mattinata Berlusconi, "si sente assolutamente necessario alla democrazia, alla libertà e al benessere del Paese". Poi promette battaglia: "Vedrete di che pasta sono fatto". Prova persino a ostentare una serenità che nei fatti sembra totalmente smarrita: "Vado avanti tranquillamente e serenamente, possibilmente con più grinta". I processi? Come la manifestazione per la libertà di stampa. Anche quelli: una "farsa", replica Berlusconi che chiama il popolo italiano a giudicarlo e promette di difendersi non solo in tribunale ma sulle televisioni, alla radio, sui giornali. Come per altro ha già iniziato a fare. I processi - dice - li illustrerà lui agli italiani esponendo al "ridicolo" gli accusatori.

09 ottobre 2009

 

 

 

 

2009-10-08

La Corte Costituzionale boccia il Lodo Alfano

Berlusconi: "Vado avanti, la corte è di sinistra"

di ma.ge.tutti gli articoli dell'autore

Una serie di attacchi diretti al Capo dello Stato. Ieri sera a Porta a Porta: "Aveva garantito con la sua firma che la legge sarebbe stata approvata dalla Consulta, posta la sua nota influenza sui giudici di sinistra". Questa mattina al Giornale radio Rai: "È stato eletto da una maggioranza che non è più tale nel paese". Così Berlusconi reagisce alla bocciatura del Lodo Alfano da parte della Corte Costituzionale. E quanto ai processi che ora lo attendono dice: sono una "farsa", metterò in "ridicolo i miei accusatori", anche in tv e sui giornali.

Il presidente della Camera Fini prova a farlo ragionare: "L'incontestabile diritto politico di Silvio Berlusconi di governare, conferitogli dagli elettori, e di riformare il Paese, non può fare venir meno il suo preciso dovere costituzionale di rispettare la Corte Costituzionale e il capo dello Stato", lo ammonisce la terza carica dello Stato.

"Giudici di sinistra? E che devono essere di destra, o celestiali?", sobbalza il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura: "La Corte Costituzionale ha svolto il suo ruolo. La sentenza sul lodo Alfano va rispettati. Dire che i giudici politicizzano le questioni al loro esame è un ritornello". Ma ciò che preoccupa di più il numero due del Csm è l'intenzione proclamata dal premier di procedere spianati sulle riforme della giustizia. "C'è bisogno di rasserenare il clima e di proposte di riforma che non siano nè dispettose nè minatorie", avverte Mancino, che prova a bloccare sul nascere l'assalto.

Un Berlusconi ferito, così appare il premier il giorno dopo la decisione della Consulta che ha dichiarato incostituzionale il Lodo Alfano. Un capo del governo che di fronte alla decisione dei supremi giufici cerca il consenso del popolo e fa di tutto per provocare la crisi istituzionale, aprendo uno scontro senza precedenti con il Quirinale.

Questo Esecutivo "si sente assolutamente necessario alla democrazia, alla libertà e al benessere del Paese", fa sapere, di buon mattino ai microfoni del Giornale Radio Rai. Promette battaglia: "Vedrete di che pasta sono fatto". Prova persiono a ostentare una serenità che nei fatti sembra totalmente smarrita: "Vado avanti tranquillamente e serenamente, possibilmente con più grinta", promette. I processi? Come la manifestazione per la libertà di stampa. Anche quelli: una "farsa", replica Berlusconi che chiama il popolo italiano a giudicarlo e promette di difendersi non solo in tribunale ma sulle televisioni, alla radio, sui giornali. Come per altro ha già iniziato a fare. I processi - dice - li illustrerà lui agli italiani esponendo al "ridicolo" gli accusatori.

Ma la vera linea di difesa è l'attacco. Contro la sinistra, i magistrati, i giornali, le tv. Contro la Consulta: "Non è uorgano di garanzia ma un organo politico". E soprattutto contro il Capo dello Stato: "Eletto da una maggioranza che non è più maggioranza nel paese, una maggioranza di sinistra, ha radici totalmente di sinistra. Anche l'ultimo atto di nomina di un giudice costituzionale dimostra da che parte sta, tutto qui". Tutto per concludere: "Meno male che Silvio C'è - afferma - altrimenti saremmo completamente nelle mani di questi signori della sinistra".

L'ATTACCO A CALDO, ALL'USCITA DI PALAZZO GRAZIOLI

Una rabbia che dura a placarsi e che si è scatenata subito, appena si è diffusa la notizia dche la Consulta aveva bocciato il Lodo Alfano. Il primo tutti Silvio contro tutti va in scena davanti a Palazzo Grazioli. Berlusconi ostenta sicurezza: "A me queste cose mi caricano". "Noi andiamo avanti. I processi che mi scaglieranno sul piatto sono autentiche farse: io sottrarrò qualche ora alla cura della cosa pubblica per andare là e sbugiardarli tutti". "Meno male che Silvio c'è...queste cose mi caricano, mi fanno un baffo, agli italiani li caricano, viva gli italiani, viva l'Italia, via Berlusconi". Ma non è così. Il premier tracima come un fiume in piena. Nel mirino, la "minoranza di magistrati rossi organizzatissima, che usa la giustizia a fini di lotta politica". La stampa: "per il 72% della stampa di sinistra". Gli spettacoli di approfondimento della tv pubblica: "di sinistra e ci prendono in giro anche con gli spettacoli comici". E, ultimo, il capo dello stato "che sapete da che parte sta". Sembra un'uscita a caldo, ma non è così. Ci sono già tutti i temi che il premier ripeterà a notte fonda, facendo irruzione con una telefonata rabbiosa nello studio di Porta a Porta.

LA TELEFONATA A PORTA A PORTA

Sono le unidici, l'una di notte per gli spettatori, visto che la puntata è trasmessa in differita, quando il premier telefona a Bruno Vespa e irrompe con la sua collera nello studio di Porta a Porta. Le sue parole fanno chiarire benissimo che non c'è nulla di estemporaneo nell'attacco al Capo dello Stato: "Il presidente della Repubblica aveva garantito con la sua firma che la legge sarebbe stata approvata dalla Consulta, posta la sua nota influenza sui giudici di sinistra della Corte", insiste, mentre Rosy Bindi, in studio, prova a farlo riflettere sulla gravità delle sue affermazioni. "Ravviso che lei è sempre più bella che intelligente", gli ribatte il premier: "Comunque, non mi interessa nulla di quello che lei eccepisce"."Qui c'è una donna che non è a sua disposizione, capisco che sia irritato", ribatte lei.

La gravità delle parole di Berlusconi però appare chiarissma a tutti. Il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini prova a spiegarlo al premier dandogli del tu. Berlusconi insiste: "Non accuso il capo dello Stato, prendo atto di una situazione in cui c'erano certi suoi comportamenti e sappiamo tutti quali relazioni intercorrano tra i capi dello Stato e i membri della Consulta. Sono da anni in politica, so quali siano i rapporti che intercorrono". Anche a Vepsa che all'inizio della puntata aveva parlato di "piccola crisi istituzionale" non resta che constatare che "la crisi non sarà facile da ricucire".

08 ottobre 2009

 

 

 

Blindato il quartier generale del premier

Misure di sicurezza straordinarie e grande mobilitazione delle forze dell'ordine attorno a Palazzo Grazioli, residenza romana del premier. La strada è transennata alle auto e circondata da poliziotti in tenuta antisommossa e persino le ambulanze e le auto di servizio sono costrette a deviare e cambiare direzione.

A Palazzo Grazioli, intanto, è riunita una "unità di crisi" del centrodestra: sono presenti La Russa, Matteoli, Ghedini, Gasparri, Quagliariello e Rossella. Decine di turisti incuriositi, calca di giornalisti italiani e stranieri (la tv tedesca e francese, le principali agenzia di stampa internazionali), tutti assieme hanno da stamani atteso la sentenza sul lodo Alfano davanti alla Consulta. Molti gli stranieri in viaggio a Roma che, incuriositi dalle telecamere, hanno iniziato a fare delle foto ai giornalisti mentre qualcuno ha cercato di capire cosa stesse succedendo di così importante in Italia.

07 ottobre 2009

 

 

 

 

La notizia fa il giro del mondo

I titoli delle principali testate:

Bbc, Regno Unito: "Bocciata l'immunità per Berlusconi".

The Times, Regno Unito: "La Corte Costituzionale ha tolto l'immunità a Silvio Berlusconi. I processi che saranno riaperti minacciano il suo governo".

The Guardian, Regno Unito: "La Corte Costituzionale ha stabilito che l'immunità di Silvio Berlusconi viola la Costituzione".

El País, Spagna: "La Consulta smonta la legge sull'immunità e apre le porte al processo nei confronti di Berlusconi".

El Mundo; Spagna: "Berlusconi smette di essere immune davanti alla giustizia".

Le Monde, Francia: "L'immunità di Berlusconi giudicata incostituzionale".

Libération, Francia: "Invalidata l'immunità penale di Berlusconi".

Cnn, Usa: "Corte Costituzionale boccia la legge sull'immunità di Berlusconi".

Wall Street Journal, Usa: "La Corte boccia l'immunità di Berlusconi".

Der Spiegel, Germania: "Giudici costituzionali cancellano l'immunità di Berlusconi".

Handelsblatt, Germania: "La legge sull'immunità di Berlusconi è bocciata".

Focus, Germania: "Berlusconi minacciato dai processi".

Die Zeit: "Tribunale toglie l'immunità a Berlusconi".

07 ottobre 2009

 

 

 

 

Politica

Gasparri: "Se bocciano il Lodo Alfano? Ci inventeremo un cavillo"

In fondo ha usato parole sincere. Gasparri, presidente dei senatori Pdl, ha spiegato alla Summerschool del partito, cosa succederà se e quando la Corte Costituzionale dovesse bocciare il lodo Alfano, la legge voluta da Berlusconi per allontanare ogni possibilità di essere giudicato durante la permanenza a palazzo Chigi. "Non so cosa farà la Consulta ma in qualche modo troveremo la soluzione. Avendo un consenso forte supereremo un eventuale vizio negativo. Troveremo un avvocato, un Ghedini o un Ghedoni, che troverà un cavillo". A suo modo, chiarissimo.

Attualmente sono tre i procedimenti a carico del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi sospesi in attesa che la Consulta decida sulla costituzionalità dello scudo: il processo Mills, quello sui diritti televisivi Mediaset e la vicenda della presunta compravendita di alcuni senatori la scorsa legislatura. In tutte e tre le cause sono state sollevate eccezioni di costituzionalità e quindi la decisione è stata sospesa in attesa che la Corte Costituzionale si esprimi.

03 settembre 2009

 

 

 

 

L'irritazione del Quirinale: "Tutti sanno che il capo dello stato sta con la Costituzione"

di Marcella Ciarnellitutti gli articoli dell'autore

Fare buon viso a cattivo gioco è l’ordine di scuderia rispettato solo nei primi minuti del dopo sentenza. Poi il premier per primo ha provvedetu a farlo saltare reagendo come un fiume in piena e senza più argini alla decisione della Corte Costituzionale che lo riporterà davanti ai giudici.

[Attacca tutti il presidente del Consiglio. I giudici "rossi" della Consulta, l’opposizione, i giornali e il presidente della Repubblica che "si sa da che parte sta". E da che parte stia, il Capo dello Stato glielo precisa a stretto giro, con un gelida nota ufficiale: "Tutti sanno da che parte sta il presidente della Repubblica, sta dalla parte della Costituzione, esercitando le sue funzioni con assoluta imparzialità e in uno spirito di leale collaborazione istituzionale". La replica ha aumentato la distanza tra i due: "Non mi interessa cosa ha detto il Capo dello stato, mi sento preso in giro".

L’atteggiamento di Berlusconi, nella sera in cui si è trovato a fare i conti con l’amara prospettiva di dover riaprire i conti con la giustizia, ancora una volta mettono in evidenza lo stato del confronto politico in Italia in cui ormai sembra non esserci più alcuno spazio. L’amarezza del presidente della Repubblica, quando anche di recente, a Matera qualche giorno fa, l’altro giorno rivolgendosi ai volontari, ha espresso il suo rimpianto per la "bella politica", quella fatta di contrapposizioni anche dura ma sempre nel rispetto dell’avversario, ieri ha avuto un’altra ragione per essere confermata. L’attacco di Berlusconi è stato duro. Lo scontro inevitabile davanti a chi ha scelto di ignorare del tutto l’azione improntata sempre al massimo dell’equilibrio portata avanti dal presidente della Repubblica, nonostante le pressioni ed anche le critiche di chi ha voluto interpretare a modo suo il dettato costituzionale sulle prerogative del presidente. Che sul Lodo Alfano, nel momento in cui ne ha autorizzato la presentazione e poi lo ha controfirmato non ha mai espresso alcun giudizio di costituzionalità che, è noto a tutti, non spetta a lui esprimere. Ma, com’è avvenuto ieri, spetta proprio a quella Corte Costituzionale che lo ha fatto con una consistenze maggioranza.

E la cui decisione è stata accolta "con rispetto" dall’inquilino del Colle. Sempre dal Quirinale viene ricordato che, al momento della promulgazione della legge in materia di sospensione del processo penale per le alte cariche dello Stato come si evince dalla nota diramata il 23 luglio 2008, si era rilevato che la sentenza della Corte Costituzionale n.24 del 2004, non aveva sancito che la norma di sospensione del processo dovesse essere adottata con legge costituzionale. Quando sul tavolo del presidente arriveranno le motivazioni della sentenza della Corte, queste saranno valutate "serenamente", con la tranquillità di chi non si sente toccato in alcun modo dalle polemiche.

Elezioni e piazza. Sono state evocate da Berlusconi e dai suoi. Ipotesi accantonate entrambe. La piazza non sembra più una buona idea. Per quanto riguarda possibili elezioni anticipate è bene ricordare che ci sono precise regole che sorreggono l’istituto della democrazia rappresentativa. Eventuali dimissioni dovrebbero passare al vaglio di un voto di fiducia in Parlamento in cui una maggioranza c’è o è possibile. E poi... l’itinerario è lungo.

07 ottobre 2009

 

 

 

 

Ecco perché la Consulta ha bocciato il Lodo Alfano

di Claudia Fusanitutti gli articoli dell'autore

È come se avessero preso una pianta e l’avessero sradicata dalle radici. Il lodo Alfano è stato smontato dopo nove ore di camera di consiglio da 9 alti giudici della Consulta contro 6 che erano invece favorevoli. Un voto a maggioranza netta che spazza via ogni ipotesi di salvezza parziale dello scudo giudiziario per le quattro più alte cariche dello Stato e che ha dilaniato l’ambiente per solito rarefatto dell’alta Corte. Un voto che appena rimbalza fuori dal palazzo settecentesco sul colle del Quirinale scatena l’inferno politico e mediatico e che dice con chiarezza che l’immunità parlamentare, abolita nel 1993, non può essere ristabilita con legge ordinaria.

Il lodo Alfano è stato bocciato nel metodo e nel merito perché viola due principi cardine della Carta, l’articolo 3 che stabilisce il principio di uguaglianza dei cittadini davanti alle legge e l’articolo 138 che fissa l’iter di approvazione delle leggi che correggono le norme della Carta. È l’abc di ogni buon legislatore. E invece per quindici mesi il Lodo è stato legge dello Stato e ha consentito al premier di non farsi processare.

L’illegittimità costituzionale era l’ipotesi peggiore per i legali del premier che martedì nell’udienza pubblica avevano tirato ancora di più per la giacca la Costituzione sostenendo che "la legge è uguale per tutti ma non per tutti si applica allo stesso modo" (Ghedini) e che il premier "con la nuova legge elettorale non è più primus inter pares ma primus super pares"(Pecorella). Forzature, specie la prima, che devono aver irritato i guardiani della Costituzione.

Le conseguenze pratiche e politiche della bocciatura sono infinite. Prima di tutto i processi. "Vorrà dire che d’ora in poi il premier toglierà tempo al governo del paese per essere presente a processi evanescenti" dice un irritato Ghedini che, pessimista dalla mattina, ha atteso la pronuncia della Corte tra Montecitorio e palazzo Grazioli. Il processo per la compravendita per i diritti tv e cinematografici riprenderà già la prossima settimana dal punto dove era stato interrotto un anno fa. Il premier è imputato per falso in bilancio e appropriazione indebita. Più complessa invece la situazione per il processo Mills che è già arrivato alla sentenza di primo grado.

Questo procedimento dovrà ricominciare da capo ed è a rischio prescrizione (l’ipotesi di reato è corruzione in atti giudiziari) entro pochi mesi. Per il Presidente del Consiglio esiste il rischio di altri due procedimenti: il primo, sempre a Milano, riguarda la vicenda Agrama (diritti tv) e i pm devono chiedere il rinvio a giudizio per appropriazione indebita. Deve decidere cosa fare anche il gip di Roma a cui l’accusa ha chiesto l’archiviazione per la compravendita dei senatori.

Tensione tra i giudici Dai processi alla politica, passando per l’attacco alle istituzioni come la Consulta. "I giudici hanno voluto alzare i cavalli di Frisia davanti ad ogni ipotesi di compromesso che pure era stata loro indicata" osserva amaro Gaetano Pecorella. I giudici si sono spaccati. Si racconta che quando i 15 hanno comunicato il verdetto avevano "facce contrariate", "umori neri", segno che nella camera di consiglio la contrapposizione è stata durissima e che i favorevoli al Lodo - sei erano e sei sono rimasti - non sono riusciti in alcun modo a convincere i tre colleghi indecisi che poi hanno fatto la differenza.

Mentre la notizia usciva dal portone della Consulta e rotolava per Roma e nel mondo - tutti i canali news hanno interrotto i notiziari - la prima a finire sotto accusa è stata proprio la Consulta.

"Sentenza politica" ha tuonato il Pdl. "La Corte è di sinistra, ben undici su quindici" ha fatto i conti il premier. "Si è contraddetta" ha osservato il ministro Alfano che ha annunciato: "non ci sarà una riforma costituzionale" (del resto, non arriverebbe in tempo per i processi). La Corte nel 2004, quando bocciò il lodo Schifani, non aveva messo nero su bianco che per quella modifica serviva una legge costituzionale. Anche allora ci fu una spaccatura. Amirante, oggi presidente, era allora relatore. E per lui, allora come oggi, non c’era dubbio che quella era da bocciare. La Corte ha scritto, non è certo la prima volta, una pagina di storia ma non ha fatto politica. Ha custodito la Carta di cui è garante e guardiana.

08 ottobre 2009

 

 

 

 

L'opposizione: "Ora si faccia processare"

Immediate le reazioni dell'opposizione alla sentenza della Corte Costituzionale che ha bocciato il lodo Alfano. Secondo Massimo Donadi, dell'Italia dei Valori, "il presidente Berlusconi farà bene a prendere le valige e a cambiare aria". Secondo il segretario dal Pd Dario Franceschini la Consulta ha "ristabilito il principio dell'uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge". "Il supremo organo di garanzia del nostro ordinamento, la Corte Costituzionale - ha detto Franceschini a Montecitorio - ha semplicemente ristabilito il principio dell'uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge. Tutti siamo uguali davanti alla legge - ha concluso - anche i potenti". La segreteria del Pd, allargata ai rappresentanti delle tre mozioni, ha poi definito "inaccettabili" le parole del premier Berlusconi contro il presidente Napolitano e contro la Corte Costituzionale. "Mi pare che la decisione metta un punto fermo e dica che senza una legge costituzionale Berlusconi e le alte cariche sono cittadini come tutti gli altri e sono tenuti a sottoporsi a giudizio", ha commentato Pierluigi Bersani.

Soddisfatto anche il segretario del Prc Paolo Ferrero. "Plaudo alla decisione della Corte costituzionale che ha bocciato totalmente e senza possibilità d'appello il Lodo Alfano, in quanto vìola il principio di uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge". Secondo Enzo Bianco, capogruppo Pd alla commissione Affari Costituzionali del Senato, "con un'arroganza inaccettabile, la maggioranza è andata esattamente dove era scontato che adasse". Stessa opininione del senatore Felice Casson: "Il governo - sottolinea l'ex magistrato - aveva vergognosamente sospeso ogni attività parlamentare per approvare il lodo Alfano a favore del presidente del Consiglio. Oggi è stata riaffermata la legittimità costituzionale, purtroppo però è stata affermata non dal Parlamento ma dalla Corte Costituzionale".

Il presidente dell'Italia dei Valori Antonio Di Pietro ha rivendicato la sua opposizione al lodo Alfano. "Noi lo abbiamo detto subito, sin da quando ci riunimmo a piazza Navona in migliaia per gridare allo scandalo su questa legge che Berlusconi si è fatto per sistemare i suoi processi. Già allora, ci rivolgemmo al capo dello Stato per pregarlo di non firmare questo scempio di incostituzionalità e immoralità".

07 ottobre 2009

 

 

 

 

Il Times: "Ha gettato vergogna sull'Italia, ora deve dimettersi"

"Silvio Berlusconi ha gettato vergogna su se stesso e sul suo paese con le sue buffonate sessuali e i suoi tentativi di evitare i processi. Ora si deve dimettere": così il Times in un commento intitolato "Gotico italiano" a corredo dell'ampia copertura dedicata alla bocciatura del Lodo Alfano. L'articolo di cronaca titola: "I giudici danno un colpo mortale a Silvio Berlusconi". La vicenda ha grande spazio su tutti i giornali britannici. Dopo la sentenza della corte costituzionale, i processi contro il premier possono riprendere, dice il giornale: "Berlusconi è ora un imputato che affronta un processo penale".

"Berlusconi può restare al suo posto solo se il suo partito e i suoi alleati lo sostengono - argomenta il quotidiano - Ma sarebbero sciocchi a farlo. La disintegrazione della litigiosa sinistra ha convinto molti elettori che non c'è alternativa a Berlusconi, se l'Italia vuole un governo abbastanza forte da farle attraversare l'attuale, seria crisi. Berlusconi può quindi immaginare di essere ancora piuttosto popolare. È la classica auto-illusione di un uomo che si è convinto della propria propaganda, in larga parte portata dai giornali e dalle stazioni tv che possiede. Un'altra cosa che non ha capito è l'inquietudine generata dalla sua vicinanza con Vladimir Putin e Muammar Gheddafi, e il ridicolo che si è gettato addosso con le sue buffonate sessuali. Molti italiani hanno visto le rivelazioni sulle prostitute con indulgente divertimento. Ma il danno alla reputazione del suo paese, simboleggiato dal rifiuto di Michelle Obama di accettare il suo abbraccio, ha iniziato a mostrarsi: i suoi indici di popolarità hanno iniziato a cadere".

"Berlusconi - conclude Times - ha visto questo, così come la vicenda della corte costituzionale, come un complotto ordito dai suoi nemici politici. Non lo era. È nato dalla seria preoccupazione sull'onestà e la capacità di giudizio di un uomo che guida il governo di un'importante democrazia occidentale. Se il processo di Milano ricomincia, Berlusconi deve, come ogni altro cittadino, apparire in aula. Lì potrà esercitare il diritto di ogni cittadino a difendersi contro le accuse. Resta innocente finchè non sarà provato colpevole. Il processo, comunque, sarà un'enorme distrazione dal suo lavoro di primo ministro. Ha tentato di vivere al di sopra della legge; ora essa lo consumerà. È sicuramente il momento che Berlusconi smetta di mettere i suoi interessi prima di quelli del suo paese. Dovrebbe dimettersi".

08 ottobre 2009

 

 

 

 

Berlusconi sulla stampa internazionale

Molta attenzione da parte della stampa internazionale alla bocciatura del Lodo Alfano e alle conseguenze della decisione della Corte Costituzionale italiana. Il Financial Times va dritto alla reazione del capo del governo italiano e sottolinea: "Berlusconi risponde duramente alla decisione della Corte Costituzionale". " "La Corte italiana assesta un colpo a Berlusconi", è il titolo del Wall Street Journal, molto simile a quello dell'Internationa Herlad Tribune.

Anche in Francia il caso Berlusconi è sui principali quotidiani, che fotografano un Berlusconi in difficoltà dopo la perdita dell'immunità. "Berlusconi perde il suo scudo giudiziario", titola il quotdiano Le Figarò. Mentre Liberation scrive: "L'immunità penale di Berlusconi è incostituzionale".

08 ottobre 2009

 

 

 

Primo effetto della sentenza. Per il premier si riapre il processo Mills e quello sui fondi neri Fininvest

Adesso che Berlusconi è tornato un cittadino come tutti gli altri, la prima conseguenza pratica della sentenza della Consulta è che ripartono i processi a suo carico.

Il primo è quello scaturito dalle indagini sulla compravendita dei diritti televisivi e cinematografici di società Usa per 470 milioni di euro, che sarebbe stata effettuata da Fininvest attraverso due società off-shore nel 1994-1999. La procura di Milano ipotizza che major americane abbiano venduto i diritti televisivi alle due società off- shore, le quali li avrebbero poi rivenduti con una forte maggiorazione di prezzo a Mediaset, allo scopo di aggirare il fisco italiano e creare fondi neri a disposizione di Silvio Berlusconi. Sia Mediaset sia tutti gli imputati hanno sempre respinto le accuse.

In conseguernza della legge Cirielli per quel che riguarda Berlusconi venne stabilito il non luogo a procedere per prescrizione per tutte le appropriazioni indebite e per frode fiscale e falso in bilancio fino al 1999. Berlusconi al momento resta all'interno del processo per l'ipotesi di frode fiscale del 1999 e per quella del falso in bilancio che, con una contestazione suppletiva del pm, era stato "allungato" al 2001. Il processo è stato sospeso per tutti gli imputati nel settembre 2008 in attesa della decisione della Consulta.

Il processo Mills è sicuramente quello più temuto da Berlusconi. Al termine del processo di primo grado, il 17 febbraio 2009, i giudici della decima sezione penale del Tribunale di Milano hanno condannato a quattro anni e sei mesi l'avvocato Mills per corruzione giudiziaria. Al centro del procedimento c'è l'accusa secondo cui Berlusconi nel 1997 avrebbe fatto inviare 600.000 dollari all'avvocato d'affari britannico come ricompensa per non aver rivelato in due processi, in qualità di testimone e quindi con l'obbligo di legge di dire il vero e non tacere nulla, le informazioni su due società off- shore usate da Mediaset per creare fondi neri. In questo caso i giudici, a differenza dei colleghi del processo principale sui diritti tv sospeso per tutti, una volta entrato in vigore il Lodo Alfano hanno deciso di stralciare e sospendere la posizione del coimputato Berlusconi, e di procedere per il solo Mills. Il processo d'appello a David Mills inizierà il prossimo 9 ottobre e tra l'altro si è saputo che la difesa del legale inglese ha chiesto la testimonianza del premier.

Teoricamente sarebbe in piedi anche il procedimento, attualmente in fase preliminare, dove Berlusconi è indagato per istigazione alla corruzione nell'inchiesta in cui si ipotizza la compravendita di due senatori del centrosinistra, eletti all'estero, durante l'ultimo governo Prodi affinché passassero nelle file del centrodestra durante il voto sulla legge finanziaria. La procura di Roma aveva chiesto l'archiviazione e il gip Orlando Villoni aveva sospeso la sua pronuncia nel merito in attesa della decisione della Corte Costituzionale sul Lodo Alfano.

07 ottobre 2009

 

 

 

 

 

2009-10-06

Lodo Alfano, il giorno della Consulta

di Claudia Fusanitutti gli articoli dell'autore

Una vigilia blindata mentre fuori rimbalzano dichiarazioni di fuoco. Nel palazzo della Consulta le luci restano accese fino a tardi, si continua a leggere e a studiare perchè al di là delle schede con previsioni e pronostici che hanno girato vorticosamente in questi giorni, il destino del lodo Alfano, e della legislatura, è ancora tutto da decidere. E al di là dei "complotti" giudiziari e dei "disegni eversivi" di cui parlano il premier e i suoi colonnelli, non c’è dubbio che il risarcimento Fininvest alla Cir di De Benedetti e le motivazioni che definiscono il premier "corresponsabile della vicenda corruttiva", rischiano di pesare fin troppo sull’udienza che si apre stamani tra gli stucchi e gli ori della settecentesca sala gialla delle Pubbliche udienze.

Al di là dell’orario di inizio della discussione (9 e 30), sono poche le certezze. Tutti e quindici gli alti giudici saranno presenti. Nessuna rinuncia dopo le polemiche sulla cena avvenuta a maggio a casa del giudice Mazzella, ospiti un altro giudice Paolo Maria Napolitano, il premier, il ministro Alfano e il sottosegretario Letta. E pazienza per i sospetti.

Poche certezzePrenderà la parola per primo il presidente Francesco Amirante (che nel 2004 bocciò il lodo Schifani per violazione del principio di uguaglianza e del diritto di difesa). A seguire il relatore Franco Gallo, ministro delle Finanze nel governo Ciampi e da lui nominato nel 2004. Il premier mette in campo, tra gli avvocati, gli onorevoli Ghedini e Pecorella e Piero Longo. La procura di Milano, che ha sollevato l’eccezione di costituzionalità per ben otto articoli della Carta, è assistita dall’avvocato Alessandro Pace, tra i più noti costituzionalisti. Per lo Stato l’avvocato Glauco Nori. La bocciatura del Lodo, ha scritto nella memoria, "sarebbe un danno per le istituzioni".

Per il resto, è tutto da vedere. A cominciare dai tempi. Potrebbe essere tutto deciso entro domani. Ma esiste anche la possibilità che la discussione, una volta incardinata, possa terminare tra un paio di settimane visto l’impegno all’estero, in Portogallo, di cinque giudici tra cui presidente e relatore.

Nulla di certo, meno che mai, in quella che l’onorevole avvocato Gaetano Pecorella giudica "un’affascinante vicenda con un grande valore scientifico". Le ultimissime indiscrezioni vedono prevelare i sì, cioè la conferma del lodo Alfano, dello scudo giudiziario che sospende i processi per le quattro più alte cariche dello Stato. Sarebbero 7 i giudici convinti che la norma va bene così com’è. Cinque quelli altrettanto convinti che il lodo debba decadere.

Il peso dei tre indecisi Tre gli indecisi, tutti giuristi di grande fama e spessore, dilaniati in questi giorni da dubbi e incertezze interpretative. Da una parte c’è il lodo Schifani che la Consulta bocciò nel 2004 senza però scrivere da nessuna parte che serviva una legge costituzionale.Un precedente, un’omissione, che pesa molto oggi perchè la Consulta non può tornare cinque anni dopo, su un punto non rilevato allora. Dall’altra ci sono i comunicati del presidente Napolitano che nel 2008 dette via libera al lodo Alfano per due motivi: la Corte non sancì che la norma di sospensione dei processi dovesse essere adottata con legge costituzionale; era "apprezzabile", inoltre, la tutela del sereno svolgimento delle funzioni delle più alte cariche dello Stato. "Pesa" la scelta di Fini di rinunciare allo scudo, prova provata che la norma non è blindata e che può bastare la modifica con legge ordinaria. "Pesano", infine, le obiezioni tecnico-giuridiche di questi mesi sul principio di parità di trattamento tra premier e ministri e tra i due presidenti di Camera e Senato e gli altri parlamentari.

Ecco che tutto questo potrebbe far spostare i tre alti giudici e il blocco dei cinque "no", verso un’ipotesi terza, una mediazione che giudichi costituzionale il lodo ma chieda anche di correggerlo eliminando, ad esempio, la tutela per i Presidenti di Camera e Senato.

06 ottobre 2009

 

 

 

2009-10-05

Lodo, Consulta divisa. Quanto peserà la rinuncia di Fini?

di Claudia Fusanitutti gli articoli dell'autore

Una sentenza che è lo spartiacque della legislatura. Ununico tavolo da cui dipendono tante partite: la durata del governo, la tenuta del Pdl, la nascita di nuove formazioni politiche al centro, un’eventuale diaspora nel Pd. Così la Consulta si ritrova ad essere, suo malgrado, non solo garante e giudice delle leggi ma anche arbitro degli equilibri politici. Ecco perché domattina, quando avvieranno la pubblica udienza che dovrà decidere la costituzionalità del Lodo Alfano, i quindici alti giudici di palazzo della Consulta dovranno anche decidere se essere solo giuristi o anche istituzione dello Stato in un particolare momento della vita pubblica del paese. Giudicare il Lodo - lo scudo giudiziario che blocca i processi, ma non le indagini, per le quattro più alte cariche dello Stato - solo interrogando i codici o anche il contesto in cui gli stessi codici vanno applicati. Il toto-Consulta e le relative schedine su numero dei favorevoli e dei contrari sono stati il tema prediletto nei conciliaboli di Montecitorio dell’ultima settimana.

I quindici giudici e i rispettivi magistrati assistenti sono al lavoro da settimane. Inutile qui dire se sono di più quelli per la conferma del Lodo, e quindi la prosecuzione della legislatura senza che Berlusconi venga processato, o coloro che giudicano il Lodo incostituzionale, annullandolo e aprendo la strada a stravolgimenti politici. Preferibile dire che c’è una sostanziale parità, che la Corte è spaccata e che la differenza la faranno due, al massimo tre giudici tra cui il presidente Francesco Amirante (il cui voto, in caso di parità, vale doppio) ancora incerti sul da farsi. È preferibile, anche, non dilungarsi troppo sulle cene tra giudici e premier e ministri (a maggio a casa Manzella); sul figlio del giudice promosso ai vertici di un importante ente pubblico; sulla lunga stretta di mano tra il premier e il presidente Amirante durante i funerali dei sei parà uccisi a Kabul.

Restiamo ai fatti che più di tutti possono pesare sulla decisione finale. Che sono sostanzialmente tre: la rinuncia del presidente della Camera Gianfranco Fini al Lodo; la memoria difensiva dell’Avvocatura di Stato; le ragioni che nel luglio 2008 hanno fatto dire al presidente della Repubblica sì al Lodo Alfano. Il presidente Napolitano osservò allora, in due diversi comunicati, che la Corte già con la sentenza n.24 del 2004 (quella che bocciò l’analogo Lodo Schifani) "sancì che la norma di sospensione dei processi per le alte cariche dello stato non dovesse essere adottata con legge costituzionale". Che bastava, quindi, una legge ordinaria. Napoletano, firmando il Lodo Alfano, ricordò anche che la Corte, sempre nel 2004, "giudicò un interesse apprezzabile la tutela del bene costituito dalla assicurazione del sereno svolgimento delle rilevanti funzioni che ineriscono a quelle cariche ". In sintesi, poter governare serenamente è un interesse primario e un processo può anche aspettare. Un po’ lo stesso principio spiegato nelle ventuno pagine della memoria difensiva dell’Avvocatura di Stato che, in caso di stop al Lodo, prevede danni seri all’esercizio delle funzioni provocati dalle dimissioni del premier. Alla Corte, quindi, è stato prospettato una sorta di ricatto politico. Può questo pesare sulle decisioni puramente tecnico- giuridiche degli alti giudici? Non dovrebbe. Fondamentale, invece, è la questione della costituzionalità del Lodo su cui però già in passato, nel 2004, la Consulta si era espressa dicendo che nonserviva una legge costituzionale. Ecco perché a questo punto è di grande "aiuto" la scelta di Fini di rinunciare allo scudo: in qualche modo è la prova che il Lodo non è incostituzionale. Si tratta di un messaggio forte per la Corte. Che può far spostare i più indecisi verso il sì e la conferma.

05 ottobre 2009

il SOLE 24 ORE

per l'articolo completo vai al sito Internet

http://www.ilsole24ore.com

2009-10-09

Berlusconi: sono il più perseguitato

della storia

9 ottobre 2009

Silvio Berlusconi e Giorgio Napolitano (LaPresse)

VISTI DA LONTANO

Berlusconi e la giustizia, raffica di editoriali sui media esteri (di Elysa Fazzino)

Fini e Schifani: il Quirinale ha rispettato la Costituzione

Berlusconi chiede "più rispetto per il premier"

I rischi del conflitto istituzionale (di Stefano Folli)

PILLOLA POLITICA/ I paletti di Fini e il ribadito asse con il Colle (di Emilia Patta)

Fini: "Il premier rispetti la Consulta e Napolitano"

Lodo illegittimo. Berlusconi critica i giudici e il capo dello Stato

COMMENTA la notizia

I documenti sulla decisione del lodo Alfano

"Dai nostri archivi"

La bocciatura del lodo Alfano sulla stampa estera

Lodo Alfano, Fini: "Il premier rispetti la Consulta e Napolitano"

Il lodo Alfano è illegittimo. Berlusconi critica i giudici e il capo dello Stato

Lodo Alfano: sentenza rinviata Berlusconi attende "fiducioso"

Lodo Alfano: è giusto sospendere i processi per le 4 più alte cariche dello stato?

Silvio Berlusconi torna a parlare di giustizia a due giorni dalla bocciatura del Lodo Alfano (che sospende i processi per più alte cariche dello Stato) da parte della Corte Costituzionale. E lo fa, come già nei giorni scorsi, attaccando direttamente i giudici. "Sono in assoluto il maggior perseguitato dalla magistratura di tutta la storia di tutte le epoche del mondo" ha detto nel corso di una conferenza stampa a palazzo Chigi. Berlusconi poi ha parlato dei processi a suo carico, rimasti sospesi finora, ma che riprenderanno dopo la bocciatura della Corte Costituzionale della legge che li sospendeva.

"I processi di Milano - ha proseguito - sono autentiche farse. Andrò in tv e lo spiegherò agli italiani. Io sono un argine alla sinistra e vogliono sovvertire il voto degli elettori". E poi ha aggiunto: "Sono sempre stato assolto. Due volte ho avuto la prescrizione, che non è una condanna. Sono l'uomo politico più perseguitato con 2500 udienze. Non sono comunque impensierito". Parlando poi dei "centinaia di processi, migliaia di udienze e perquisizioni" che ha dovuto affrontare il premier scivola poi su una gaffe: invece di avvocati gli scappa "giudici". Per fortuna - dice - ho potuto affrontarli" grazie alla disponibilità economica che "mi ha permesso di spendere 200 milioni per pagare consulenti e i giudici...". Sorrisi in sala e sul palco, dove c'é il ministro Brunetta che lo corregge: "avvocati...". Berlusconi sorride e ribadisce: "sì, avvocati...".

 

In mattinata, intervistato dal Tg5, aveva anche parlato del suo rapporto con il Quirinale, dopo le tensioni dei giorni scorsi. "Per il futuro - ha detto - sono convinto che sia possibile una reale dialettica fra il Quirinale e il governo e sono certo che non ci sarà nessun ostacolo al nostro programma di riforme per cambiare l'Italia". Sottolineando però che "è chiaro a tutti che in Italia non c'è nessuno che si può considerare super partes. Non lo è la Consulta; tra gli undici giudici di sinistra ci sono i cinque che sono stati nominati dagli ultimi tre Presidenti della Repubblica che sono di sinistra, e questo è un fatto. Come è un fatto che Napolitano è sempre stato un protagonista della sinistra, e nulla può cambiare la sua storia politica".

9 ottobre 2009

 

 

 

Berlusconi e la giustizia, raffica di editoriali sui media esteri

di Elysa Fazzino

9 ottobre 2009

"Dai nostri archivi"

La bocciatura del lodo Alfano sulla stampa estera

Berlusconi "sotto assedio", vita politica sospesa

Lodo Alfano alla prova del 9

Il Guardian replica a Berlusconi: Italia inadatta ai vertici

Financial Times: Berlusconi al governo, un "horror show"

Berlusconi in crisi, Italia in crisi: il mondo ci guarda e dà consigli. La stampa estera continua a dibattere sulle conseguenze politiche della sentenza della Corte costituzionale che ha bocciato la legge sull’immunità del Primo ministro italiano.

In un editoriale intitolato "La crisi di Berlusconi", il Financial Times constata che togliendo l’immunità al premier italiano la Consulta lo ha colpito "là dove fa davvero male". E’ il più "grave scacco" di Berlusconi, ma la Corte "è arrivata a dare il giudizio giusto. Il capo di governo in una democrazia non può essere al di sopra della legge. Ogni altro verdetto sarebbe stato un’ulteriore deformazione del disfunzionale sistema politico italiano".

Il Ft vede Berlusconi "chiaramente indebolito" e prevede che dovrà spendere più tempo a difendersi e avrà meno tempo per governare. Ma non si tratta di un "colpo mortale", perché il Primo ministro è "politicamente forte", ha la maggioranza in Parlamento, i suoi avversari di centrosinistra sono in crisi, i partner della sua coalizione si rifiutano di sfidarlo.

"Non possiamo fare altro che contemplare il triste stato della politica italiana", continua il Financial Times. A suo parere, però, "i suoi alleati di centrodestra dovrebbero pensare a mollarlo. L'Italia starebbe certamente meglio senza di lui".

Il quotidiano finanziario britannico coglie anche crescenti timori per le riforme in Italia. Guy Dinmore e Giulia Segreti registrano la preoccupazione di economisti e analisti: "Un governo di centrodestra guidato da un Primo ministro ferito e un’immagine della nazione danneggiata all’estero alimenteranno un senso di stagnazione che minerà l’economia e indebolirà il già limitato appetito per le riforme". In un altro articolo, Vincent Boland si interroga sul futuro dell'impero mediatico, dopo la condanna a pagare 750 milioni di euro alla Cir e la sentenza della Consulta. Due sono le aree dove le sentenze possono avere il maggiore impatto. Una è la strategia di Fininvest e Mediaset nell’arena internazionale: Mediaset controlla la spagnola Telecinco e ha fatto capire di volere comprare altri asset, "ma il governo spagnolo è tiepido all’idea e gli sviluppi di questa settimana potrebbero averlo ulteriormente raffreddato". La seconda area è il Milan: la crisi del club potrebbe avere diviso la famiglia Berlusconi, con la figlia Marina favorevole alla vendita e il premier contrario.

Un editoriale del Guardian - "Berlusconi finalmente di fronte alla giustizia" - censura la reazione del premier, che ha attaccato i giudici accusando tre Presidenti della Repubblica di avere riempito la Corte di "pericolosi sinistrorsi". "La persona che è pericolosa – nel senso che sta attivamente minando le istituzioni dell’Italia – è Mr Berlusconi", scrive il giornale. I processi e le indagini devono riprendere, ammonisce il Guardian, "anche se si risolvono in nulla". "I casi devono continuare. Ogni altro corso d’azione spingerebbe l’Italia ancora più lontano dal suo presente democratico e indietro verso il suo passato fascista".

L’Independent nell’editoriale "Berlusconi e le sue battaglie" ricorda che i sondaggi sembrano essere in calo. Anche se Berlusconi ha assicurato che andrà avanti "la realtà è che il suo futuro è ora nelle mani degli alleati della sua coalizione. Se decidono che stanno meglio senza di lui, non c’è baccano che possa mantenerlo in carica". L’Independent non crede che il premier sia già finito: "Sarebbe sciocco dare Berlusconi per spacciato. Ha dimostrato la sua capacità di resistenza molte volte in passato. Ma è possibile che anche il "miglior" leader dell’Italia trovi impossibile combattere su tanti fronti allo stesso tempo". Un altro titolo dell’Independent vede la crisi incombente.

Il Times, che in un editoriale di ieri aveva consigliato a Berlusconi di dimettersi, oggi pubblica un’analisi del corrispondente Richard Owen "L'Houdini della politica italiana potrebbe restare un’anatra zoppa". L’articolo inizia con un aneddoto. All’apertura di una mostra di dipinti di Santi europei, accanto al Cardinale Tarcisio Bertone, Berlusconi ha scherzato: "Sua eminenza, qui c’è una grave omissione… manca San Silvio". Stava scherzando, "ma non interamente", scrive Owen. Berlusconi – spiega - "crede ancora di essere una figura eccezionale cui non si applicano le normali regole". Ma il suo potere si è indebolito e ha di fronte il pericolo che chi guarda all’era post Berlusconi "comincerà a manovrare per la sua successione". Sulla homepage del suo sito, Il Times titola: "I processi sono assurdi, dice Berlusconi".

CONTINUA ..."

"Le incriminazioni potrebbero scadere prima che dell’avvio del processo", titola il Telegraph. Un commento di Michael Day osserva che il sistema giudiziario italiano ha fatto una cosa giusta, ma ugualmente ha bisogno di riforma. Il sito della Bbc, nella sua ampia copertura data alla vicenda, mette online una galleria fotografica sull’ "annus horribilis" di Berlusconi.

9 ottobre 2009

 

 

 

 

2009-10-08

Fini e Schifani riconoscono a Napolitano il "rigoroso rispetto" della Costituzione

8 ottobre 2009

Il presidente del Senato, Renato Schifani, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano e il presidente della Camera, Gianfranco Fini (Ansa)

Berlusconi chiede "più rispetto per il premier"

Fini: "Il premier rispetti la Consulta e Napolitano"

I rischi del conflitto istituzionale (di Stefano Folli)

PILLOLA POLITICA/ I paletti di Fini e il ribadito asse con il Colle (di Emilia Patta)

Lodo illegittimo. Berlusconi critica i giudici e il capo dello Stato

COMMENTA la notizia

I documenti sulla decisione del lodo Alfano

 

I presidenti del Senato e della Camera, sottolinea un comunicato congiunto Schifani-Fini, "hanno dato atto al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, del suo rigoroso rispetto delle prerogative che la Costituzione gli riconosce". Si è concluso così l'incontro dei presidenti di Senato e Camera, con il presidente della Repubblica Napolitano, che si è svolto al Quirinale. L'incontro, che è durato circa un'ora, ha avuto come tema principale le polemiche che hanno investito il Capo dello Stato dopo la bocciatura da parte della Consulta del lodo Alfano. I presidenti dei due rami del Parlamento "hanno espresso l'auspicio che tutti gli organismi istituzionali e di garanzia agiscano, in aderenza al dettato costituzionale e alla volontà del corpo elettorale, per determinare un clima di leale e reciproca collaborazione nell'interesse esclusivo della Nazione".

Intanto è tramontata l'ipotesi della maxi manifestazione del Pdl, auspicata dal capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto. Durante l'ufficio di presidenza del Pdl, che si è svolto a palazzo Grazioli, Silvio Berlusconi, avrebbe escluso la possibilitá di un raduno di piazza sullo stile della kermesse di piazza San Giovanni a Roma del 2 dicembre del 2006. Per il Cavaliere la manifestazione potrebbe rischiare di rivelarsi un boomerang. Il partito, in serata, ha diramato una nota sulla decisione della Consulta di bocciare il lodo Alfano. "Il mutamento di indirizzo della Corte - si legge nel documento - oltre che una scelta politica si configura anche come una violazione del principio di lealtà e collaborazione tra gli organi costituzionali che ha avuto la conseguenza di sviare l'azione legislativa del Parlamento".

Ieri il premier Berlusconi aveva criticato la Consulta ("è di sinistra") e il Quirinale ("si sa da che parte sta"). Accuse ribadite dal Cavaliere anche questa mattina. Il Capo dello Stato aveva subito replicato alle critiche che lo avevano investito con una nota pubblicata sul sito del Colle. "Tutti sanno da che parte sta il Presidente della Repubblica. Sta dalla parte della Costituzione, esercitando le sue funzioni con assoluta imparzialità e in uno spirito di leale collaborazione istituzionale". Il Capo dello Stato è tornato a parlare della vicenda all'uscita del concerto "Giovani contro la guerra" alla presenza di Papa Benedetto XVI all'Auditorium della Conciliazione. "Di momenti difficili ne ho passati tanti, supereremo anche questo" ha affermato il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, rispondendo ad una domanda dei giornalisti sulla situazione politica dopo la bocciatura del Lodo Alfano.

8 ottobre 2009

 

 

 

 

I paletti di Fini e il ribadito asse con il Colle

di Emilia Patta

8 ottobre 2009

"Dai nostri archivi"

Bossi: "Se la Consulta boccia il lodo trascineremo il popolo in piazza"

Lodo Alfano: possibili scenari

L'asse Fini-Bossi: niente elezioni, avanti con le riforme

Il "pressing" del Pdl in un clima da resa dei conti

Lodo Alfano alla prova del 9

 

"L'incontestabile diritto politico di Silvio Berlusconi di governare e di riformare il Paese, conferitogli dagli elettori, non può far venir meno il suo preciso dovere costituzionale di rispettare la Corte Costituzionale e il Capo dello Stato". Dopo avere assistito con grande irritazione e preoccupazione agli attacchi del premier contro Giorgio Napolitano ("è di sinistra", è tornato a ribadire anche stamattina) e contro i giudici della Consulta colpevoli di aver bocciato il lodo Alfano, Gianfranco Fini ha fissato così i suoi paletti. E il messaggio è chiaro: come co-fondatore del Pdl ribadisce il suo sostegno al governo e garantisce l'impegno ad andare avanti con questa maggioranza; come presidente del Camera non può che difendere i ruolo e le prerogative del Quirinale e della Consulta, massime istituzioni di garanzia dello Stato.

Gli fanno eco le dichiarazioni altrettanto preoccupate del vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura Nicola Mancino: "La rozzezza delle accuse stavolta non ha proprio avuto un limite", ha detto riferendosi alle parole contro Napolitano. Quanto al destino delle riforme sulla giustizia, avverte, "non siano né dispettose né minatorie".

Mai lo scontro istituzionale aveva raggiunto questi livelli, e lo strappo tra Palazzo Chigi e il Colle stavolta sarà difficilmente ricucibile. Anche se i pontieri vicini al premier (stamane a Palazzo Grazioli c'erano tra gli altri Gianni Letta e Fedele Confalonieri) lavoreranno certamente nelle prossime ore in questa direzione. Ma il tempo delle colombe, dopo gli attacchi di ieri, è per ora tramontato. Berlusconi sembra puntare all'assolo contro tutti per superare le regionali di primavera rafforzato dal voto popolare.

Volontà del popolo al di sopra delle istituzioni? Il filo rosso che ha segnato fin dall'inizio questa legislatura emerge qui con tutta la sua drammaticità: da una parte Berlusconi e il suo fastidio per il "teatrino" della politica e per le regole e le garanzie previste dagli istituti democratici; dall'altra l'asse Napolitano-Fini e il rispetto del dettato costituzionale e dei pesi e contrappesi tra poteri da esso previsti. Proprio il ruolo di Fini appare sempre più cruciale per l'esito di questo conflitto: da lui, in queste ore, il no alle elezioni anticipate (d'accordo con il leader della Lega Umberto Bossi) e il ribadito asse con il Quirinale. La maggioranza resta dunque al suo posto e il governo anche. Ma con un premier senza dubbio indebolito dopo la sentenza della Consulta.

8 ottobre 2009

 

 

 

 

 

Fini e Schifani al Quirinale

8 ottobre 2009

Fini: "Il premier rispetti la Consulta e Napolitano"

I rischi del conflitto istituzionale (di Stefano Folli)

PILLOLA POLITICA/ I paletti di Fini e il ribadito asse con il Colle (di Emilia Patta)

Lodo illegittimo. Berlusconi critica i giudici e il capo dello Stato

COMMENTA la notizia

I documenti sulla decisione del lodo Alfano

 

I presidenti di Senato e Camera, Renato Schifani e Gianfranco Fini, sono al Quirinale per un incontro con il presidente della Repubblica Napolitano.

Ieri il premier Berlusconi aveva criticato la Consulta ("è di sinistra") e il Quirinale ("si sa da che parte sta"). Accuse ribadite dal premier anche questa mattina.

Il Capo dello Stato aveva subito replicato alle critiche che lo avevano investito con una nota pubblicata sul sito del Colle. "Tutti sanno da che parte sta il Presidente della Repubblica. Sta dalla parte della Costituzione, esercitando le sue funzioni con assoluta imparzialità e in uno spirito di leale collaborazione istituzionale". Il presidente Napolitano, sottolineava la nota, "h0a accolto con rispetto la sentenza della Corte alla quale soltanto spetta il giudizio di costituzionalità delle leggi".

E ha ricordato che, al momento della promulgazione della legge, il cosiddetto lodo Alfano, "si era rilevato - come si evince dalla nota diramata il 23 luglio 2008 - che la sentenza della Corte Costituzionale n. 24 del 2004, a cui in quella fase si faceva riferimento, non aveva sancito che la norma di sospensione del processo dovesse essere adottata con legge costituzionale".

8 ottobre 2009

 

 

 

 

 

Lodo Alfano, Fini: "Il premier rispetti la Consulta e Napolitano"

8 ottobre 2009

Lodo illegittimo. Berlusconi critica i giudici e il capo dello Stato

COMMENTA la notizia

DOCUMENTO / Il comunicato della Consulta

DOCUMENTO / La nota del Quirinale

IL PUNTO / Ora la fase più difficile del premier (di Stefano Folli)

MAGGIORANZA / Bossi: "Guerra se si ferma

il federalismo"

I COMMENTI DELL'OPPOSIZIONE / Franceschini: "Ristabilito il principio di uguaglianza"

STAMPA ESTERA IN RETE / Riflettori accesi sul giudizio della Consulta

"Dai nostri archivi"

Il giudizio della Consulta sulla stampa estera in Rete

Franceschini: "Quella di Bossi un'intimidazione esplicita"

VIDEO / L'udienza della Corte Costituzionale sul lodo Alfano

L'udienza della Corte Costituzionale sul lodo Alfano (II parte)

Lodo Alfano: possibili scenari

Dopo il silenzio di ieri Fini prende posizione contestando le parole del premier che ieri, dopo il verdetto sul lodo Alfano, aveva attaccato la Consulta e il Capo dello Stato con parole dure: "i giudici sono di sinistra", il "Capo dello Stato si sa da che parte sta". Attacco che aveva portato a una replica con una nota del Quirinale: "Il Capo dello Stato sta con la Costituzione". Per Fini "l'incontestabile diritto politico di Silvio Berlusconi di governare, conferitogli dagli elettori, e di riformare il Paese - ha sottolineato Fini in una nota - non può far venir meno il suo preciso dovere costituzionale di rispettare la Corte Costituzionale e il Capo dello Stato".

Berlusconi, questa mattina in una intervista al Gr, ha ancora dichiarato: "Il presidente della Repubblica é stato eletto da una maggioranza che non é più maggioranza del Paese, la maggioranza di sinistra. Le sue radici, totali, la sua storia, é dimostrato, sono di sinistra. Credo che anche l'ultimo atto di nomina di un giudice della Corte dimostri da che parte sta. Tutto qui".

Quella aperta dalla sentenza della Corte

Costituzionale sul lodo Alfano e dallo scontro istituzionale in corso, per il presidente del Senato renato Schifani è "una crisi di sistema grave". Schifani non ha citato direttamente la sentenza della Corte, ma nel suo discorso al convegno di Roma sulla povertà, richiama i princìpi di funzionamento della democrazia:

"La maggioranza e l'opposizione - ha detto - sono decise dal voto del popolo. Vie di fuga parallele non sono praticabili: opporsi alla maggioranza è innanzitutto compito dell'opposizione parlamentare, che si esprime con l'autorevolezza che ha conferito l'esito elettorale". "L'unica sovranità - ha ricordato la seconda carica dello Stato - appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. Altri mezzi assomigliano ad espedienti di chi vuole aggirare il consenso popolare attraverso pratiche estranee alla sana politica. Tali tentativi non sarebbero compresi nè accettati dalla maggioranza dei cittadini". Schifani ha ribadito che la fonte e il fine ultimo di ogni istituzione che opera in uno Stato democratico è il popolo. "Non esistono alternative; quando il popolo si esprime va rispettato. Chi ne ha paura tradisce la propria missione". Secondo il presidente del Senato "siamo oggi di fronte a una crisi di sistema grave. È necessario che dentro il Parlamento maggioranza e opposizione, legittimate dal consenso popolare, diano una vera prospettiva al Paese. Per equilibrio ma anche chiarezza; da qui si deve tutti insieme ripartire per il bene dell'Italia e dei nostri figli".

8 ottobre 2009

 

 

 

Il lodo Alfano è illegittimo. Berlusconi critica i giudici e il capo dello Stato

7 ottobre 2009

Glauco Nori, avvocato dello Stato, con gli avvocati difensori di Berlusconi, Niccolò Ghedini e Piero Longo (Lapresse)

COMMENTA la notizia

DOCUMENTO / Il comunicato della Consulta

SCHEMA / La decisione dei giudici

Le motivazioni che hanno portato alla decisione

DOCUMENTO / La nota del Quirinale

IL PUNTO / Ora la fase più difficile del premier (di Stefano Folli)

Dal Lodo Schifani al Lodo Alfano

Processo Mills, Berlusconi citato come testimone in appello

"Dai nostri archivi"

Il giudizio della Consulta sulla stampa estera in Rete

Franceschini: "Quella di Bossi un'intimidazione esplicita"

VIDEO / L'udienza della Corte Costituzionale sul lodo Alfano

Lodo Alfano: possibili scenari

Lodo Alfano: sentenza rinviata Berlusconi attende "fiducioso"

Il lodo Alfano è incostituzionale in quanto non si può modificare una norma della Costituzione con legge ordinaria. I giudici della Consulta hanno bocciato, dunque, la legge che sospende i processi per le quattro alte cariche dello Stato: i presidenti della Repubblica, del Senato, della Camera e del Consiglio.

Le violazioni riscontrate. I giudici della Corte costituzionale, che hanno assunto la decisione a maggioranza, hanno riscontrato la violazione dell'articolo 138 della Costituzione - vale a dire l'obbligo di far ricorso a una legge costituzionale (e non ordinaria come quella usata dal lodo per sospendere i processi nei confronti delle quattro più alte cariche dello Stato) - e la violazione dell'articolo 3 (principio di uguaglianza). La Consulta ha anche dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale della stessa disposizione proposte dal Gip del Tribunale di Roma.

Gli effetti della decisione. L'effetto della decisione della Consulta sarà la riapertura di due processi a carico del premier Berlusconi: per corruzione in atti giudiziari dell'avvocato David Mills e per reati societari nella compravendita di diritti tv Mediaset. C'è poi un terzo procedimento, Mediatrade, che potrebbe approdare in aula se il premier dovesse essere rinviato a giudizio nei prossimi mesi. Un altro procedimento pendente riguarda, poi, l'inchiesta su una presunta compravendita di senatori all'epoca del governo Prodi.

Berlusconi: "La Consulta è di sinistra". "Andiamo avanti, dobbiamo governare 5 anni con o senza lodo". Così, il premier Silvio Berlusconi, uscendo da Palazzo Grazioli, ha commentato la sentenza. "Non ci ho mai creduto perché - ha proseguito Berlusconi - con una Corte costituzionale con 11 giudici di sinistra era impossibile che lo approvassero". Il premier nel suo sfogo dopo la sentenza ha tirato in ballo non solo la sinistra, ma anche il capo dello Stato, Giorgio Napolitano. "Abbiamo una minoranza di magistrati rossi - ha detto il premier - che è organizzatissima e che usa la giustizia a fini di lotta politica. Il 72% della stampa è di sinistra, gli spettacoli di approfondimento della tv pubblica pagata con i soldi di tutti, sono di sinistra, ci prendono in giro anche con gli spettacoli comici". Poi l'accenno a Napolitano: "Il capo dello Stato - ha detto Berlusconi - sapete voi da che parte sta. Abbiamo giudici della Corte costituzionale eletti da tre capi dello Stato di sinistra, che fanno della Corte costituzionale non un organo di garanzia ma politico". Il premier ha detto che i processi che gli "scaglieranno sul piatto sono autentiche farse" e che sottrarrà "qualche ora alla cura della cosa pubblica per andare là e sbugiardarli tutti".

Napolitano sta "dalla parte della Costituzione". "Tutti sanno - sottolinea una nota del Quirinale - da che parte sta il presidente della Repubblica. Sta dalla parte della Costituzione, esercitando le sue funzioni con assoluta imparzialità e in uno spirito di leale collaborazione istituzionale". Dal Quirinale trapela che il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha accolto con rispetto la sentenza della Corte costituzionale sul lodo Alfano. Negli stessi ambienti si osserva fra l'altro che solo alla Consulta spetta il giudizio di costituzionalità sulle leggi.

Berlusconi: "Mi sento preso in giro e non mi interessa quello che ha detto Napolitano". All'uscita dalla mostra ospitata a palazzo Venezia, il premier rispondendo ai giornalisti ha detto: "Non mi interessa quello che ha detto Napolitano, mi sento preso in giro. Chiuso". Subito dopo il premier ha fatto rientro nella sua residenza di palazzo Grazioli. Quindi, in un'intervista rilasciata al Gr1 dopo la bocciatura del lodo Alfano, è nuovamente intervenuto sul ruolo e sulla figura del capo dello Stato: "Il presidente della Repubblica - ha dichiarato - è stato eletto da una maggioranza che non è più maggioranza del Paese, la maggioranza di sinistra. Le sue radici, totali, la sua storia, è dimostrato, sono di sinistra. Credo che anche l'ultimo atto di nomina di un giudice della Corte dimostri da che parte sta. Tutto qui".

Il premier ha anche aggiunto di essere pronto a difendersi nelle aule di tribunale e "andando in televisione" per dimostrare "di che pasta sono fatto". Ci sono due processi "farsa, risibili, assurdi che - ha aggiunto Berlusconi - illustrerò agli italiani andando anche in tv, mi difenderò io stesso anche nelle aule del tribunale facendo esporre al ridicolo gli accusatori e mostrando agli italiani di che pasta sono fatti loro e, se mi consente, di che pasta sono fatto io".

La Consulta era chiamata a decidere su tre ricorsi. La Consulta era chiamata a decidere sulla legittimitá costituzionale del provvedimento varato dal Parlamento nel luglio del 2008 e nei confronti del quale erano stati presentati tre ricorsi: due dai giudici di Milano, nell'ambito dei processi in cui il premier Silvio Berlusconi è imputato per corruzione in atti giudiziari dell'avvocato inglese David Mills (condannato in primo grado a 4 anni e 6 mesi) e per irregolaritá nella ompravendita dei diritti televisivi Mediaset. Il terzo è del gip di Roma chiamato a decidere se rinviare o meno a giudizio Berlusconi, indagato per istigazione alla corruzione di alcuni senatori eletti all'estero durante la scorsa legislatura.

7 ottobre 2009

 

 

 

 

Ora la fase più difficile del premier

di Stefano Folli

7 ottobre 2009

"Dai nostri archivi"

Il "pressing" del Pdl in un clima da resa dei conti

Berlusconi "sotto assedio", vita politica sospesa

Messina, Berlusconi: "Bloccheremo tasse e mutui"

Silvio e le foto ricordo, tra gaffe e diplomazia

Cassazione: per Berlusconi sì al processo d'appello

 

Ora Silvio Berlusconi deve affrontare la fase più difficile della sua lunga stagione politica. La sentenza della Corte Costituzionale rappresenta l'evento più clamoroso degli ultimi anni, quello suscettibile di produrre maggiori conseguenze politiche. Quali, in concreto? Dipende molto dalla capacità dei vari soggetti coinvolti di tenere i nervi saldi e non precipitare in un vortice fuori controllo.

Senza dubbio il presidente del Consiglio è molto indebolito, "azzoppato" come mai gli è capitato in passato. L'immagine di un premier che da domani dovrà presentarsi nelle varie sedi processuali e rispondere alle domande dei magistrati, con il timore di subire pesanti condanne, è devastante sul piano interno e internazionale. Né si vede come evitare questa prospettiva. Un "lodo bis", una leggina che garantisca l'immunità fintanto che il Parlamento avrà approvato una norma costituzionale con i criteri indicati dalla Consulta? Allo stato delle cose è una strada impervia, forse impraticabile.

D'altra parte Berlusconi non dispone dell'arma regina: le elezioni anticipate. Il passo congiunto dei suoi alleati, Bossi e Fini, che hanno parlato di una legislatura che deve andare avanti per fare le riforme, sembra escludere la volontà di seguire il premier in un'eventuale avventura elettorale. Ma ancora: è credibile che Berlusconi riesca a guidare la coalizione in questa condizione di crescente debolezza? Nessuno può saperlo stasera. Quel che è certo, il centrodestra ha il dovere di governare perché dispone di una larga maggioranza. Può farlo con Berlusconi, se ci riuscirà; oppure con un altro esponente in grado di perseguire gli stessi obiettivi e magari di abbassare la tensione che attraversa il paese. Lo vedremo nelle prossime settimane.

7 ottobre 2009

 

 

 

 

Bossi: "Guerra se si ferma il federalismo"

commenti - 98 | condividi su Facebook|vota su 7 ottobre 2008

Umberto Bossi (Ansa)

LA TUA OPINIONE sulle parole di Bossi

I COMMENTI DELL'OPPOSIZIONE / Franceschini: "Ristabilito il principio di uguaglianza"

Il nuovo "scudo" per il premier allo studio

STAMPA ESTERA IN RETE / Riflettori accesi sul giudizio della Consulta

IMMAGINI/ Le prime pagine dei quotidiani esteri

Raffica di commenti dopo la sentenza della Consulta che ha dichiarato illegittimo il lodo Alfano. Anche con la bocciatura della Consulta del lodo Alfano si va avanti, ha detto il leader della Lega Umberto Bossi, e si esclude il ricorso alle elezioni. Anzi, questo è il momento di stare vicino al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Attenzione, però, perché il Senatur ha detto che "se si ferma il federalismo facciamo la guerra".

"Fare parte del governo presieduto da Silvio Berlusconi - ha commentato il ministro dell'Economia Giulio Tremonti in una dichiarazione sulla decisione della Corte Costituzionale relativa al lodo Alfano.- è stato, è sará per me un grandissimo onore". Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, non ha voluto commentare la decisione della Corte Costituzionale di dichiarare illegittimo il lodo Alfano né le successive dichiarazioni del premier Silvio Berlusconi che ha definito la Consulta come un organo di sinistra.

Si dice sorpreso dalle motivazioni giuridiche che vengono evocate nel comunicato stampa con cui si annuncia l'incostituzionalità del Lodo Alfano, Roberto Calderoli, ministro della semplificazione. "La Corte Costituzionale afferma che la dichiarazione di incostituzionalità è avvenuta sulla base di due parametri del tutto inconferenti. Da un lato evoca il vizio formale, l'articolo 138 Cost., perchè non è stata utilizzata la procedura di revisione costituzionale. Dall'altro richiama anche l'articolo 3 Cost., facendo intendere che nel merito il Lodo crea anche una disparità di trattamento". Per il ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli "la grande maggioranza di consensi ricevuti dal popolo italiano, che ha condiviso il programma del centrodestra teso a modernizzare il Paese, obbliga il governo ad andare avanti con la stessa determinazione avuta finora. Condivido pienamente l'intenzione manifestata dal presidente Berlusconi in tal senso, e sulla quale non ho mai nutrito alcun dubbio".

Per il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini "la Corte costituzionale ha emesso una

sentenza politica. Alla maggioranza dei cittadini italiani é chiaro che la Consulta ha smesso di essere un organo di garanzia ed é oggi diventata una parte politica". Anche per il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Paolo Bonaiuti la bocciatura del lodo Alfano è "una sentenza politica ma il presidente Berlusconi, il governo e la maggioranza continueranno a governare come, in tutte le occasioni dall'aprile del 2008, hanno richiesto gli italiani con il loro voto". Massima solidarietà a Berlusconi è giunta dal presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni. "Esprimo la massima solidarietà, la massima vicinanza e il mio grandissimo affetto al Presidente Silvio Berlusconi dopo la sentenza della Corte Costituzionale sul lodo Alfano".

7 ottobre 2008

 

 

 

Franceschini: "Ristabilito il principio di uguaglianza". I commenti dell'opposizione

7 ottobre 2009

"Dai nostri archivi"

Il "pressing" del Pdl in un clima da resa dei conti

Le promesse di Franceschini in cinque parole chiave

Rai-Consulta, ultimo appello

Consulta e Vigilanza Rai, ultimatum di Schifani e Fini

Immunità alte cariche, Napolitano firma il lodo Alfano

 

"Il supremo organismo del nostro

ordinamento, la Corte costituzionale, ha semplicemente ristabilito il principio che era stato violato, quello dell'uguaglianza dei cittadini davanti alla legge". Questo il primo commento del segretario del Pd, Dario Franceschini, dopo la sentenza della Consulta che boccia il lodo Alfano per incostituzionalità e per violazione del principio di uguaglianza. "Non ci possono essere eccezioni - ha detto Franceschini - tutti sono uguali davanti alla legge, anche i potenti".

Riferendosi alle reazioni del centrodestra alla sentenza la capogruppo del Pd al Senato Anna Finocchiaro ha sottolineato che "è un errore valutarla come una sentenza politica, ma viste le dichiarazioni di Bossi mi aspettavo questa reazione che trovo sbagliata". Secondo Anna Finocchiaro questa sentenza è "espressione della forza della Costituzione e dell'indipendenza della Corte Costituzionale". Per Finocchiaro ora "il premier valuterà la compatibilità tra il suo ruolo di presidente del Consiglio, legittimamente eletto e gli impegni da imputato".

"È il momento di tenere i nervi saldi: ciascuno rispetti le decisioni che vengono prese dalle istituzioni della Repubblica", ha commentato Francesco Rutelli. "Un sistema democratico é fondato su un equilibrio di poteri. Chi pensa di romperlo rischia di demolire la convivenza nazionale".

Il leader dell'Italia dei valori Antonio Di Pietro chiede al premier di dimettersi e spera che "da oggi, alla luce della decisione della consulta il presidente del consiglio la smetta di fare leggi a proprio uso e consumo, si dimetta dall'incarico e vada a fare quello che da 15 anni si ostina a non voler fare: l'imputato. E spero che il presidente della Repubblica, d'ora in poi, non sia così frettoloso nel firmare provvedimenti incostituzionali e immorali".

7 ottobre 2009

 

 

 

 

Il giudizio della Consulta sulla stampa estera in Rete

7 ottobre 2009

GALLERIA FOTOGRAFICA

La notizia sui quotidiani esteri

"Dai nostri archivi"

Berlusconi "sotto assedio", vita politica sospesa

Lodo Alfano, Ghedini: "L'applicazione della legge non è uguale per tutti"

Lodo Alfano alla prova del 9

Avvocatura dello Stato: premier a rischio se cade il Lodo Alfano

Immunità alte cariche, Napolitano firma il lodo Alfano

Le prime pagine dei quotidiani esteri

La bocciatura del lodo Alfano da parte della Corte Costituzionale ha fatto subito il giro del mondo, comparendo sui siti dei princiapali quotidiani. "La suprema Corte italiana boccia l'immunità di Berlusconi", titola il sito del Financial Times, perché, recita il sottotitolo, "tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge". Anche il britannico Timesonline apre il sito con la notizia della bocciatura: "La suprema corte italiana - titola il quotidiano - spoglia Berlusconi dell'immunità".

Il francese Le Monde scrive sulla banda gialla dell'ultim'ora: "L'immunità di Silvio Berlusconi giudicata incostituzionale". Titolone anche su Libération sempre in Francia: "Invalidata l'immunità penale di Berlusconi. Questa decisione della Corte costituzionale potrebbe aprire la porta a procedimenti giudiziari contro il presidente del Consiglio".

In Spagna per El Pais la notizia occupa la terza posizione: "La Consulta apre la porta ai processi di Silvio Berlusconi. La legge d'immunità nota come Lodo Alfano tiene paralizzati quattro processi contro di lui", scrive il corrispondente del quotidiano di sinistra. Prima notizia invece sul sito de El Mundo: "Berlusconi smette di essere immune davanti alla giustizia. I 15 giudici della Corte costituzionale invalidano la legge che dava l'immunità alle 4 massime cariche dello Stato".

La decisione della Corte Costituzionale compare anche sul sito del Wall Street Journal: "Corte annulla l'immunità di Berlusconi". La sentenza "potrebbe mettergli pressione per farlo dimettere e aprire a elezioni anticipate", commenta il giornale americano. Seconda posizione per il sito del New York Times con un titolo analogo.

La notizia è la prima del sito della inglese Bbc: "Bocciata la legge sull'immunità di Berlusconi". La Corte Costituzionale, prosegue la Bbc, ha annullato la legge che "gli aveva evitato diversi casi giudiziari. In uno, doveva affrontare accuse di corruzione".

7 ottobre 2009

 

 

 

Silvio Berlusconi, il giorno più lungo

di Stefano Folli

8 Ottobre 2009

Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi (a sinistra) e il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (Ansa/Claudio Peri)

IL PUNTO

di Stefano Folli

Ora è il momento dei nervi saldi. È chiaro che la sentenza della Corte costituzionale sul "lodo Alfano", nella sua sorprendente nettezza, può avere effetti destabilizzanti sulla politica e sulla legislatura. Ma chi ha davvero interesse a scendere lungo questo precipizio? In teoria non molti, a meno che la situazione non sfugga di mano. E purtroppo ieri sera abbiamo avuto qualche segnale inquietante in tal senso. L'improvviso attacco di Silvio Berlusconi al presidente della Repubblica segnala il rischio del conflitto istituzionale. Come se certi fragili equilibri nei palazzi romani fossero sul punto di saltare. Se così fosse, le conseguenze sarebbero molto gravi. Tanto più che il Quirinale svolge da più di un anno, da quando il centrodestra ha vinto le elezioni, un'opera di moderazione assai preziosa, che gli ha attirato non a caso gli strali di Di Pietro, ma che è più volte tornata utile al governo.

Anche per questo è difficile oggi essere ottimisti. L'immediato interesse del paese richiede ai diversi soggetti politici e istituzionali la capacità di agire per tenere sotto controllo la situazione. La maggioranza, che in Parlamento è vasta e pressoché intatta, ha diritto di attuare il suo programma e di governare. Lo hanno detto in modo esplicito i due maggiori alleati del premier, ossia Bossi e Fini. Il che significa che non esiste sul piano politico l'ipotesi di elezioni anticipate. Non le vuole in realtà quasi nessuno, tranne l'Italia dei Valori e qualche esponente intransigente del Pdl, convinto a torto che un appello plebiscitario agli italiani offrirebbe al presidente del Consiglio il modo di uscire dalle sue difficoltà. Lo stesso Partito Democratico, preoccupato di se stesso e del proprio futuro, è l'immagine della prudenza.

Del resto, la lunga stagione berlusconiana è lì a dimostrare che i suoi momenti migliori il presidente del Consiglio li ha avuti quando è riuscito a essere uomo delle istituzioni. Come quando ha risolto il problema della spazzatura a Napoli o si è precipitato in Abruzzo, dopo il terremoto, per avviare con successo la ricostruzione. Oggi, certo, il quadro è cambiato. Berlusconi è di fronte al passaggio più critico della sua vita politica. La cancellazione del lodo Alfano lo riporta nelle aule giudiziarie come imputato. Può darsi che i suoi collaboratori riescano a escogitare un espediente per limitare i danni processuali, ma al momento non si capisce quale possa essere.

È evidente quindi che abbiamo di fronte un uomo ferito. Il presidente del Consiglio che ieri sera, avendo ricevuto la solidarietà dei suoi ministri, garantiva l'intenzione di andare avanti, sa bene che la sua condizione è cambiata.

La tempra del combattente questa volta potrebbe non essere sufficiente. Tanto più se egli non dispone – come si è detto – dell'arma assoluta da usare nei momenti di difficoltà: appunto il ricorso alle elezioni anticipate. Questo strumento oggi non è nelle mani di Berlusconi. Sia per ragioni istituzionali, trattandosi di una prerogativa del capo dello Stato. Sia per ragioni politiche, visto che Bossi e Fini non lo seguono. Peraltro, elezioni concepite e condotte contro la Consulta, la magistratura e magari il Quirinale avrebbero quelle conseguenze devastanti sul tessuto civile del paese che quasi tutti vogliono evitare.

Resta solo una strada: il realismo. La volontà di ridurre le tensioni, anziché esasperarle. La ricerca paziente di un profilo di governo adatto alla situazione economica e sociale del paese. La coalizione di centrodestra è senza dubbio ancora maggioritaria nell'opinione pubblica. Ma non può rinunciare a offrire di sé un'impressione di forza tranquilla. Proprio ciò che è venuto meno in questi giorni.

Senza l'immunità e con i processi aperti, la strada di Berlusconi si fa impervia. Ma non ci sono alternative immediate. Spetterà poi al presidente del Consiglio decidere in futuro se si sente ancora in grado di governare con serenità l'Italia. Sulla carta esiste una maggioranza di centrodestra che ormai può sopravvivere anche al suo leader carismatico. Un centro-destra nel dopo-Berlusconi. Ma non è questione all'ordine del giorno. Ora è più importante tenere i nervi saldi ed evitare il danno estremo: la contrapposizione fra istituzioni democratiche e popolo.

8 Ottobre 2009

 

 

 

 

 

2009-10-06

 

Lodo Alfano: inammissibile l'intervento della Procura di Milano alla Consulta

6 ottobre 2009

Lodo Alfano, Ghedini: "L'applicazione della legge non è uguale per tutti"

Lodo Alfano alla prova del 9

di Donatella Stasio

Chi sono i quindici giudici della Corte costituzionale

Promosso, bocciato, rimandato. Le opzioni possibili

"Dai nostri archivi"

Fini rinuncia al lodo Alfano in attesa della Consulta

Avvocatura dello Stato: premier a rischio se cade il Lodo Alfano

Il Quirinale risponde a Beppe Grillo: "Sul lodo Alfano bussola è la Consulta"

Lodo Alfano, udienza non fissata alla Consulta

Berlusconi: "O passa il lodo, o riflessione sulla giustizia"

La presenza del pm nel giudizio di costituzionalitá sul lodo Alfano è inammissibile. Lo ha deciso la Corte Costituzionale, dopo la sospensione della seduta per discutere dell'ammissibilitá della presenza del pubblico ministero richiesta dal procuratore e dal sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano. Il presidente della Consulta Francesco Amirante ha spiegato che "questa presenza per la giurisprudenza della Corte Costituzionale è inammissibile, non essendo prevista espressamente", ricordando inoltre che "il legislatore ha ritenuto non irragionevolmente di distinguere il ruolo del pm da quello delle parti", anche considerando che "la paritá tra accusa e difesa non comporta necessariamente la presenza del pubblico ministero". I giudici hanno preso questa decisione dopo un camera di consiglio durata circa 45 minuti. Il professor Alessandro Pace, presidente dei costituzionalisti italiani, a nome della Procura di Milano aveva chiesto alla Corte l'ammissibilità dell'intervento per argomentare, in udienza pubblica, i motivi per cui il Lodo Alfano sarebbe illegittimo. Pace aveva preso la parola dopo che il giudice relatore Franco Gallo aveva riassunto i temi dei ricorsi presentati dai magistrati di Milano e di Roma contro la legge che sospende i processi nei confronti delle quattro più alte cariche dello Stato. "È vero che stando alla precedente giurisprudenza della Corte l'intervento della Procura di Milano non potrebbe essere ammesso, ma - ha sottolineato - tale giurisprudenza non è più utilizzabile, alla luce del nuovo art.111 della Costituzione, che garantisce la parità delle armi e il principio del contraddittorio" anche dinanzi alla Corte costituzionale. Gli avvocati del premier Berlusconi, invece, avevano chiesto che la Corte dichiarasse inammissibile l'intervento della Procura di Milano.

Il costituzionalista Pace: "Amarezza per il no a pm". "Brutti tempi, ha commentato amareggiato il professore costituzionalista Alessandro Pace, lasciando il palazzo della Consulta- "Questa é una legge ad personam: anni fa sarebbe bastato questo per farla dichiarare incostituzionale". Per Pace il fatto che i giudici della Consulta abbiano giudicato "inammissibile" la costituzione in giudizio dei pm di Milano nell'udienza sul lodo Alfano "apre spiragli a che la sentenza su questa norma ribalti la precedente" sul lodo Schifani e che quindi la Corte Costituzionale giudichi inammissibili i ricorsi presentati nei confronti del lodo Alfano. "Vedo negativamente - ha detto Pace - l'inammissibilità della nostra costituzione in giudizio ma, d'altra parte, se questi giudici sono riusciti a fare la sentenza che hanno fatto sul caso Abu Ammar (fu dato torto alla Procura di Milano e mantenuto il segreto di Stato sugli atti riguardanti le extraordinary redention, ndr.) possono fare tutto".

Pecorella: "Berlusconi primus super pares". "Con le modifiche apportate alla legge elettorale, il presidente del Consiglio non può più essere considerato uguale agli altri parlamentari, ossia non è più "primus inter pares', ma deve essere considerato "primus super pares"". Così l'avvocato Gaetano Pecorella ha difeso, davanti alla Consulta, la costituzionalità del lodo Alfano escludendo che la legge introduca elementi di disparità del trattamento e dei cittadini innanzi alla legge. Per Pecorella bisogna prendere atto del fatto che "con la legislazione di oggi sulle elezioni delle cariche politiche, la posizione del presidente del Consiglio si è venuta staccando da quella che era stata disegnata dalle tradizioni liberali".

6 ottobre 2009

 

 

 

 

 

2009-10-05

Amore e Politica

Di Francesco Rigatelli

Domani inizia la fine dell'era Berlusconi

La-sala-della-corte-costituzionale1 Che sia lenta o veloce, domani inizia la fine dell’era Berlusconi. Alle 9,30 è prevista infatti l’udienza che, a meno di rinvii, dovrebbe portare entro qualche giorno i giudici della Corte Costituzionale ad una decisione sulla compatibilità del Lodo Alfano con la Costituzione. Si possono sospendere i processi penali sulle quattro più alte cariche dello Stato con una legge ordinaria come quella approvata dalla maggioranza oppure è necessario un più faticoso processo legislativo per arrivare ad una modifica della Costituzione?

E’ ipotizzabile che l’alta Corte bocci il Lodo Alfano come già quello Schifani nel 2004 perché viola soprattutto la Costituzione nel suo principio di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge. Probabilmente, se la maggioranza volesse riproporre la questione dovrebbe incaricarsi di una decisione più di sistema come l’immunità parlamentare.

A questa vicenda vanno anche collegati alcuni fatti dell’ultima settimana, che danno prospettiva alla situazione.

Il presidente della Camera Gianfranco Fini ha rinunciato al Lodo Alfano per una querela ed il querelante pm Woodcock ha ritirato quest’ultima per ammirazione nei confronti del gesto. Rimane dunque ora ad usufruire dello speciale provvedimento solo una carica dello Stato: il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che senza paracadute rischia la condanna nel processo Mills. In quel caso, secondo molti, dovrebbe dimettersi, ma l’uomo non è facile alle sconfitte. Indebolito nell’immagine dagli scandali sessuali, inefficace al governo senza riforme all’attivo, carnefice e al contempo vittima del suo conflitto d’interessi, non è chiaro se e come possa reagire.

In questo quadro, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha firmato la legge sullo scudo fiscale, perché non farlo avrebbe comportato un giudizio politico e non costituzionale sulla questione. Ma anche perché è evidente da tempo, come già per Ciampi, che la più alta carica dello Stato preservi come bene prezioso la sua autorevolezza nel timore di più importanti scontri futuri. Non può dunque permettersi litigi con la maggioranza prima della resa dei conti finale tra Berlusconi e la realtà. Anche perché in caso di dimissioni obbligate del premier, sarà Napolitano a dover scegliere tra governo tecnico o elezioni anticipate. Ma col potere esecutivo Berlusconi non perderebbe quello finanziario e mediatico, dunque la sua influenza sulla rappresentazione della situazione al paese non cesserebbe, col rischio di un conflitto istituzionale senza precedenti. Una sfida finale cui parteciperebbero anche le opposizioni, dal Pd, all’Idv di Di Pietro e all’Udc di Casini, ma forse pure fuoriusciti dal Pd bersaniano post primarie, come Rutelli, che già annuncia un governo tecnico, Montezemolo che costruisce il pensatoio Italia Futura ma smentisce tutto il resto, e, chissà, Fini, che per ora fa solo la fronda, ma che mercoledì ancora con Montezemolo, Enrico Letta ed Andrea Riccardi della comunità di Sant’Egidio presenzia proprio all’esordio di Italia Futura sull'argomento della mobilità sociale: qualcosa che si ottiene con le riforme strutturali.

In attesa dell’eventuale big bang, la maggioranza alza la voce sulla sentenza che obbliga la Mondadori di Berlusconi a risarcire 750 milioni di euro alla Cir di De Benedetti per la condannata corruzione di giudici che portò la casa editrice alla Fininvest. E l’eventuale manifestazione proposta dal capo del gruppo Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto pare così una messa in campo delle forze in difesa da scenari futuri.

Già, ma quali sono questi ultimi? Ne sentiremo parlare da domani più che mai. Perché l’era Berlusconi, anche se l’uomo non è facile alle sconfitte, sta per finire.

 

 

Silvio Berlusconi, il giorno più lungo

di Stefano Folli

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8 Ottobre 2009

Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi (a sinistra) e il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (Ansa/Claudio Peri)

IL PUNTO

di Stefano Folli

Ora è il momento dei nervi saldi. È chiaro che la sentenza della Corte costituzionale sul "lodo Alfano", nella sua sorprendente nettezza, può avere effetti destabilizzanti sulla politica e sulla legislatura. Ma chi ha davvero interesse a scendere lungo questo precipizio? In teoria non molti, a meno che la situazione non sfugga di mano. E purtroppo ieri sera abbiamo avuto qualche segnale inquietante in tal senso. L'improvviso attacco di Silvio Berlusconi al presidente della Repubblica segnala il rischio del conflitto istituzionale. Come se certi fragili equilibri nei palazzi romani fossero sul punto di saltare. Se così fosse, le conseguenze sarebbero molto gravi. Tanto più che il Quirinale svolge da più di un anno, da quando il centrodestra ha vinto le elezioni, un'opera di moderazione assai preziosa, che gli ha attirato non a caso gli strali di Di Pietro, ma che è più volte tornata utile al governo.

Anche per questo è difficile oggi essere ottimisti. L'immediato interesse del paese richiede ai diversi soggetti politici e istituzionali la capacità di agire per tenere sotto controllo la situazione. La maggioranza, che in Parlamento è vasta e pressoché intatta, ha diritto di attuare il suo programma e di governare. Lo hanno detto in modo esplicito i due maggiori alleati del premier, ossia Bossi e Fini. Il che significa che non esiste sul piano politico l'ipotesi di elezioni anticipate. Non le vuole in realtà quasi nessuno, tranne l'Italia dei Valori e qualche esponente intransigente del Pdl, convinto a torto che un appello plebiscitario agli italiani offrirebbe al presidente del Consiglio il modo di uscire dalle sue difficoltà. Lo stesso Partito Democratico, preoccupato di se stesso e del proprio futuro, è l'immagine della prudenza.

Del resto, la lunga stagione berlusconiana è lì a dimostrare che i suoi momenti migliori il presidente del Consiglio li ha avuti quando è riuscito a essere uomo delle istituzioni. Come quando ha risolto il problema della spazzatura a Napoli o si è precipitato in Abruzzo, dopo il terremoto, per avviare con successo la ricostruzione. Oggi, certo, il quadro è cambiato. Berlusconi è di fronte al passaggio più critico della sua vita politica. La cancellazione del lodo Alfano lo riporta nelle aule giudiziarie come imputato. Può darsi che i suoi collaboratori riescano a escogitare un espediente per limitare i danni processuali, ma al momento non si capisce quale possa essere.

È evidente quindi che abbiamo di fronte un uomo ferito. Il presidente del Consiglio che ieri sera, avendo ricevuto la solidarietà dei suoi ministri, garantiva l'intenzione di andare avanti, sa bene che la sua condizione è cambiata.

La tempra del combattente questa volta potrebbe non essere sufficiente. Tanto più se egli non dispone – come si è detto – dell'arma assoluta da usare nei momenti di difficoltà: appunto il ricorso alle elezioni anticipate. Questo strumento oggi non è nelle mani di Berlusconi. Sia per ragioni istituzionali, trattandosi di una prerogativa del capo dello Stato. Sia per ragioni politiche, visto che Bossi e Fini non lo seguono. Peraltro, elezioni concepite e condotte contro la Consulta, la magistratura e magari il Quirinale avrebbero quelle conseguenze devastanti sul tessuto civile del paese che quasi tutti vogliono evitare.

Resta solo una strada: il realismo. La volontà di ridurre le tensioni, anziché esasperarle. La ricerca paziente di un profilo di governo adatto alla situazione economica e sociale del paese. La coalizione di centrodestra è senza dubbio ancora maggioritaria nell'opinione pubblica. Ma non può rinunciare a offrire di sé un'impressione di forza tranquilla. Proprio ciò che è venuto meno in questi giorni.

Senza l'immunità e con i processi aperti, la strada di Berlusconi si fa impervia. Ma non ci sono alternative immediate. Spetterà poi al presidente del Consiglio decidere in futuro se si sente ancora in grado di governare con serenità l'Italia. Sulla carta esiste una maggioranza di centrodestra che ormai può sopravvivere anche al suo leader carismatico. Un centro-destra nel dopo-Berlusconi. Ma non è questione all'ordine del giorno. Ora è più importante tenere i nervi saldi ed evitare il danno estremo: la contrapposizione fra istituzioni democratiche e popolo.

8 Ottobre 2009

 

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